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FAQ
Le domande più frequenti

- Qual è l'ordine per accedere agli onori degli altari ossia come si diventa servi di Dio, venerabili, santi e beati ?
- Quanti sono i santi ?
- Tutti i santi sono stati canonizzati? Da quando esiste la canonizzazione ?
- Che cos'è il Martyrologium Romanum?
- Perchè le chiese sono dedicate ai santi?
-
Perchè sono così diffusi i santini e le immaginette sacre?


D.: Qual è l'ordine per accedere agli onori degli altari ossia come si diventa servi di Dio, venerabili, santi e beati ? 

R.: Il santo, e tutto ciò che lo riguarda, suscita sempre un interrogativo: come fa a esserlo? Cos'ha di speciale? Come ci è riuscito?
I milioni di pellegrini accorsi a venerare la salma di Giovanni Paolo Il sono la prova più eloquente. Hanno sentito che era ed è un santo, e Benedetto XVI, autorizzando l'inizio del processo di beatificazione, ha ascoltato la voce della Chiesa, la voce del popolo di Dio. Questo, in effetti, è il primo passo del cammino verso la santità: la vox poputi, la fama di santità.
Per rispondere alla domanda, ci facciamo aiutare proprio da Giovanni Paolo II. Dal 28 giugno 2005, da quando si è iniziato il processo canonico per la sua beatificazione e canonizzazione, egli è chiamato servo di Dio. Questo è il titolo che il vescovo d'origine del candidato alla canonizzazione (e per il Papa non può che essere Roma) gli conferisce, quando ritiene che ci siano fondati elementi per affermare che egli/ella ha vissuto cercando di conformarsi radicalmente al Vangelo nelle azioni e nelle parole e - per quanto è possibile intuire - nei pensieri e nei sentimenti. La prova sta proprio in quella fama di santità, cui abbiamo accennato sopra. Non succede a tutti che si scriva: «Santo subito».
Terminata la severa inchiesta a livello diocesano, testimonianze e documenti raccolti nella diocesi di origine vengono consegnati alla Congregazione delle cause dei santi. Qui un esperto, il relatore, esamina e valuta quel materiale e prepara un dossier - detto Positio - in base al quale almeno nove teologi valuteranno se effettivamente il servo di Dio ha vissuto secondo il Vangelo in modo non comune. Se il parere dei teologi è positivo, il servo di Dio è sottoposto al giudizio di un'altra Commissione, formata da vescovi e cardinali.
Se anch'essi sono concordi nel giudizio positivo, il servo di Dio viene presentato al Papa, perché emetta il suo parere definitivo. Dichiarando che quel servo di Dio ha vissuto con intensità non comune le virtù cristiane e che intorno a lui c'è un'autentica fama di santità, il Papa lo indica come modello autorevole di vita evangelica: alla latina, è venerabilis, degno di essere ammirato e imitato, degno esempio, per chi voglia corrispondere alla proposta, che Dio fa a ogni uomo: «Sii santo, come lo sono io».
Dunque, il titolo di servo di Dio è dato all'inizio del processo canonico dal vescovo locale, quello di venerabile è assegnato dal Papa al termine dei lungo itinerario. A questo punto si verifica se il venerabile abbia "compiuto un miracolo", come si dice comunemente.
In realtà, Dio solo compie miracoli: il venerabile intercede, perché Dio ascolti ed esaudisca le preghiere di coloro che gli si sono rivolti per chiedergli di pregare anche lui il Padre, perché conceda il miracolo. Verificato - con inchiesta altrettanto severa - che si tratta di autentico miracolo, il Papa iscrive il venerabile tra i beati, e le persone a lui devote o la gente della sua diocesi di origine possono pregarlo come beato con fiducia e imitarlo con frutto.
Quando il beato farà almeno un altro miracolo, il Papa lo proclamerà santo, cioè lo indicherà a tutta la Chiesa come un modello di cristiano, cui ci si può rivolgere con devozione. 


D.: Quanti sono i santi?

R.: Potremmo andar a vedere dove sono elencati. Nelle Litanie dei santi ne contiamo appena qualche decina. Sfogliando un calendario, ne troviamo qualche centinaio. C'è poi un'opera, la Bibliotheca Sanctorum dell'Editrice Cittanuova, una voluminosa enciclopedia di diciassette volumi che ne presenta più di 20.000. Ma soprattutto c'è un libro, il Martyrologium Romanum, che contiene l'elenco ufficiale dei santi e beati venerati dalla Chiesa, e ne elenca quasi diecimila (9.900).
Ma san Giovanni nell'Apocalisse ci ha detto: "Apparve una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua"! E allora? Possiamo pensare: sono santi tutti quelli morti nell'amicizia del Signore. E questo è estremamente consolante, perché è un'opportunità che possiamo sfruttare anche noi.
Ma ci sono altre domande importanti: Chi sono i santi? Perché sono santi? Ora la risposta a queste domande la troviamo nel Vangelo, ce l'ha data Gesù: il santo - lo udiamo nel Vangelo - è l'uomo delle beatitudini e di quelle beatitudini che vanno contro il pensare comune.


D.: Tutti i santi sono stati canonizzati? Da quando esiste la canonizzazione ?

Non è la Chiesa che "fa i santi", bensì li dichiara. Infatti, un uomo e una donna non vengono "fatti santi" dalla canonizzazione che è, invece, il riconoscimento autorevole che la tal persona è stata un santo durante la sua vita.
Nel primo millennio della Chiesa il culto dei Martiri e poi dei Confessori era regolato dalle diverse Chiese particolari. I Vescovi, singolarmente o collegialmente in occasione di sinodi, autorizzavano nuovi culti particolari, che iniziavano con la elevatio o la translatio corporis. Tali Atti sono stati chiamati, poi, canonizzazioni vescovili o canonizzazioni particolari, perché coinvolgevano direttamente la sola chiesa locale.
Nel secolo XI cominciò ad affermarsi il principio che solo il Romano Pontefice, in quanto Pastore Universale della Chiesa, ha autorità di prescrivere un culto pubblico sia nelle Chiese particolari che nella Chiesa universale. Con una Lettera al Re e ai Vescovi della Svezia, Alessandro III (m. 1181) rivendicò al Papa l'autorità di conferire il titolo di Santo con il culto pubblico connesso. Tale norma divenne legge universale con Gregorio IX nel 1234.
Nel secolo XIV la Santa Sede cominciò ad autorizzare un culto limitato a determinati luoghi e ad alcuni Servi di Dio, la cui causa di canonizzazione non era ancora iniziata o non ancora terminata. Tale concessione, orientata alla futura canonizzazione, è all'origine della beatificazione. I Servi di Dio, ai quali veniva concesso un culto limitato, furono chiamati Beati a partire da Sisto IV (1483), determinando così la definitiva distinzione giuridica tra il titolo di Santo e di Beato, che veniva usato indifferentemente in epoca medievale.
La concessione del culto locale veniva formalizzata e comunicata agli interessati mediante Lettera apostolica sotto forma di Breve, che il Vescovo locale mandava ad esecuzione auctoritate apostolica.
Dopo l'istituzione della Congregazione dei Riti (1588), ad opera di Sisto V, i Papi continuarono a concedere culti limitati (Missa et Officium), in attesa di pervenire alla canonizzazione.
La procedura venne definita da Benedetto XIV nel suo De servorum Dei beatificatione et beatorum canonizatione (1734-38).
Un po' alla volta le procedure si precisarono e si affinarono, fino ad arrivare alla vigente normativa promulgata nel 1983.
Nella costituzione apostolica "Divinus perfectionis Magister" del 25 gennaio 1983 è stata stabilita la procedura per le inchieste che devono essere svolte nelle cause dei santi da parte dei vescovi; così pure è stato affidato alla Sacra Congregazione delle Cause dei Santi il compito di emanare speciali Norme a tale scopo.


D.: Che cos'è il Martyrologium Romanum?

R.: Il Martirologio non è un elenco come gli altri, ma è un libro liturgico. E come fa in concreto una comunità a «celebrare» i santi di un determinato giorno? Come in tempi passati i monaci, durante l'«ora prima», cantavano in coro gli elogi dei santi del giorno, così il Martirologium Romanum diventa un'occasione per rendere questo aspetto di nuovo visibile nei nostri riti.
«La Chiesa - dice il liturgista padre Silvano Maggiani - ha sempre sentito il bisogno di "far vedere" la presenza dei santi in mezzo a noi. Storicamente lo ha fatto attraverso l'evocazione: proclamando una serie di nomi (quindi con il mezzo della parola) si rende viva la percezione della communio sanctorum. È quanto avviene, ad esempio, nella preghiera eucaristica, con un elenco per forza di cose limitato. Da qui, in ambiente monastico, nacque l'uso di cantare il Martirologio, proprio con questa logica».
Ma oggi? Ha ancora senso citarli tutti? «Può avere un senso in una prospettiva che chiamerei estetica - risponde Maggiani -: ricordare i santi di una determinata giornata dà a vedere come il Vangelo sia stato davvero vissuto nella storia. Questo mostrare è importante. Pensiamo a cosa è stato durante il Giubileo la commemorazione al Colosseo dei martiri del XX secolo. Si è trattato di un gesto liturgico che ci ha permesso di vedere un aspetto del Novecento fino a quel momento rimasto sommerso».
Il Martyrologium Romanum edizione 2001 presenta 6.538 "voci", anche se il numero dei santi e dei beati è più elevato (9.900) perché spesso, accanto al nome, c'è un "...e tot compagni". E, mese dopo mese, con le nuove canonizzazioni e beatificazioni in programma, è sempre più incompleto. Ma in ogni caso, a quasi mezzo secolo dalla pubblicazione, nel '56, della precedente edizione, il nuovo volume che raccoglie i nomi di tutti coloro per i quali la Chiesa ha pubblicamente ammesso il culto segna il culmine di un lavoro tanto grande quanto prezioso.
Il nuovo "Martirologio romano" dell'edizione 2001 era stato il primo dall'epoca del Concilio Vaticano II. Tanto per dare l'idea dell'impegno richiesto, basti pensare che il lavoro di revisione è iniziato nel 1966 con l'obiettivo di conservare e, al tempo stesso, rinnovare la memoria in ogni giorno della santità della Chiesa. Sarebbe necessario ripercorrere la storia degli «elenchi» che inizialmente, nelle Chiese particolari, contenevano i nomi dei martiri morti in quella Chiesa, ma anche i nomi di uomini e donne morti in altri luoghi e il cui martirio ebbe grande risonanza, tanto da essere ricordati in altre Chiese.
Dai tanti martirologi si è poi arrivati a quello "unico", nel quale trovavano posto tutti i santi e i beati riconosciuti come tali dall'autorità della Chiesa cattolica: il primo risale al XVI secolo e fu opera del cardinale Cesare Baronio, e venne approvato nel 1586 da Papa Gregorio XIII. Da allora è stata una successione di decine e decine di revisioni, anche «senza cura né spirito critico, che finirono con il moltiplicare gli errori anziché ridurli». Rispetto all'ultimo, che come detto è del '56, sono stati eliminati dall'elenco i nomi di quei santi, martiri o beati della cui esistenza non vi sono prove storiche sufficientemente fondate. Per avere l'elenco completo di questi nomi occorrerà aspettare la pubblicazione dell'"Appendice", ma per esempio si può già dire che nel nuovo martirologio, mentre troviamo il san Giorgio che sconfisse il drago e san Cristoforo, sono stati cancellati i nomi di santa Filomena e di Uria, santo vittima del santo re Davide. E non si può escludere che ulteriori ricerche scientifiche «richiedano altre correzioni nelle edizioni future».
Tant'è che nel 2004 il MR è uscito in una nuova edizione riveduta ed aggiornata.


D.: Perchè le chiese sono dedicate ai santi? Non rischiamo di essere definiti idolatri?

R.: Se ci si ferma davanti al portale di qualche chiesa anche solo dell'Ottocento, si noterà che vi campeggia una sigla: «D.O.M.», seguita da un «et» e dal nome di un santo o della Madonna, scritti in latino, al dativo per chi ha studiato quella lingua. La sigla significa: «A Dio Ottimo Massimo e a...». Al posto dei puntini si metta il nome dei santi indicati dalla facciata. Ogni chiesa, dunque, è sempre dedicata «a Dio», al Padre, e a lui viene associato un santo o la Madonna.
Perché le chiese sono "dedicate" a Dio e ai suoi santi? Nei primi secoli i cristiani non avevano chiese come le intendiamo noi: per la "frazione del pane" e per la preghiera comune e per l'esperienza di fraternità cominciarono a ritrovarsi nelle case - in latino domus - di alcuni di loro, capienti a sufficienza per ospitare l'ecclesia, la comunità che si sentiva convocata per lodare insieme il Signore. Ogni casa antica aveva il titulus, l'indicazione del proprietario: era, in un certo senso, la funzione che svolgono oggi i nomi delle vie e i numeri civici nelle città.
Ben presto alcune domus furono destinate specificamente alla vita della comunità e alla preghiera, ma rimase ovviamente l'abitudine, se non la necessità, del titolo. Queste domus non erano più proprietà di un singolo, bensì della comunità, erano domus ecclesiae, donus plebis Dei: case della Chiesa, del popolo di Dio. Fu spontaneo metterle sotto la titolarità di un santo, di una persona che già viveva presso Dio e che spesso (si pensi ai martiri) era sepolta presso quella domus o all'interno di essa: è il passaggio dalle domus alle basiliche di cui è ricca Roma.
La dedica a un santo esprimeva anche il valore, caro a san Paolo e ai primi cristiani, della Comunione. Tutti i credenti in Cristo formano un solo corpo, sia noi che siamo in cammino sulla terra sia quelli che già ci hanno preceduto. Ogni chiesa ci ricorda che è casa di Dio e casa nostra, e quel santo cui dedichiamo la chiesa ci fa pensare che non siamo soli nel cammino, che tutti siamo uniti dal vincolo dell'amore.


D.: Perchè sono così diffusi i santini e le immaginette sacre? Quando si è iniziato ad usarli?

R.: "Ecco un piccolo strumento che potrà aiutarvi! Cercate di avere un'immagine oppure un dipinto di Nostro Signore e non accontentatevi di portarlo sul cuore, senza mai guardarlo, ma usatelo per "conversare" con lui". Così scriveva nel 1566 santa Teresa d'Avila a proposito della diffusione delle immaginette sacre.
Sostenere la fede dei fedeli è stato il primo intento delle immaginette religiose, destinate proprio alla funzione divulgativa delle devozioni e con lo scopo immediato di educazione morale, catechetica, di raccoglimento e riflessione personale.
Nella seconda metà del XIV secolo nei monasteri inizia la diffusione di queste immagini con piccoli dipinti su pergamena, ma il vero sviluppo dell'immaginetta avviene nelle abbazie di Cluny, Citeaux e Chiaravalle dove, con la nuova tecnica della xilografia, si riproponevano alcuni soggetti presi dalle miniature che abbellivano Messali e Libri d'Ore. In Germania tra il XV e il XVI secolo con successo si applicano all'incisione artisti come Durer, Cranach e Altdorfer, e i conventi della Svevia e della Baviera si specializzano in immaginette devozionali, che dopo il concilio di Trento hanno un notevole impulso.
Oltre alla xilografia, si sviluppa l'incisione su rame e l'acquaforte; il centro di maggiore attività sono le Fiandre. Grandi famiglie di incisori contribuiscono a una capillare diffusione dell'immaginetta, a volte con l'aggiunta di una preghiera. Sempre di questo periodo è la nascita dei "canivet", cioè delle immaginette ottenute ritagliando e forando la carta con motivi geometrici o floreali, che fanno da cornice alla figurina incollata al centro.
In Italia la produzione di santini parte in ritardo e in tono minore rispetto al resto dell'Europa. Nei primi decenni del '700 inizia a Bassano del Grappa un'importante produzione di piccole immagini religiose, stampate su fogli grandi da ritagliare, mentre nell'Italia meridionale, alla fine del '700, degli artigiani, detti "stampa-santi", producono santini soprattutto a Napoli e a Palermo. I supporti erano pergamena, carta, seta, tela, pasta di pane, foglie essiccate. Vi venivano raffigurati la Madonna, Gesù, angeli e santi, la croce, santuari, altarini e comunicandi. Sul retro venivano scritte a mano o stampate dediche e preghiere con relativa data e luogo.
Alla fine del '700 il santino, da esclusivo oggetto di devozione, diventa augurio, premio o annuncio di festività religiose, assumendo così un ruolo sociale; infatti, è un vero e proprio documento a testimonianza di un evento strettamente privato, per ricordare a parenti e amici un battesimo, la prima comunione o la cresima, fino alla scomparsa di una persona cara. In questo caso il santino veniva chiamato luttino". Era inoltre utilizzato per le ordinazioni sacerdotali e le professioni religiose.
Nel XIX secolo l'impulso definitivo per la diffusione di massa delle immaginette è dato dall'uso della litografia, che permette la realizzazione di opere di qualità, ma la produzione artistica più bella e significativa si ha verso la metà dell'800 con i "santini in pizzo traforato" o "a teatrino". L'avvento del liberty porta, poi, ad avere santini ridondanti di ghirlande, simboli e lustrini, nastri e preghiere miniate a colori, indubbiamente eccessivi, ma molto belli da vedere.
Più tardi, nel periodo industriale, verso la seconda metà dell'ottocento, si sviluppa la tecnica della fotografia e, accanto ai ricordini di pizzo prodotti fino ai primi del '900, appaiono santini "più economici" stampati su cartoncino. Nel periodo compreso tra le due guerre la qualità della produzione peggiora notevolmente; le tirature sono più commerciali, le linee più essenziali e squadrate.

 


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