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Francescopio Poziello Fanciullo

Testimoni

Villaricca, Napoli, 6 luglio 2013 – Genova, 27 febbraio 2018

Francescopio Poziello nacque alle 14 del 6 luglio 2013 presso la clinica Majone di Villaricca, in provincia e diocesi di Napoli, secondogenito di Luigi Poziello e Carmela Mauriello. Fu subito circondato dall’affetto dei familiari e cominciò a maturare un carattere giocoso e sensibile alle sofferenze altrui. Nell’estate 2017 avvertì per la prima volta dolori alle gambe e problemi di mobilità: nel ricovero all’ospedale Santobono di Napoli gli fu riscontrato un tumore alla colonna vertebrale, che poté essere operato solo in parte. Il 12 gennaio 2018, insieme ai genitori e agli zii, partì per Genova, dove fu ricoverato d’urgenza all’Istituto Giannina Gaslini. Neanche le terapie ricevute lì sortirono effetto: il tumore aveva invaso parte del cervello. In mezzo ai ricoveri, agli esami e al tempo trascorso a casa, Francescopio si sentì sempre accompagnato da Gesù Bambino e dalla Madonna. Invocava spesso l’ “altra Mamma” come la chiamava, pregando il Rosario insieme alla sua madre terrena, la quale, insieme al marito e all’altra figlia, cominciò un cammino spirituale più approfondito. Francescopio morì nella sua stanza del Gaslini verso le 19 del 27 febbraio 2018. La sua tomba si trova nel cimitero cittadino di Villaricca. A fronte delle numerose attestazioni di segni attribuiti alla sua intercessione, sono in corso le fasi preliminari della sua causa di beatificazione e canonizzazione.



Nascita e Battesimo
Francescopio Poziello nacque alle 14 del 6 luglio 2013 presso la clinica Majone di Villaricca, in provincia e diocesi di Napoli, figlio di Luigi Poziello e Carmela Mauriello. Dopo la nascita di Giusy, la primogenita, Carmela non poté portare a termine una seconda e una terza gravidanza, perché ogni volta si erano formate delle placente tumorali. La quarta, invece, si concluse felicemente, anche se non priva di rischi.
Fu battezzato il 23 marzo 2014 nella chiesa parrocchiale di San Francesco d’Assisi a Villaricca. Il suo nome era stato scelto al quinto mese di gravidanza, in onore di san Pio da Pietrelcina, al secolo Francesco Forgione, ma anche di papa Francesco, eletto pochi mesi prima della nascita del bambino.

In famiglia
Appena arrivato a casa dopo il parto, Francescopio fu accolto dalla sua famiglia al completo; tra l’altro, era l’unico maschio. Fu subito circondato dall’affetto dei genitori e della sorella e lo ricambiava a modo suo: in particolare, quando il padre, lontano dai familiari per motivi di lavoro, rientrava ogni due settimane, doveva essere trattenuto, perché voleva quasi gettarsi tra le sue braccia.
Sul suo nonno materno, poi, sortiva un effetto benefico, a detta del neuropsichiatra che l’aveva in cura. L’uomo aveva infatti tentato il suicidio tagliandosi le vene, a causa di problemi personali: solo quando stava insieme al nipotino, portandolo a passeggio e sopportando i suoi piccoli dispetti, dimenticava le proprie preoccupazioni.
Inoltre trascorreva intere giornate a casa della zia Angela, sorella della madre, che l’accoglieva volentieri insieme al marito Bartolomeo. Giocava a lungo con le cugine Giulia e Rachele, affezionandosi molto a quest’ultima, nonostante la differenza d’età che li separava.

Un carattere sensibile e giocoso
Aveva anche una caratteristica speciale: sapeva mettersi accanto a chi vedeva triste, accarezzandolo e mandandogli baci. In dialetto napoletano, i suoi commentavano: «Chillo cunosce ‘e sentimente», quasi a dire che intuisse il dolore di chi incontrava.
Francescopio aveva due giochi prediletti: le macchinine e i palloni. Quando il padre tornava dalle sue trasferte, non mancava mai di portargli una macchinina nuova, o il modellino di un aereo o di un camion, con cui giocava per ore. Sempre col padre, giocava a calciare i numerosi palloni che aveva per casa, anche in vacanza, esultando a ogni gol.

L’asilo e i primi amici
Nel settembre 2016, Francescopio cominciò a frequentare la scuola materna. Raccontava con entusiasmo alle maestre e ai compagni quando il padre gli portava le “brum brum” e gli “aieiei”, senza mai correggere quel modo di chiamare i suoi giocattoli, nonostante i rimproveri delle insegnanti.
Andava d’accordo con tutti i compagni, specialmente con tre: tra questi Emanuele, detto Lele, che dava l’impressione di capirlo al primo sguardo. Non faceva capricci, ma quando veniva richiamato si dispiaceva moltissimo, anzi, si “mortificava”, come si dice in napoletano.

I primi segnali della malattia
Nell’estate del 2017, il bambino cominciò a manifestare una certa inappetenza e a dimagrire. Dagli esami che gli furono prescritti non emerse nulla di grave. Tuttavia, pochi mesi dopo, precisamente a ottobre, ebbe dolori alla gamba sinistra. Inizialmente, i medici pensarono che fossero dovuti a un’unghia incarnita, ma, mentre questa guarì, i dolori continuavano.
Neanche la radiografia seguente riscontrò segni preoccupanti, ma ormai Francescopio, più che camminare, si trascinava strisciando a terra. Il 30 novembre 2017, una visita neurologica all’ospedale Santobono di Napoli, specializzato nelle malattie dell’infanzia, servì per capire che c’era una formazione sospetta alla colonna vertebrale, che andava controllata con ulteriori esami.
Lo stesso giorno, in seguito alla seconda delle due Tac, con liquido di contrasto, fu evidente che la formazione era un tumore di quindici centimetri: il bambino avrebbe dovuto essere operato d’urgenza, o avrebbe rischiato la paralisi. I genitori firmarono immediatamente il consenso all’operazione.

Come i grani di un Rosario
Mentre Carmela attendeva l’esito dell’operazione, ricevette una telefonata: era Stefania, madre di Emanuele, la quale le riferì di aver trovato una fotografia, tra le tante del Battesimo di Francescopio, che l’aveva colpita. Quando la madre la ricevette, sulle prime non trovò nulla di strano. Quando però l’amica le suggerì d’ingrandire l’immagine, notò che le gocce dell’acqua battesimale che scendevano sul bambino sembravano quasi i grani di un Rosario.
L’indomani, alle 9, i genitori erano già in ospedale. Mentre attendevano fuori dalla sala di rianimazione dove si trovava il figlio, furono avvicinati da una donna, che volle consolarli offrendo loro un caffè e un cornetto; quindi regalò a Luigi un piccolo Rosario, suggerendogli di affidarsi nella preghiera.
Nel primo pomeriggio, i genitori poterono rivedere il bambino, in uno stato di dormiveglia, nella camera che gli era stata assegnata. Benché la madre l’avesse rassicurato di essere sempre stata accanto a lui, le diede della bugiarda: «Mamma, io non ho sentito il tuo profumo».
Poco dopo, il bambino si accorse che la madre teneva in mano una corona del Rosario, in legno chiaro, proveniente da Medjugorje; la zia Angela gliel’aveva portata in ospedale. Infilò la mano tra le sbarre del letto e con un filo di voce disse: «Quello è mio», prendendolo dalla mano della madre. Da allora non se ne separò più.

Una situazione seria
L’operazione non era riuscita del tutto: la massa tumorale, sanguinante, era stata asportata solo in parte; in attesa dell’esame istologico, il bambino fu dimesso. Tornò a casa poco prima dell’8 dicembre, accolto, come quando era nato, con festoni e palloncini. Doveva però portare un busto ortopedico e seguire una terapia a base di cortisone.
Non riusciva ormai più a camminare e neanche a stare seduto, solo appoggiato al divano. Di notte la madre lo sentiva esclamare spesso: «Gesù dove sei? Gesù aiutami». Lei cercava di consolarlo, ma soffriva con lui.
Dopo le festività natalizie, i controlli condussero i medici a dichiarare che la situazione era abbastanza seria. Non era però possibile sapere di che natura fosse il tumore, dato che non erano ancora arrivati da Roma gli esiti dell’esame istologico. Ogni volta che veniva portato al Santobono, Francescopio insisteva per avere con sé la sua “collana”, ossia la corona del Rosario.

A Genova, la diagnosi definitiva
All’inizio del 2018, dopo tre giorni dai controlli svolti il 2 gennaio, i genitori furono di nuovo chiamati al Santobono: ormai il tumore aveva invaso tutta la colonna vertebrale. Probabilmente solo un intervento ad alto rischio avrebbe potuto salvare la vita del bambino; fu fissato per il 10 gennaio.
Luigi e Carmela, sconfortati, si consultarono col parroco di San Francesco, padre Giuseppe Tufo. Non frequentavano quasi per niente la parrocchia, ma sentivano di dovergli chiedere aiuto. Dopo avergli parlato, decisero di partire per Genova, così da chiedere un ulteriore consulto all’Istituto Giannina Gaslini, altro ospedale pediatrico.
I genitori, insieme agli zii Angela e Bartolomeo, partirono con Francescopio il 12 gennaio; l’operazione si svolse la mattina seguente. Dopo ulteriori accertamenti e tre giorni di chemioterapia, fu emessa la diagnosi definitiva: tumore rabdoide mutato, molto raro, in stadio avanzato.

“Tante Ave Maria” per “l’altra Mamma” di Francescopio
Il personale medico e paramedico prese molto a cuore il bambino, il quale, però, non voleva farsi toccare da nessuno, se non da sua madre. Era sotto morfina, ma continuava ad avere dolori molto acuti.
Un giorno, mentre la madre gli stava accanto su una poltrona, mentre lui era sul letto, le chiese all’improvviso: «Mamma, facciamo le tante Ave Maria?». Lei rimase interdetta, dato che davanti a lui non aveva mai pregato. Per rinforzare la sua richiesta, il bambino le mostrò la sua corona: allora lei capì che voleva pregare il Rosario.
In famiglia non erano abituati a pregare insieme; all’asilo, però, Francescopio aveva imparato l’Ave Maria dalle maestre. Il suo modo di recitarla era calmo, affettuoso, e meravigliava la sua stessa madre, che spesso interrompeva la recita vocale per ascoltarlo.
Ogni sera, non appena arrivavano le ore 20, chiedeva al padre di allontanarsi e alla madre di mettersi al suo fianco. Lei lo guardava mentre dormiva e spesso lo vedeva sorridere: puntualmente al risveglio, raccontava di aver visto la sua “altra mamma”. La prima volta, Carmela gli chiese di chi si trattasse: rispose che era la Madonna, che lo rassicurava dicendogli che sarebbe stato bene. Aiutato dalla madre, identificò la “mamma” del sogno con un’effigie venerata a Medjugorje.
Anche durante l’ultimo esame, l’ecocuore, prima delle dimissioni e dell’inizio del day-hospital, il bambino affermò di essere stato accarezzato dalla Madonnina, che si trovava sul lettino con lui.

Gesù Bambino e Francescopio
Qualche tempo prima, dopo essere stato sottoposto a una scintigrafia, Francescopio rivelò alla madre, in modo del tutto naturale: «Sai mamma, mi è venuto a trovare Gesù Bambino». Guardandolo senza capire, chiese: «Veramente Francescopio! E com’è?». «Mamma è piccolo come me! Gesù Bambino!...Mi ha accarezzato e mi ha detto che non devo preoccuparmi, perché starò bene».
In effetti, con Gesù Bambino, Francescopio aveva una familiarità dovuta alle tradizioni natalizie. Gli piaceva molto l’albero di Natale, con le sue luci e le palline colorate, ma anche il presepe: la madre, però, gli raccontava che la statuetta del Bambino andava messa a partire dal 25 dicembre.

La crisi definitiva
Nei primi giorni del day-hospital, vissuti in una struttura comunitaria, Francescopio era sereno, ma con lo sguardo triste e chiuso in se stesso. Grazie alle associazioni che aiutano i familiari dei pazienti del Gaslini, i Poziello poterono trovare un piccolo appartamento solo per loro. Iniziò anche la riabilitazione motoria, anche se il bambino non riusciva più a reggersi in piedi.
Alle 6.30 di alcuni giorni più tardi, cominciò a respirare affannosamente. Portato in braccio dal padre, venne subito caricato in automobile verso il Gaslini: aveva una polmonite in atto, come dimostrò la radiografia compiuta d’urgenza; in seguito, fu portato in rianimazione a causa di un arresto cardiocircolatorio. La madre gli tenne la mano finché non gli vide chiudere gli occhi a causa della sedazione.

La morte
La polmonite fu curata, ma il bambino non riusciva a respirare autonomamente. La ragione emerse dopo una nuova Tac: il tumore si era esteso a buona parte del cervello. L’unico intervento possibile era l’asportazione del liquido cerebrale; avrebbe quindi avuto una settimana di tempo per sperare di risvegliarsi.
Dopo l’operazione, fu chiaro che non si sarebbe svegliato mai più. I genitori decisero di sedarlo completamente, per non fargli avvertire che stava per morire; non prima, però, di averlo salutato per sempre.
Francescopio trascorse gli ultimi giorni vegliato dalla madre, la quale accettò di lasciarlo andare quando i medici le annunciarono che era arrivato il momento. Erano circa le 19 del 27 febbraio 2018: quel giorno, dopo quasi cinque anni, a Genova era tornata la neve. I funerali si svolsero il 1° marzo nella chiesa di San Francesco a Villaricca, gremita di persone.

I frutti della sua testimonianza
La madre capì subito che la vita sua e dei suoi familiari non doveva fermarsi alla morte del bambino. Insieme a loro, cominciò un cammino spirituale, guidata dal suo parroco, senza mancare mai al Rosario comunitario pregato, a San Francesco, la sera del martedì.
Nei giorni seguenti, molte persone si rivolsero a don Giuseppe Tufo, per confidargli di aver visto in sogno Francescopio e di aver ottenuto dei segni per sua intercessione. Il parroco cominciò quindi a raccogliere testimonianze in tal senso, perché quanto il bambino aveva lasciato non andasse perso.

Le fasi preliminari della causa di beatificazione e canonizzazione
A fronte della crescita delle attestazioni di segni attribuiti all’intercessione di Francescopio, dovuta al racconto della sua storia anche tramite i social media, nel novembre 2019, proprio al termine del Rosario comunitario, don Giuseppe comunicò ai Poziello che c’erano tutti i presupposti per avviare la sua causa di beatificazione e canonizzazione.
Per il momento, non essendo trascorsi ancora i cinque anni previsti dall’Istruzione «Sanctorum Mater» per l’inizio effettivo della causa, sarebbe continuata la raccolta delle testimonianze e incentivato la preghiera, specialmente al termine del Rosario quotidiano in parrocchia.
Il 27 febbraio 2021, durante la Messa per il terzo anniversario della morte di Francescopio, la documentazione raccolta è stata affidata all’avvocato Giuseppe Di Micco, che da allora in poi ha continuato a seguire le fasi preliminari.

Preghiera
Eterno Padre, ci rivolgiamo a Te
con un cuore fiducioso.
Tu che sempre esaudisci la preghiera
di chi in Te ripone la sua fiducia
per ottenere la grazia
che tanto ci sta a cuore.
(chiedere la grazia)
Non perché meritevoli la imploriamo,
ma per l’intercessione
del piccolo Francescopio,
apostolo di Maria e del Rosario,
osiamo chiederla.
La sua tenerezza e il suo candore
ci rassicurano,
la sua dedizione al Santo Rosario
permette di sentirci sorretti
dalla materna intercessione
della nostra Madre Celeste
in questa causa
che tanto ci sta a cuore.
(ripetere la grazia)
Amato Francescopio,
apostolo di Maria e del Rosario,
affidiamo a te la nostra preghiera
con la certezza che sarai tu stesso
a riporla nel cuore di Dio
che vive e regna nei secoli eterni.
(si reciti il Santo Rosario)
 


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2022-07-31

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