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Beata Anastasia Yi Bong-geum Vergine e martire

5 dicembre

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1827 – Jeonju, 5 o 6 dicembre 1839

Anastasia Yi Bong-geum fu educata alla fede cattolica da sua madre. Ricevette la Prima Comunione in anticipo rispetto agli usi del tempo in Corea. Nel 1839, quando esplose la persecuzione Gihae, venne arrestata mentre si trovava con la madre in casa di un altro credente, Protaso Hong Jae-yeong. Inizialmente non fu torturata, per rispetto alla sua tenera età, ma quando il magistrato che doveva giudicarla vide che era irremovibile, la fece punire severamente. Anastasia assistette all’uccisione di sua madre, poi venne condannata a morte per impiccagione. Fu uccisa nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 1839; non aveva ancora dodici anni. Inserita in un gruppo di centoventiquattro martiri uccisi in Corea tra il XVIII e il XIX secolo, è stata beatificata da papa Francesco il 16 agosto 2014, nel corso del suo viaggio apostolico in Corea del Sud.



Anastasia Yi Bong-geum fu educata alla fede cattolica da sua madre. Benché molto piccola, sapeva come compiere i propri doveri religiosi e amava Dio con tutto il cuore. A circa dieci anni imparò le preghiere del mattino e della sera e apprese il catechismo.
Un sacerdote missionario, temporaneamente ospitato in casa sua, rimase molto colpito dalla sua devozione. L’ammise quindi alla Prima Comunione, benché per gli usi del tempo in Corea fosse ancora presto.
Nel 1839, quando esplose la persecuzione Gihae, si rifugiò con sua madre in casa di Protaso Hong Jae-yeong. Venne arrestata mentre si trovava lì e condotta a Jeonju. L’ufficiale in capo del luogo chiese di dirgli il nascondiglio del missionario occidentale. Anastasia rispose che era troppo giovane per conoscere una questione simile.
L’ufficiale disse: «Se tradisci e parli male di Dio risparmierò la tua vita». La bambina replicò: «Non sapevo come venerare il Signore finché non raggiunsi l’uso della ragione, a sette anni. Ero anche troppo piccola per leggere libri. Tuttavia, da quando avevo sette anni a oggi, ho venerato il Signore. Perciò, non posso tradirlo né parlar male di Lui neanche se dovessi morire mille volte».
Anastasia venne portata in prigione senza essere torturata, per rispetto alla sua tenera età. Sua madre le disse: «Di certo tradirai il Signore, dato che non hai il coraggio di sopportare le torture». La figlia, con forza, rispose che non l’avrebbe fatto e promise alla madre che sarebbe rimasta fedele all’insegnamento della Chiesa, indipendentemente dalle torture.
L’ufficiale e le guardie ripeterono ad Anastasia di salvarsi perché era una fanciulla giovane e carina, ma non cedette alle loro offerte. Venne quindi torturata, dato che non mostrava cenni di cedimento.
Anastasia dovette assistere dalla prigione al martirio di sua madre: rimase quindi orfana e sola al mondo. Rimase salda nella sua scelta finché non venne condannata a morte per impiccagione. La sentenza fu eseguita nel carcere, di notte, il 5 o il 6 dicembre 1839 (il 30 ottobre o il 1° novembre, secondo il calendario lunare). La prigioniera non aveva ancora dodici anni.
Anastasia Yi, inserita nel gruppo di centoventiquattro martiri uccisi in Corea tra il XVIII e il XIX secolo, capeggiato da Paolo Yun Ji-chung, è stata beatificata da papa Francesco il 16 agosto 2014, nel corso del suo viaggio apostolico in Corea del Sud. La memoria liturgica di tutti i centoventiquattro martiri cade il 29 maggio.


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2019-07-17

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