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Beato Michel Fleury Religioso trappista, martire

21 maggio

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Sainte-Anne-sur-Brivet, Francia, 21 maggio 1944 – Médéa, Algeria, 21 maggio 1996

Michel Fleury nacque a Sainte-Anne-sur-Brivet, in Francia, il 21 maggio 1944, da una famiglia di contadini. A diciassette anni cominciò il percorso per diventare sacerdote diocesano, orientandosi al servizio dei poveri secondo la spiritualità della Società dei Preti del Prado. Per alcuni anni, mentre proseguiva la formazione, lavorò come operaio. Dopo un soggiorno all’abbazia di Lérins, si sentì chiamato alla vita contemplativa. Entrò quindi nel monastero trappista di Bellefontaine nel novembre 1980, professando i voti l’anno seguente. Nel 1984 chiese e ottenne di essere destinato al monastero di Nostra Signora dell’Atlante a Tibhirine, in Algeria, dove esercitò i compiti di lettore e di aiutante in cucina. Nella notte tra il 26 e il 27 marzo 1996, poco prima di compiere cinquantadue anni, fu rapito insieme a cinque monaci della comunità, più padre Bruno Lemarchand, proveniente dal monastero annesso di Fès, di passaggio a Tibhirine per l’elezione del nuovo priore. Un comunicato del Gruppo Islamico Armato (GIA), datato 21 maggio 1996, annunciò la loro esecuzione. I sette monaci di Tibhirine, compresi in un gruppo che conta in tutto diciannove martiri, tutti religiosi, uccisi durante i cosiddetti “anni neri” per l’Algeria, sono stati beatificati l’8 dicembre 2018 a Orano, sotto il pontificato di papa Francesco. La memoria liturgica di tutto il gruppo cade l’8 maggio, giorno della nascita al Cielo dei primi due che vennero uccisi, fratel Henri Vergès e suor Paul-Hélène Saint-Raymond. I resti mortali di fratel Michel e dei confratelli (furono ritrovate solo le teste senza i corpi) sono venerati nel cimitero del monastero di Nostra Signora dell’Atlante.



Michel Fleury nacque a Sainte-Anne-sur-Brivet, nel dipartimento francese della Loira Atlantica, il 21 maggio 1944, da una famiglia di contadini.
A diciassette anni manifestò alla madre il desiderio di diventare sacerdote. Entrò quindi in una casa di formazione per vocazioni adulte, visto che non aveva frequentato il Seminario Minore. Cinque anni dopo, passò al Seminario Maggiore di Nantes.
Durante uno stage in una fabbrica metallurgica, conobbe la Società dei Preti del Prado, fondata da padre Antoine Chevrier (beatificato nel 1986) per i sacerdoti diocesani che volessero vivere più a contatto con i poveri. Fu quindi accolto nella casa madre di Lione, città dove avvicinò specialmente gli operai marocchini.
In seguito, per due anni, abitò con un altro membro della Società a Vaulx-en-Velin, in un quartiere a maggioranza musulmana. In seguito si trasferì a Saint-Denis per ottenere il Certificato di attitudine professionale di fresatore, col quale fu abilitato a lavorare in fabbrica a Marsiglia.
Nella Settimana Santa del 1979, durante un soggiorno all’abbazia di Lérins, Michel si sentì chiamato alla vita contemplativa. L’anno successivo, a novembre, venne ammesso nell’abbazia di Bellefontaine dell’Ordine Cistercense della Stretta Osservanza (i cui membri sono detti anche Trappisti).
Nel 1984, però, fratel Michel cominciò a pensare di dover essere destinato al monastero di Nostra Signora dell’Atlante a Tibhirine, in Algeria. A Bellefontaine, infatti, era passato in visita il canonico Pépin, vicario generale della diocesi di Costantina, che aveva raccontato alla comunità monastica la situazione della Chiesa in Algeria.
Inoltre, passò a trovarlo l’amico padre Jean Levent, che era appena stato proprio a Tibhirine. Infine, leggendo il necrologio di uno dei monaci di quella comunità, padre Aubin, capì il senso della presenza monastica in un territorio abitato da popolazioni di religione islamica.
Per tutte queste ragioni, il 4 aprile 1984 domandò al maestro dei novizi di poter partire. Il 27 agosto dello stesso anno lasciò Bellefontaine; con lui c’era il confratello Bruno Lemarchand. A Tibhirine ritrovò padre Céléstin Ringeard, che veniva dallo stesso monastero.
Fratel Michel non aveva proseguito il cammino verso il sacerdozio, ma era ugualmente Lettore istituito. In quella funzione, garantiva la proclamazione delle letture durante la Messa e faceva in modo che i visitatori potessero seguire le liturgie monastiche sugli appositi libri.
In qualità di fratello converso, era addetto ai servizi più umili, come quello della cucina. Non amava tanto parlare, quanto lavorare in modo instancabile. Si preoccupava spesso dei lavoratori che aiutavano i monaci nell’orto, procurando loro, quando possibile, qualche sacco di legumi.
Il 30 maggio 1993 scrisse un “Atto di offerta”, nel quale invocava: «Spirito Santo creatore, degnati di associarmi il più presto possibile – non la mia ma la tua volontà sia fatta – al mistero pasquale di Gesù Cristo, nostro Signore, con i mezzi che tu vorrai, certo che tu, Signore, li vivrai in me... ».
Desideroso di comprendere meglio la cultura e la religione del popolo in mezzo a cui viveva, divenne membro del Ribât es-Salâm (“Vincolo di Pace” in arabo), un gruppo di confronto e dialogo che aveva sede proprio nel monastero di Tibhirine.
La vita di preghiera dei monaci venne turbata quando le notizie di aggressioni e uccisioni cominciarono a moltiplicarsi. Il 14 dicembre 1993, a Tamesguida, vennero sgozzati dodici croati cristiani. I monaci li conoscevano perché venivano da loro a celebrare la Pasqua. L’accaduto seguiva di due settimane l’ultimatum lanciato dal Gruppo Islamico Armato (GIA), che aveva preso il potere: tutti gli stranieri dovevano lasciare l’Algeria, pena la morte.
La notte del 24 dicembre 1993, alcuni uomini armati si presentarono alla porta del monastero e domandarono di vedere il superiore. Fratel Paul Favre-Mirille, che aveva aperto, andò a cercare padre Christian de Chergé, il quale parlò col capo del gruppetto, Sayah Attiyah.
Le condizioni da lui poste, ovvero che i monaci dessero loro dei soldi, che il loro medico (fratel Luc Dochier) venisse a curare i loro malati e che dessero anche delle medicine, non vennero accettate tutte dal priore, che comunque riferì che avrebbero potuto venire al dispensario del monastero. Fece poi notare all’uomo che stavano per celebrare la nascita del Principe della Pace, ovvero il Natale di Gesù. Gli armati si allontanarono, dopo aver chiesto una parola d’ordine e aver minacciato di tornare.
I monaci erano salvi, ma non al sicuro. Si sentivano come presi tra due fuochi: da una parte quelli che chiamavano “fratelli della montagna”, ovvero gli islamisti, e i “fratelli della pianura”, ovvero i militari e le forze di sicurezza dell’esercito algerino.
Fratel Michel visse, con gli altri fratelli, il discernimento personale e comunitario che li portò a scegliere di restare in Algeria. Espresse così il suo pensiero: «Se ci succedesse qualcosa – ma non me lo auguro – vogliamo viverlo qui, solidali con tutti gli algerini che hanno già pagato con la vita, semplicemente solidali con questi sconosciuti, innocenti».
Nella notte tra il 26 e il 27 marzo 1996, fratel Michel venne rapito insieme a cinque monaci della comunità e a padre Bruno Lemarchand, proveniente dal monastero annesso di Fès, di passaggio a Tibhirine per l’elezione del nuovo priore. Altri due, padre Amedée Noto e padre Jean-Pierre Schumacher, insieme a un ospite del monastero, scamparono al rapimento.
Sulla strada per Médéa venne trovata una cocolla, ossia parte dell’abito monastico, appartenuta a fratel Michel. Dopo un mese, un comunicato del Gruppo Islamico Armato (GIA) riferì che i rapiti erano ancora vivi, ma conteneva la minaccia di sgozzarli se non fossero stati liberati alcuni terroristi detenuti.
Il 30 aprile venne consegnata all’ambasciata di Francia ad Algeri un’audiocassetta, sulla quale erano registrate le voci dei sette monaci. Non ci furono altre notizie fino al 23 maggio: un ulteriore comunicato, il numero 44, datato 21 maggio (il giorno del cinquantaduesimo compleanno di fratel Michel), riferì che ai monaci era stata tagliata la gola.
Il 30 maggio le loro spoglie vennero ritrovate sul ciglio della strada per Médéa. Si trattava, però, solo delle teste: i corpi rimasero introvabili. Le esequie dei sette monaci si svolsero il 2 giugno 1996 nella basilica di Nostra Signora d’Africa ad Algeri, insieme a quelle del cardinal Léon-Étienne Duval, arcivescovo emerito di Algeri, morto per cause naturali. I resti mortali di fratel Michel e dei confratelli vennero sepolti nel cimitero monastico di Tibhirine.
I sette trappisti di Tibhirine sono stati inseriti nella causa che contava in tutto diciannove candidati agli altari, tutti religiosi, uccisi dal 1994 al 1996, nel corso dei cosiddetti “anni neri” per l’Algeria. La loro inchiesta diocesana si è svolta ad Algeri dal 5 ottobre 2007 al luglio 2012.
Il 26 gennaio 2018 papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto relativo al martirio dei diciannove religiosi. La loro beatificazione è stata celebrata l’8 dicembre 2018 nel santuario di Nostra Signora di Santa Cruz a Orano, presieduta dal cardinal Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, come inviato speciale del Santo Padre.
La memoria liturgica di tutto il gruppo, compresi quindi anche i sette monaci, cade l’8 maggio, giorno della nascita al Cielo dei primi due che vennero uccisi, fratel Henri Vergès e suor Paul-Hélène Saint-Raymond.


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2018-12-15

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