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Beato Engelmaro (Hubert) Unzeitig Sacerdote e martire

2 marzo

Hradec nadSvitavou, Repubblica Ceca, 1° marzo 1911 – Dachau, Germania, 2 marzo 1945

Padre EngelmaroUnzeitig, al battesimo Hubert, entrò nel seminario per vocazioni adulte dei Missionari di Mariannhill, presso i quali emise i voti perpetui nel 1938; l’anno seguente fu ordinato sacerdote. Nel 1941 era provvisore della parrocchia diGlockelbergnella foresta boema, quando, il 21 aprile, venne arrestato dalla Gestapo. La sua destinazione finale fu il campo di concentramento di Dachau, dove esercitò il ministero e la carità a dispetto della situazione di prova. Nell’autunno 1944 si verificò un’epidemia di tifo nel campo di concentramento: padre Engelmaro, che si era offerto volontario per curare gli ammalati, contrasse la malattia e ne morì il 2 marzo 1945. Il suo processo di beatificazione ha seguito un duplice binario: all’accertamento delle virtù eroiche, approvate il 3 luglio 2009, è seguito il riconoscimento del martirio, arrivato il 21 gennaio 2016. È stato beatificato il 24 settembre 2016nella cattedrale di San Chilianoa Würzburg. I suoi resti mortali, che a Dachau erano stati inceneriti a parte, sono venerati nella chiesa annessa alla Casa dei Missionari di Mariannhill a Würzburg. La sua memoria liturgica, per i Missionari di Mariannhill, cade il 2 marzo, giorno anniversario della sua nascita al Cielo.



Nascita, famiglia e primi anni
Nacquea Greifendorf, in una ristretta zona di lingua tedesca nell’attuale Repubblica Ceca (oggi si chiama Hradec nadSvitavou) il 1° marzo 1911, ultimo dei sei figli di Johann Unzeitig, proprietario di una piccola fattoria, eCäciliaKokl. Quattro giorni dopo la nascita ricevette, col battesimo, il nome di Hubert.
Rimase orfano di padre quando quest’ultimo, chiamato alle armi durante la prima guerra mondiale, morì come prigioniero di guerra il 14 gennaio 1916, a Simbirsk sul Volga. La madre, a prezzo di enormi sacrifici, riuscì a mandare avanti la fattoria e a non far mancare l’istruzione religiosa alle altre quattro figlie e a Hubert, che ricevette il 16 maggio 1920 la Prima Comunione e il 26 settembre 1921 la Cresima. Frequentò la scuola primaria dal 14 settembre 1917 fino al 27 giugno 1926, riportando voti eccellenti.

Vocazione sacerdotale
Per un anno lavorò presso un altro contadino a Vresioce, così da imparare meglio il ceco, poi tornò ad aiutare la madre nella fattoria di casa. Terminato il lavoro, si rifugiava nella lettura e nella preghiera: fu così che, col tempo, comprese di dover diventare sacerdote.
Tuttavia i seminari della regione erano già al completo, quindi pensò di dover andare all’estero. Chiese quindi aiuto a un padre redentorista a Vierzighuben, che gli suggerì di domandare l’ammissione al seminario per vocazioni adulte a Riemlingen, nella Svevia, retto dai padri Missionari di Mariannhill.

I Missionari di Mariannhill
Si trattava di una congregazione nata grazie adom Francesco Pfanner, al secolo Wendelin, monaco trappista. Aveva accettato la fondazione di un monastero in Africa e da allora aveva integrato il carisma originario con una spinta verso le missioni estere. Questo, però, mal si conciliava con l’intensa preghiera, l’assoluto silenzio e il rigoroso digiuno previsto dalla regola monastica.
Dovette intervenire papa Pio X in persona, per distaccare l’abbazia di Mariannhill, fondata da domPfanner, dall’ordine; avvenne nel 1909, poco prima della morte del fondatore (anche per lui è aperto il processo di beatificazione). Da allora, diventati congregazione autonoma, i padri Missionari di Mariannhill ebbero una notevole espansione.

Formazione e professione religiosa
Hubert fu quindi ammesso in seminario; anche lì ottenne risultati molto buoni, superando l’esame di maturità nel 1934. L’anno prima, in occasione del Giubileo della Redenzione, si era recato in pellegrinaggio a Roma, percorrendo alcuni tratti in treno, altri a piedi o perfino facendo l’autostop.
Conseguita la maturità, trascorse qualche giorno in patria, poi si trasferì a Venlo, nei Paesi Bassi, luogo del noviziato della provincia tedesca dei padri di Mariannhill. Il 30 aprile 1934, con la vestizione religiosa, cambiò nome in fra Engelmaro (o Engelmar, alla tedesca); il 1° maggio 1935 compì laprima professione religiosa.Proseguì gli studi di filosofia e teologia, in vista del sacerdozio, presso il Pius-Seminar della sua congregazione a Würzburg; per conto suo studiava francese, inglese, italiano e russo. Infine, il 1° maggio 1938, professò i voti perpetui.

Ordinazione e primi incarichi
Venne ordinato sacerdote il 6 agosto 1939 e celebrò la Prima Messa al suo paese il 15 agosto.Di lì a poco si verificò l’invasione tedesca della Polonia, pretesto per l’inizio della seconda guerra mondiale.
Nell’autunno 1940 padre Engelmaro venne destinato al castello di Riedeggnell, sede della provincia austriaca dei Missionari di Mariannhill. Lì tornò utile la sua conoscenza del francese, in quanto divenne cappellano di trenta prigionieri di guerra francesi.

A Glöckelberg
Il 18 dicembre 1940 fu nominato “provvisore” della parrocchia di Glöckelberg (oggi Zvonková), nella foresta boema, quasi ai confini dell’odierna Repubblica Ceca. Il luogo era quasi inospitale: a 800 metri sul livello del mare, in una regione molto povera, con inverni rigidi; in tutto contava 1200 parrocchiani. Padre Engelmaro riuscì ad adattarsi e fece venire con sé sua sorella Maria, come perpetua.
Ogni domenica teneva le sue omelie e iniziò anche a fare catechismo a scuola. Tuttavia, con l’intensificarsi delle persecuzioni contro gli ebrei, comprese di dover convincere i suoi parrocchiani che aderire al regime nazista era ingiusto.
Gli stessi ragazzi a scuola cercavano di porgli domande insidiose, così da fargli pronunciare risposte palesemente ostili. Alla fine furono il padre di un capo della Gioventù hitleriana e un soldato delle SA (Sturm Abteilungen, “squadre d’assalto”) a denunciarlo: subì un primo interrogatorio nell’ufficio della Gestapo.

L’arresto
Il 21 aprile 1941 sua sorella vide arrivare un’automobile nei pressi della casa parrocchiale. Dopo un attimo, padre Engelmaro la raggiunse: «Guarda, è arrivata la Gestapo! Vieni subito con me!».
Intanto gli ufficiali avevano iniziato la perquisizione dell’ufficio parrocchiale, esaminando in particolare gli appunti delle omelie. Il sacerdote ebbe appena il tempo di mettere qualcosa in borsa, poi dovette seguire gli uomini della polizia.
Per sette settimane subì il carcere preventivo a Linz, mentre gli abitanti di Glockelberg erano rimasti sconvolti per l’accaduto. Restava comunque preoccupato per la parrocchia, tanto da scrivere alla sorella per chiederle di mandare un successore e per poter ricevere i manuali di teologia necessari per l’esame quinquennale.

Nel campo di Dachau
Non ebbe il tempo di prepararsi: il 3 giugno 1941 fu trasferito al campo di concentramento di Dachau. Gli fu concesso di scrivere ai parenti due volte a settimana, ma il tenore delle lettere non doveva lasciar trasparire nulla della vera vita nel campo.
Eccone un saggio, risalente al 7 settembre 1941: «State tutti bene? Anch’io, grazie a Dio. Il nostro orario fa sì che il tempo trascorra volando per noi: andiamo a letto subito; ci alziamo presto. Tra il pranzo, la Santa Messa, il sonno, la benedizione della sera, la preghiera del breviario… la vita è abbastanza varia… Cerco di sfruttare il tempo al meglio possibile per la perfezione spirituale e religiosa. Nel mio programma, la preghiera e la penitenza occupano un posto molto preciso. Ogni giorno vi raccomando a Dio nella Santa Messa».
Testimonianze successive dimostrano di che tenore fosse la “vita varia” cui fa cenno padre Engelmaro: lavori forzati, come quelli cui erano incaricati i circa tremila ministri sacri, perlopiù cattolici e protestanti. Ad esempio, dovevano portare a tutti gli altri blocchi le pentole col rancio, oppure dovevano lavorare negli orti ricavati da un terreno paludoso.
Effettivamente, lui sfruttava il suo tempo libero provando a scrivere un libro, oppure pregando nella cappella presente nel blocco 26, il famoso “Pfarrerblock”, destinato esclusivamente ai sacerdoti. Preghiera e penitenza erano poi vissute in maniera speciale quando doveva resistere alle offese che le guardie del campo gli scagliavano contro.

La morte per “eccesso di carità”
Durante l’estate del 1942 si verificò una carenza nei razionamenti: nelle sue lettere, chiese che i suoi familiari non si dovessero privare del cibo per inviarlo a lui che, in ogni caso, lo ripartiva tra i compagni di prigionia.
Alla fame si aggiunse, nel 1944, un’epidemia di tifo: chi si ammalava e sopravviveva veniva trattato come un esperimento da laboratorio, ma i più soccombevano. Come il suo fondatore, che accettò di partire per l’Africa affermando: «Se nessun altro vuole andare, andrò io», così padre Engelmaro si offrì volontario per assistere gli ammalati e, nel frattempo, prepararli alla morte con l’amministrazione dei Sacramenti, visto che le SS si tenevano ben lontane per evitare il contagio.
A sua volta ne fu vittima in prima persona: morì quindi il 2 marzo 1945, il giorno dopo il suo trentaquattresimo compleanno. Dei suoi sei anni di sacerdozio, quattro erano trascorsi in prigionia.

Il salvataggio dei suoi resti mortali
Grazie a un confratello prigioniero, che aveva fatto amicizia con un addetto ai forni crematori, il suo corpo venne bruciato a parte. Venne riconosciuto tramite il numero di matricola 26147, con cui era stato marchiato al momento di entrare nel campo.
Le sue ceneri, altrettanto fortunosamente, riuscirono ad arrivare il 30 marzo 1945, Venerdì Santo, dai Missionari di Mariannhill, che le conservarono nella loro cappella funeraria nel cimitero comunale di Wurzburg. Il 20 novembre 1968 l’urna di metallo, che nel 1947 aveva sostituito la scatoletta di legno nella quale erano state conservate le ceneri, venne traslata nella chiesa del Sacro Cuore, annessa alla casa dei Missionari di Mariannhill.

Processo sulle virtù eroiche
Il suo processo di beatificazione, dopo il nulla osta della Santa Sede risalente al 5 settembre 1988, ha avuto un percorso davvero singolare: a partire dal 26 luglio 1991 si è svolta una doppia inchiesta, volta ad accertare contemporaneamente sia l’eroicità delle sue virtù, sia il martirio; nel primo caso, per beatificarlo, sarebbe stato necessario un miracolo.
L’inchiesta diocesana sulle virtù eroiche si è quindi conclusa nel giugno 1996 ed è stata convalidata l’11 gennaio 2002. I consultori teologi, il 30 gennaio 2009, e i cardinali e vescovi membri della Congregazione delle Cause dei Santi, il 28 aprile seguente, si sono pronunciati favorevolmente circa l’esercizio in grado eroico delle virtù da padre Engelmaro, che alla fine è stato dichiarato Venerabile col decreto del 3 luglio 2009.

Processo sul martirio
Tuttavia, già durante l’escussione dei testimoni nel processo diocesano, era emersa la possibilità che potesse essere dichiarato martire, in quanto è morto di malattia, ma “ex aerumniscarceris”, cioè a causa delle estreme sofferenze patite durante la prigionia; molti di coloro che hanno deposto non hanno esitato a definirlo così. La sua offerta volontaria, inoltre, può essere paragonata a quella del già citato san Massimiliano Maria Kolbe, visto che è andato incontro alla morte con analoga consapevolezza.
L’inchiesta diocesana sul martirio, iniziata come l’altra il 26 luglio 1991, si è quindi conclusa il 25 maggio 2012 ed è stata convalidata il 14 dicembre dello stesso anno. L’11 marzo 2014 i consultori teologi hanno emesso parere positivo circa la dichiarazione di martirio. Infine, il 21 gennaio 2016, papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto che confermava la morte da martire di padre Engelmaro.

La beatificazione come martire
Il rito della sua beatificazione è stato celebrato sabato 24 settembre 2016 nella cattedrale di San Chiliano (SanktKilian) a Würzburg, alla presenza del cardinal Angelo Amato come delegato del Santo Padre. La sua memoria liturgica è stata fissata al 2 marzo, giorno esatto della sua nascita al Cielo.
Il Beato EngelmaroUnzeitig è il primo dei Missionari di Mariannhill ad ottenere l’aureola, ma subito dopo la morte era stato definito “angelo di Dachau”.
In uno dei suoi ultimi messaggi alla famigliaha lasciato questa sorta di testamento spirituale: «Qualunque cosa facciamo, qualunque cosa vogliamo, è sempre e solo la grazia che ci guida e ci porta. La grazia di Dio onnipotente ci aiuta a superare ogni ostacolo. L’amore duplica le nostre forze, ci rende fantasiosi, contenti e liberi. Se solo la gente sapesse che cosa Dio ha in serbo per quelli che Lo amano».


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2018-06-30

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