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> Home > Sezione Servi di Dio > Servo d Dio Fritz Michael Gerlich Condividi su Facebook Twitter

Servo d Dio Fritz Michael Gerlich Laico coniugato

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Stettino, Polonia, 15 febbraio 1883 – Dachau, Germania, 30 giugno 1934

Fritz Michael Gerlich nacque a Stettino, all’epoca territorio tedesco, il 15 febbraio 1883. trasferì a Monaco di Baviera per proseguire i suoi studi universitari: la sua formazione fu cristiano-liberale. Il 9 ottobre 1902 si sposò con Sofia Stempfle a Monaco e successivamente intraprese l'attività di giornalista. Dal 1920 al 1928 fu direttore del principale quotidiano della Baviera, il «Münchner Neueste Nachrichten» (predecessore dell'attuale «Süddeutsche Zeitung»). Fin dal 1923, dopo il tentativo di colpo di stato di Adolf Hitler, Gerlich notò la crescente simpatia riscossa dal movimento nazista. Divenne pertanto uno dei principali critici del partito nazionalsocialista e un avversario di Hitler. Nel 1927 conobbe la mistica Teresa Neumann, che gettò le basi per la sua futura conversione al cattolicesimo. Difatti, nel 1931, Gerlich si convertì dal calvinismo alla fede cattolica. Nel 1930 Gerlich rilevò la proprietà del settimanale «Illustrierter Sontag» («La Domenica Illustrata») che, nel 1932, mutò il proprio nome in «Der Gerade Weg» («La retta via»): sulle sue pagine, proseguì la campagna di stampa contraria al nazismo. La sua opposizione all'ideologia del nazionalsocialismo fu netta, tendente a svelarne le quotidiane violenze contro chi la contrastava. Nel gennaio 1933 Hitler salì al potere; pochi mesi dopo, il 9 marzo, Gerlich fu arrestato dalle squadre d'assalto, le Sturmabteilung di Ernst Röhm, incarcerato nel campo di concentramento di Dachau nonché torturato. Il suo giornale venne bandito quattro giorni dopo. Gerlich non ebbe accuse, non fu mai processato; dopo 15 mesi di prigione, il 30 giugno del 1934, venne fucilato. La fase diocesana della sua causa di beatificazione è stata aperta il 16 dicembre 2017 nella diocesi di Monaco e Frisinga.



Il 16 dicembre 2017 la diocesi di Monaco e Frisinga ha avviato la causa di beatificazione di un suo figlio, che va ad aggiungere un altro tassello all’ancora poco nota resistenza dei cattolici tedeschi. A dire il vero, una parte di essi già figura nell’elenco dei martiri del nazismo stilato dal Vaticano nel 2001, che ha messo in luce il pesante tributo di sangue pagato dalla Chiesa in Germania.
Fritz Michael Gerlich nasce calvinista, a Stettino (a quell’epoca parte del territorio tedesco), nel 1883 e si converte al cattolicesimo nel 1931, quasi attrattovi dalla mistica Teresa Neumann e dai suoi fenomeni soprannaturali. Gerlich le si avvicina come giornalista scettico e fortemente critico nei suoi confronti, finendo poi per esserne coinvolto personalmente e umanamente, fino alla conversione, maturata in modo lento e convinto.
È direttore del principale quotidiano della Germania meridionale, la «Münchener Neueste Nachrichten» e i suoi editoriali, fin dagli Anni Venti, si distinguono per una netta opposizione a Hitler, che egli definisce un «mentecatto», ma estremamente pericoloso, per la capacità che ha di far credere ai suoi seguaci tutto quel che vuole e di trascinarli in qualsiasi avventura.
Dopo la conversione, la testata comincia però a stargli stretta: la linea agnostica imposta, l’impossibilità di scrivere come vorrebbe di argomenti religiosi, la distanza ideologica sempre più marcata dagli editori, gli fanno abbandonare il giornale e lo portano a rilevare l'«Illustrierter Sonntag», un settimanale in via di fallimento, dalle cui colonne riprende la sua campagna contro Hitler, solitaria, ma non del tutto inutile, viste le reazioni scomposte e infuriate di quest’ultimo davanti agli editoriali di Gerlich che mettono sotto accusa il suo progetto antisemita, il mito della razza, la politica di odio e violenza che si sta instaurando.
Il passo successivo è la fondazione di un settimanale dichiaratamente cattolico, il «Gerade Weg», cioè «La retta via», perché pensato prima di tutto come strumento di formazione delle coscienze, in cui Gerlich agisce di comune accordo con padre Naab, un cappuccino che del giornale rappresenta il cuore, mentre egli ne è la testa.
Articoli pungenti e documentati, un ampio uso di immagini, caricature e fotomontaggi che ridicolizzano il razzismo e la megalomania di Hitler, un’argomentazione limpida e coerente che tira in ballo la fede, sono gli strumenti della campagna giornalistica più aggressiva di quegli anni contro il nazionalsocialismo e di cui Hitler avverte pienamente la pericolosità e i contraccolpi, anche solo a livello d’immagine.
«Nazionalsocialismo significa menzogna, odio, fratricidio e miseria infinita», è il tema di fondo di Gerlich. Sempre più stringente è il suo invito ad una partecipazione attiva dei cattolici alla vita politica per contrastare l’egemonia hitleriana: «Chi oggi non va a votare si assume una grande responsabilità davanti a Dio, ai figli e ai figli dei figli», ammonisce.
La posizione del giornale e dei suoi responsabili si fa ogni giorno più rischiosa e delicata, perché a tutti è chiaro che la controffensiva di Hitler non si farà attendere. Mentre padre Naab riesce a sfuggire all’arresto appena prima che i nazisti facciano irruzione nel suo convento, Gerlich rifiuta il piano predisposto per la sua fuga in Svizzera. «Sono pronto a rispondere con la mia vita per ciò che ho scritto», dice, e il 9 marzo 1933 è arrestato nella sede del giornale, non prima di essere stato malmenato.
Lo attendono 15 mesi di detenzione, violenze e torture per carpirgli i nomi dei suoi sostenitori e delle sue “fonti confidenziali”; non lo processano neppure e contro di lui non vengono mosse accuse specifiche, anche se è chiaro che la sua condanna da tempo è stata scritta. «Mi rifiuto di spararmi. Sono cattolico», è la sua fiera risposta ai nazisti, quando gli mettono in mano una pistola con l’intimazione di suicidarsi.
Poco dopo la mezzanotte del 30 giugno 1934, a ventiquattro ore da quella che è passata alla storia come la “Notte dei lunghi coltelli”, che ha visto il massacro di centinaia di oppositori di Hitler, Gerlich è trasferito nel campo di concentramento di Dachau, spinto in una cella e assassinato: semplicemente perché si era messo di traverso all’avanzata di Hitler in nome della sua fede. La moglie riceverà, di lui, solo gli occhiali, macchiati di sangue.


Autore:
Gianpiero Pettiti

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Aggiunto/modificato il 2018-04-17

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