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Alessandro (Alex) Poletti Fanciullo

Testimoni

Torino, 1° maggio 1947 – 4 febbraio 1956

Alessandro Poletti, detto Alex o Lello, nacque a Torino da un pediatra italiano e da una donna greca, che poi si convertì al cattolicesimo. A cinque mesi gli fu diagnosticata un’idrocefalia, che, a detta dei medici, avrebbe rischiato di compromettere le sue facoltà cognitive. Il bambino, invece, crebbe intelligente e sveglio, sebbene fosse rimasto paralizzato nella parte sinistra del corpo. Per tre volte fu pellegrino a Lourdes, dove apprese come vivere la sua condizione di piccolo ammalato. Morì il 4 febbraio 1956, poco prima di compiere nove anni.



Nascita e famiglia
Alessandro Poletti, detto in famiglia Alex o Lello, nacque a Torino il 1° maggio 1947. Suo padre Tiziano era medico pediatra, mentre sua madre, Lilian, era di nazionalità greca e di confessione ortodossa; oltre a lui, la coppia ebbe due figlie, Nefeli e Mirtis.
Il bambino, dopo la nascita, sembrava avviato a crescere robusto: «Signora, se andiamo di questo passo, lo presenteremo all’esposizione», commentò un giorno uno dei colleghi del padre, dal quale la madre lo portava spesso per qualche ulteriore consulto. In effetti, Lilian aveva notato che la testa del piccolo spesso aveva uno strano movimento, come se dondolasse.

La malattia
Nel mese di ottobre lo portò da un altro pediatra, che mormorò, a mezza voce, una parola che la donna comprese nel suo significato etimologico e per aver visto un caso simile: idrocefalia. La causa era stata l’estrazione del neonato col forcipe, dopo tre ore di travaglio: lo strumento gli aveva prodotto una ferita nella parete temporale sinistra e una sul collo.
Nonostante le fosche previsioni di alcuni medici, il bambino iniziò a parlare, anche se era sopravvenuta, dopo una crisi dovuta a un’ipertensione endocranica, una paresi alla parte sinistra del corpo. Gli vennero applicati i più moderni ritrovati delle terapie riabilitative, ma senza risultati di rilievo.
Inizialmente, Alex provava fastidio in presenza di estranei, ma la mamma l’abituò a uscire e a vedere gente; a poco a poco, però, prese coscienza della propria condizione. Lo dimostra un episodio avvenuto nel giugno 1951: durante le vacanze nella villa del nonno a Reaglie, si rivolse ad alcuni piccoli ospiti della parte dell’edificio in affitto. «Bambini, mi rincresce», si scusò, «ma io non posso giocare con voi; io non sono un bambino normale».

La conversione della mamma
La signora Lilian, intanto, si stava gradualmente avvicinando al cattolicesimo. Tempo addietro, quand’era ancora educanda delle Orsoline francesi in Grecia, aveva trovato un ritaglio di giornale con il ritratto di san Giovanni Bosco e lo aveva preso come patrono speciale, pur ignorando chi fosse. Fu una volta arrivata a Torino che scoprì non solo la sua identità, ma anche di essere nella stessa città dove lui aveva operato tanto a favore dei giovani.
Proprio nelle “camerette” del fondatore dei Salesiani, il 19 settembre 1953, la donna compì la sua professione di fede che la introduceva nella Chiesa Cattolica, ma decise di rimandare la sua Prima Comunione.

Il primo pellegrinaggio a Lourdes
Aveva infatti preso un’altra decisione: portare Alex in pellegrinaggio a Lourdes; allora, promise, si sarebbe accostata all’Eucaristia. Il viaggio cominciò il 22 settembre 1953, con il “treno verde” dell’Unitalsi piemontese. Qualcuno dei passeggeri trattava il piccolo pellegrino come se non capisse, ma la sua sensibilità spesso restava ferita. Altre volte rispondeva eccome, con estrema dolcezza; lo stesso faceva la madre.
Finalmente giunto davanti alla Grotta, il bambino si raccolse in preghiera. Quando Lilian gli chiese che cosa gli stesse dicendo la Madonna, rispose: «Mi dice che mi vuole molto bene… e che mi porterà in Cielo con lei». La mamma incalzò, suggerendogli suggerisce di domandare la guarigione come faceva a Torino, ma lui replicò: «Vedi, mammina, tu sei tanto buona, ma alle volte dici delle cose… La Madonna lo sa».

La Prima Comunione e la Cresima
Ritornato a Torino, Alex si preparò alla Prima Comunione, che ricevette il 20 maggio 1954 alle camerette di don Bosco, per mano del salesiano don Emilio Fogliasso. La Cresima seguì la Messa e gli fu amministrata da monsignor Michele Arduino, vescovo di Shiuchow, in esilio. Immediatamente dopo la cerimonia, fu portato al santuario di Maria Ausiliatrice. Nel contemplare il grande dipinto dell’altare maggiore, dichiarò: «Io morirò ed andrò a vederla in paradiso e a stare sempre con lei!».
Per l’occasione, il padre gli regalò un televisore, così poteva seguire la Messa in diretta; evidentemente, doveva essere uno dei primi apparecchi del genere in Italia. Una volta fu udito commentare, al proposito: «La domenica io mi godo la mia Messa!». Alex, però, sentiva di aver avuto un dono ben più importante del televisore: «Papà, il più bel regalo me lo ha fatto Gesù che è venuto nel mio cuoricino». Ricevette altre Comunioni alle “camerette” di don Bosco e nella cappella delle Figlie di Maria Ausiliatrice, poi in casa (sempre con un frammentino di Ostia consacrata), però voleva essere cambiato di stanza.

I passatempi di Alex
Contrariamente al parere dei medici che l’ebbero in cura nei primi mesi di vita, Alex non era affatto stupido, ma sveglio e intelligente. I suoi giochi preferiti erano le macchinine, che faceva correre sul braccio paralizzato, oppure fingeva di stirare o di preparare il caffè al padre.
Amava anche ascoltare la musica e, a volte, si metteva a scavare la terra, o meglio, ci provava, data la sua scarsa forza fisica. Non provava invidia per gli altri bambini, anzi, apprezzava la loro compagnia: «Sono felice anch’io quando li vedo giocare e correre; non sono geloso. Gesù vuole così!», commentò un anno dopo la Prima Comunione.

Il secondo pellegrinaggio a Lourdes
Del secondo viaggio a Lourdes, durato dal 21 al 28 luglio 1954, ci è rimasta una relazione che Alessandro dettò alla maestra che gli impartiva lezioni private, intitolata da lui stesso «La storia di Lourdes». Contiene le impressioni avute durante il viaggio, come quelle provate nel visitare il “Cachot”, la povera dimora della famiglia di santa Bernadette Soubirous: «Dentro il mio cuore era immenso il bene per la povera Bernardetta, che aveva avuto tanto male prima di morire e che aveva avuto tanta fede».
Descrivendo la sua seconda sosta alla grotta delle apparizioni, usò un’altra, enigmatica espressione: «La Madonnina mi ha detto che ogni cosa è stata benedetta da lei».  Quanto alle richieste che pose alla Bianca Signora della grotta, ne formulò tre: che gli facesse «bene alle gambe», che lo facesse diventare un bravo scolaro e, infine, che gli facesse muovere il braccio sinistro, «altrimenti come faccio a fare tante cose?», concluse.

Nuovi problemi di salute
A settembre si pensò di ricoverarlo in una clinica svizzera, ma lui rispose alla nonna: «C’è un grande dottore, Gesù. Se non mi guarisce Lui, nessun altro può farmi camminare». Sia quel tentativo sia un consulto a Milano furono vanificati da problemi respiratori tanto forti da aver condotto Alex a sfogarsi: «Mamma! senti, io… voglio morire!», salvo poi, vista la giusta preoccupazione della madre, correggersi sostenendo di averlo detto per scherzo.
Dalla sera del 18 marzo il bambino non deglutì più: dal 24 in poi, venne alimentato con un sondino nasogastrico, oltre ad essere sottoposto a periodiche aspirazioni del catarro che gl’intasava i bronchi. Lo strumento per nutrirlo gli veniva tolto di sera, ma una volta chiese alla nonna Elena di lasciarglielo perché voleva «fare mortificazione» come san Domenico Savio, che aveva conosciuto tramite un album a colori. La consapevolezza di poter sfruttare in bene quella sua condizione doveva essere ben presente in lui se, il Sabato Santo di quell’anno, per giustificare il fatto che non aveva parlato a una zia venuta a visitarlo, commentò: «Ieri era il venerdì santo. Gesù soffriva, ed io con lui!».

Il terzo viaggio e i suoi consigli
Nel terzo viaggio a Lourdes, dal 12 maggio 1955, era presente anche il padre, che firmò con alcuni colleghi una relazione circa un presunto miracolo, avvenuto a una sua compagna di pellegrinaggio, Teresa Ferrero. Alex ne fu tanto felice, tanto da usare il plurale: «Abbiamo avuto un miracolo!».
Quanto a lui, dopo una tregua di alcuni mesi, riprese a star male. Il 26 dicembre 1955 don Fogliasso gli portò per l’ultima volta la Comunione e gli chiese, come faceva spesso, un consiglio: «Quando lo chiamano per confessare, lasci tutto; vada subito, perché è Gesù che vuole entrare in un’anima», rispose il piccolo.
La sua devozione mariana era a misura di bambino: la Vergine Maria, per lui, fu sempre «la Madonnina». Aiutato dai parenti e dal suo confessore, comprese come fosse stata necessaria la sofferenza del Signore e come lo fosse perfino la sua stessa condizione di salute. Lo dimostra l’affermazione con cui s’interruppe la prima volta che recitò l’atto di dolore: «Eh… sì, Gesù è morto per tutti noi!», pronunciata scandendo attentamente le parole.

La morte
Il 29 gennaio 1956 insorse la crisi definitiva. Alex alternava parole più ingenue ad altre dal tono più serio: ad esempio, chiese alla madre d’invitare i suoi cuginetti quando tutto sarebbe passato, ma poco dopo notò la sua sofferenza: «Povera mammina, mi fai tanto pena!». Verso le prime ore del mattino del 4 febbraio provarono a fargli bere acqua zuccherata, ma a lui sembrava amara. Dopo un’ora esclamò, rivolto alla governante: «Maria! La Madonna!» Poco dopo mormorò: «Mi gira la testa forte», poi gli mancò il respiro per sempre.

Il ricordo
Don Emilio Fogliasso, che aveva seguito il bambino dalla Prima Comunione, ne scrisse la biografia («Alex – Il bambino che sorrise al dolore», Edizioni Paoline 1957), ormai fuori catalogo. Era convinto, infatti, che Alessandro Poletti, per il tempo che Dio l’ha lasciato sulla terra e non solo, potesse essere un segno anche per chi non apparteneva alla sua famiglia, come lo stesso bambino affermò: «Gesù mi ha mandato per far buoni tutti voi».


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2017-05-03

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