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Servo di Dio Avertano Fenech Sacerdote carmelitano

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Il-Mosta, Malta, 10 luglio 1871 - L-Imdina, Malta, 1 novembre 1943


P. Avertano Fenech, unico figlio di Domenico Fenech e Maria Attard, nacque il 10 luglio 1871 a Mosta (Malta). Il giorno seguente fu battezzato nella chiesa di Maria Assunta e gli fu posto il nome di Luigi, in onore di San Luigi Gonzaga. Nel focolare domestico Luigi crebbe nel timore di Dio e in un ambiente famigliare modesto, se non povero, ma sereno. È qui, nel focolare domestico, che Luigi imparò a pronunziare il nome di Gesù e Maria. Dai genitori, infatti, apprese le prime preghiere e i rudimenti della fede e non fu raro che i vicini lo sorprendessero raccolto in preghiera sotto una carruba, nelle vicinanze della sua casa. Il padre lavorava in una piccola cava di pietra di sua proprietà e mamma Maria era dipendente nella villa dei signori Grech Mifsud. Dall’esempio dei genitori Luigi imparò a vivere una vita semplice, in spirito di povertà, preghiera e integrità.  Già da bambino si distingueva per il suo carattere tranquillo e silenzioso e per il sorriso, che traspariva dal suo volto con naturalezza.

All’età di sette anni, Luigi iniziò a frequentare la scuola. Anche se non era di intelligenza straordinaria, si impegnava nello studio, perché amava imparare. Dalle testimonianze dei suoi compagni traspare l’ammirazione per questo ragazzo di temperamento riservato ma equilibrato, pronto a perdonare e dimenticare le offese subite. I suoi compagni lo ricordano come un bravo ragazzo che mai infastidiva e sempre attento alle lezioni impartite dai maestri. Il 29 maggio 1881 Luigi ricevette la Prima Comunione e il sacramento della Confermazione dal Vescovo Carmelo Scicluna. Per Luigi dovette essere il giorno più bello della sua vita. Infatti, tra le poche cose che custodì anche da frate carmelitano, ci fu l’immaginetta preparata in occasione della sua prima comunione. 

Più cresceva, più si consolidava nella chiamata alla vita religiosa. Diceva, infatti, ai suoi: “Voglio diventare religioso carmelitano”. Per questo i genitori lo mandarono a studiare il latino e l’italiano a Naxxar, da un sacerdote diocesano che gli confermò il proposito della chiamata alla vita religiosa e carmelitana.
Quando i tempi furono maturi, Luigi si presentò da P. Luigi Malfatti, Priore Provinciale dei carmelitani, chiedendo di essere ammesso al noviziato. Il 6 febbraio 1888 iniziò per Luigi l’iter formativo con l’inizio del noviziato nel convento carmelitano a La Valletta. Gli assegnarono il nome di Avertano, per il beato carmelitano Avertano che si era distinto nella virtù dell’obbedienza e nello spirito di penitenza. Il 27 febbraio 1889 professò i voti semplici nell’oratorio della Madonna del Carmine e iniziò gli studi filosofici e teologici. Il 27 febbraio 1892 professò i voti solenni nell’oratorio del noviziato al Carmine di La Valletta nelle mani del vicario provinciale.

Ormai chierico, fra Avertano fu, con i suoi compagni, trasferito al nuovo convento carmelitano in Balluta a San Giuliano, sotto la direzione del P. Francesco Raiti, il futuro vescovo di Trapani. Il 5 luglio 1896 fra Avertano ricevette il sacramento d’Ordine dal Vescovo di Gozo, Mons. Giovanni Camilleri, OSA, e celebrò come d’uso dai carmelitani la sua Prima Messa Solenne nel Santuario del Carmine a La Valletta. Da presbitero si dedicò al ministero della confessione e direzione spirituale già dai primi anni dopo l’ordinazione. In questo ministero si dedicò primariamente ai sacerdoti, religiosi e seminaristi. In molti lo cercavano per la confessione e direzione, perché lo ritenevano un uomo di assidua preghiera e che viveva nella costante presenza di Dio in purezza di cuore.  Chi s’imbatteva in lui, anche camminando per la strada, rimaneva colpito dal portamento modesto, sereno e raccolto.

Nel 1896 i suoi superiori lo elessero prefetto dei chierici e poi vice-maestro. I giovani chierici trovarono in lui un modello di vita carmelitana. Per questo gli fu affidato il ministero di maestro dei novizi a Mdina. Si adoperò a svolgere questo ministero con esemplare dedizione, soprattutto con l’esempio di una vita osservante e integra.  Inoltre, nel corso della sua vita religiosa,  P. Avertano fu eletto consigliere provinciale e vice priore del Carmelo di Mdina, come anche segretario provinciale. Nel maggio del 1919 i confratelli lo scelsero come delegato provinciale per il capitolo generale dell’Ordine, assieme al Priore Provinciale di Malta. Anche a Roma i gremiali rimasero colpiti da quest’umile frate. Lo stesso Priore Generale, P. Elia Macgennis, dichiarò di essere rimasto colpito dalla sua umiltà. Finito il capitolo e ritornati a Malta, fu chiesto per iscritto a P. Avertano di esprimersi sul vero spirito del Carmelo. Tutti ormai, sia confratelli che laici, lo ritenevano santo per la sua intensa vita di preghiera e di virtù, in special modo per la purità e castità, la mansuetudine e la pazienza nelle tribolazioni nelle quali dimostrò una straordinaria serenità di cuore, offrendosi per la conversione dei peccatori. Era infatti aggregato alla Confraternitas Sacerdotalis Adorationis Sanctissimi Sacramenti, alla Congregazione del Sacro Cuore di Gesù,  e alla Pia Unione del transito di San Giuseppe. Tra le sue devozioni più care sono di rilievo quelli al Santissimo Sacramento, al Sacro Cuore di Gesù e al Purissimo Cuore di Maria.

Nel maggio del 1932 fu colpito da un forte attacco d’ictus che lo rese invalido. Il letto e la sedia a rotelle divennero il suo pulpito, sul quale si consumò in rassegnazione per ben undici anni e sei mesi. Le sue virtù e la sua unione con Dio furono perfezionate in questo periodo nel quale edificava tutti con la sua rassegnazione alla volontà di Dio. Mai gli mancò il sorriso dal volto, sempre sereno e affabile, come attestarono i confratelli e i laici che si presero cura di lui. Erano ormai i tempi difficili della Seconda Guerra Mondiale, nei quali anche al convento mancava il necessario per la vita quotidiana. Il convento di Mdina si trasformò in un rifugio antiaereo e fu anche adibito in un cantiere di lavoro per i servizi civili. In queste condizioni “la vita nascosta in Dio con Cristo” di P. Avertano fu notata da molti che lo visitavano nella sua cella. Infatti, mai P. Avertano si lamentò delle scomodità né della mancanza di cibo e quant’altro a lui necessario nella sua condizione di infermità. La sua condizione doveva pesare molto sul suo carattere sensibile e delicato. Rassegnato alla volontà di Dio, mantenne un unico desiderio: quello di guarire per poter celebrare di nuovo la messa, suo sostentamento spirituale. 

A chi gli chiedeva se soffrisse, sempre indicava il crocefisso appeso al muro vicino al letto, dando a intendere la sua adesione alla croce di Cristo. Aveva scritto, infatti, negli appunti di un ritiro: “Siamo risoluti o Gesù di rinunziare a tutto per amor tuo, e abbracciati alla tua Croce vogliamo vivere e morire come te, privati dalle cose superflue di questo mondo, desiderosi delle cose celesti. Questo è l’nostro unico desiderio, pieni di speranza che un giorno saremo trovati degni di godere sempre della tua presenza in cielo per l’eternità, come tu ci hai promesso. Così sia.”  Qualche testimone indica che P. Avertano era desideroso di ricevere il martirio per amore di Gesù Cristo.

Morì nella notte tra il 31 ottobre e il 1 novembre 1943. Dopo il transito, il suo confessore dichiarò che mai P. Avertano peccò gravemente e nella notte del suo trapasso, verso le prime ore del 1 novembre, sognò P. Avertano in cielo, vestito con i paramenti liturgici bianchi, che stava celebrando la messa della Solennità di tutti i Santi. Per questo pensò che forse P. Avertano fosse passato alla vita eterna, come poi constatò al mattino. Cosa insolita pure a quei tempi, era il fotografare i funerali dei frati, come invece, si fece per il P. Avertano. La salma fu esposta nella sua cella per consentire l’ossequio dei confratelli e dei fedeli, accorsi a dare l’ultimo saluto al pio frate.

La fama di santità di P. Avertano non diminuì con la sua morte, anzi s’accrebbe nel tempo, con frequenti visite alla sua tomba, posta nella cripta del Carmelo di Mdina, da parte dei fedeli: chi per chiedere una grazia, chi per accendere un lumino, chi per portare fiori .

In occasione del venticinquesimo della sua morte, il 28 novembre 1968 l'arcivescovo di Malta, Mons. Michele, già suo penitente da sacerdote lettore nel seminario e nel periodo del suo episcopato a Gozo, presiedette alla riesumazione delle sue spoglie dalla cripta, con la partecipazione di molta gente, accorsa per la speciale occasione; l’evento fu anche filmato da una troupe televisiva e trasmesso sulla tv nazionale. I suoi resti mortali furono trasferiti in un sarcofago laterale della stessa cripta. Per via dei lavori di ristrutturazione e per consentire una migliore accessibilità ai fedeli che dal 1943 ininterrottamente visitano la sua tomba, nel 2014, per il settantesimo anniversario della sua morte, le spoglie di p. Avertano sono state traslate nella Chiesa del Carmine sovrastante la cripta, in un angolo della cappella del Crocefisso, dove tuttora i fedeli sostano in preghiera o vi giungono in gruppo, come pellegrini, spesso chiedendo immaginette, con le quali sfiorano il suo sepolcro. Lo stesso si deve dire della sua cella, dove si trovano alcuni suoi oggetti, come la sedia a rotelle e altre suppellettili personali. Ogni anno il 31 ottobre a Mdina, e da qualche anno anche a Mosta, si fa memoria dell’anniversario della sua morte, con notevole affluenza di fedeli.

La figura di P. Avertano merita di essere promossa per la beatificazione e canonizzazione per la validità della sua testimonianza di vita religiosa autentica, nella sua essenza di consacrazione radicale a Dio sui passi di Gesù Cristo. Inoltre egli visse lo spirito contemplativo del Carmelo in un modo ammirevole ed esemplare.

La sua figura perciò richiama i religiosi in modo generale all’essenziale della loro chiamata di essere profeti della presenza di Dio in mezzo al popolo. In particolare, poi, richiama il Carmelo alla dimensione contemplativa della vocazione carmelitana che si articola nell’impegno ad esercitarsi nell’offrire a Dio un cuore puro e ricevere da lui di gustare in questa vita le dolcezza della vita eterna. Mirabile la sua testimonianza, soprattutto per i religiosi e i sacerdoti, di purità di cuore e custodia della castità di mente e corpo, in un tempo travagliato in quest’ambito, dove la virtù della castità sembra venire attaccata da molte parti. Inoltre con la sua dedicazione al ministero della confessione e direzione spirituale non solo dei fedeli ma anche e soprattutto del clero e dei religiosi come anche  il suo fedele servizio di maestro dei novizi, richiama i pastori della chiesa a dedicarsi con slancio a questo ministero, giudicato dal magistero recente dei Sommi Pontefici, il Beato Papa Paolo VI e San Giovanni Paolo II come indispensabile incoraggiando la chiesa i suoi ministri a porre questo ministero in primo piano nella pastorale e a dedicare tempo ed energia a quest’opera, soprattutto nell’ambito del discernimento vocazionale.

Inoltre, in un tempo difficile per la famiglia, la vita e la figura di P. Avertano richiama anche l’importanza del focolare domestico, della famiglia, dalla quale egli ricevette la prima educazione nella fede e imparò dall’esempio dei genitori a vivere con semplicità la fede battesimale.

Inoltre, la sua testimonianza di serenità e la pace del cuore nella sofferenza fisica, causata dall’ictus che lo inchiodò al letto e alla sedia a rotelle per più di undici anni, è un’eloquente testimonianza sulla dignità della persona malata e invalida, in questi tempi nei quali si mette in discussione, sotto il pretesto della cosiddetta “qualità della vita”, la dignità della persona umana provata da malattie incurabili.

Il 2 febbraio 2017 il Vescovo di Malta ha aperto l'Inchiesta Diocesana avviando il processo canonico per la sua beatificazione.


Autore:
Padre Charḷ Camilleri O.Carm

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Aggiunto/modificato il 2017-02-14

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