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Don Santo Perin Sacerdote

Testimoni

Trissino, Vicenza, 3 settembre 1917 - Bando di Argenta, Ferrara, 29 aprile 1945

“Essere dolce con i fratelli. Cercarli, essere a loro disposizione... Sacrificarsi per loro, vegliare per loro, dare tutto...Mostrare sempre gioia ad aiutare...La tua mano si posi su di me, Signore, mi indichi la via e mi sorregga...”. Così scriveva nel suo diario don Santo Perin (1917-1945) che ancora piccolo era giunto con la sua famiglia da Trissino (VI), ad Argenta (FE), poco prima che i fascisti ne assassinassero il parroco don Giovanni Minzoni. Ordinato prete nel 1944, don Santo è inviato a Bando di Argenta (FE) nei i giorni drammatici della guerra, da lui vissuti con una dedizione assoluta, ricambiata dal grande l'affetto della gente. Scriveva nel diario: “Signore accetta la mia vita. Non avrò paura della morte. Il futuro è tuo. O Gesù con labbra tremanti parlo così: io cesso di vivere perché tu solo possa rivivere di nuovo per i fratelli”. Tra il 10 e il 18 aprile l'attacco definitivo delle forze alleate contro le ultime difese tedesche provoca rovina e morte anche nel piccolo paese di Bando. Don Santo celebrerà il rito di benedizione per quaranta vittime, aiutando lui stesso a scavare la fossa. Nel suo diario si sfoga: “Gesù, come faccio a consolare, confortare, ridare la vita ai morti”. Il 25 aprile 1945, gli dicono che lungo l'argine c'è il corpo di un soldato tedesco insepolto, e subito decide di andare a seppellirlo. C'è chi lo sconsiglia per la presenza di mine in quel posto, e, poi, il morto è... un nemico! Alcuni giovani, trascinati dal suo esempio, si offrono di seguirlo. Poco dopo la partenza si sente uno scoppio e si vede alzarsi del fumo. La gente accorre, uno dei giovani è morto dilaniato, don Santo giace a terra con le mani giunte investito in pieno dall'esplosione. Le schegge lo hanno colpito in tutto il corpo. A chi lo soccorre chiede di aiutare gli altri. Morirà il giorno dopo. Nel cippo, posto sul luogo della morte, sono incise le parole di Gesù: “Non c'è amore più grande di chi dà la vita per gli altri”.



Don Santo aveva delle priorità ben precise nella sua vita: compiere la volontà di Dio senza riserve, senza ma e senza se e sacrificarsi per i fratelli, dandosi tutto a tutti. La sua breve esistenza dimostra la coerenza che ebbe, sino alle estreme conseguenze, nel non retrocedere mai dagli impegni presi con Dio e con le anime.
Santo Perin nasce il  3 settembre 1917 a Trissino (Vicenza) da Crescenzio Luigi e Maria Miotti, il 9 settembre è battezzato al fonte della chiesa parrocchiale di Sant’Andrea Apostolo in Trissino. Ancora bambino, contava sette anni, lascia la sua cittadina e con la famiglia emigra ad Argenta (Ferrara). Sono anni difficili per l’Italia, i fascisti hanno creato un clima di terrore e repressione e a farne le spese, spesso, sono le persone oneste, le persone buone, le persone giuste: tra queste il parroco di Argentera, don Giovanni Minzoni, assassinato dai fascisti poco dopo l’arrivo dei Perin nella cittadina.
Santo cresce custodendo e alimentando nel cuore un grande amore per Gesù, un amore che gli fa maturare presto il desiderio di essere sacerdote, per questo all’età di sedici anni, il 28 novembre 1933, saluta i suoi e deciso, nonostante la giovane età, parte, pieno di entusiasmo e gioia per l’Istituto Missionario Salesiano “Cardinal Cagliero” di Ivrea (Torino). I primi anni di seminario trascorrono sereni, ma il 26 aprile 1936 una notizia lo raggiunge in quel di Ivrea, suo padre è morto, stroncato da un infarto che non gli ha dato scampo. È un dolore grande, improvviso ma affrontato con fede. Pochi mesi dopo questo tragico evento è costretto a rientrare in famiglia, ove si fermerà per un anno, per motivi di salute. Un anno dopo, il 15 ottobre 1937, entra nel Seminario Arcivescovile di Ravenna ove il 5 dicembre 1943 riceve il Diaconato e pochi mesi dopo, il 25 marzo 1944 realizza finalmente il sogno tanto sospirato: è ordinato sacerdote.  È nella chiesa arcipretale di Piangipane (Ravenna), dove il Seminario è sfollato presso la villa estiva per motivi bellici, che riceve, per l’imposizione delle mani del Vescovo Ausiliare Mons. Angelo Rossini, il  Presbiterato e con lui altri sei compagni. Il 17 giugno termina gli studi teologici e lascia il Seminario che per più di sei anni era stato per lui, casa, scuola, palestra di vita e di ministero. Arriva a Bando di Argenta (Ferrara) con funzione di vicario cooperatore (comunemente detto cappellano) del parroco don Enrico Ballardini. Don Enrico però è un sacerdote ormai molto anziano e pochi mesi dopo l’arrivo di don Santo muore. Così il Perin resta unico responsabile della parrocchia.
È un sacerdote attento ai bisogni dei suoi parrocchiani, è sollecito nell’attendere ai suoi doveri e in quegli anni terribili e angosciosi della guerra don Santo è un punto di riferimento per i fedeli di Bando di Argenta, che gli dimostrano affetto sincero e stima. Nel suo diario leggiamo la sua paura dinanzi ai fatti drammatici che quotidianamente sconvolgevano l’Italia, ma allo stesso tempo vi scorgiamo il coraggio di chi dice: “Signore accetta la mia vita. Non avrò paura della morte. Il futuro è tu”. Tra il 10 e il 18 aprile l’attacco definitivo delle forze alleate contro le ultime difese tedesche provoca rovina e morte anche nel piccolo paese di Bando. Don Santo celebrerà il rito di benedizione per quaranta vittime, aiutando lui stesso a scavare la fossa. Il 25 aprile 1945, viene a sapere che lungo l’argine del canale Benvignante c’è il corpo di un soldato tedesco insepolto, e subito decide di andare a seppellirlo. C’è chi lo sconsiglia per la presenza di mine in quel posto, e, poi, il morto è un tedesco, un nemico a chi importa di lui?! A don Santo importa eccome, perché il Vangelo a insegnargli che i nemici vanno amati. Alcuni giovani, trascinati dal suo esempio, gli offrono il loro aiuto. Poco dopo la partenza si sente uno scoppio e si vede alzarsi del fumo. La gente accorre, uno dei giovani è morto dilaniato, il suo nome è Giuseppe Filippi, per i compaesani Pino. Don Santo giace a terra con le mani giunte, investito in pieno dall’esplosione. Le schegge lo hanno colpito in tutto il corpo. È ancora vivo, ma a chi lo soccorre chiede di aiutare gli altri. Il giorno dopo muore all’ospedale di Argentera. Nel cippo, posto sul luogo della morte, sono incise le parole di Gesù: “Non c’è amore più grande di chi dà la vita per gli altri”.  Viene sepolto nel cimitero di Argenta (Ferrara). Il 20 aprile, 2002 le sue spoglie mortali sono traslate nella chiesa parrocchiale di Bando di Argenta.


Fonte:
www.minimepaola.it

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Aggiunto/modificato il 2024-03-27

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