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Madre Marina Videmari Cofondatrice

Testimoni

Milano, 22 agosto 1812 - 10 aprile 1891

Marina Videmari nacque a Milano il 22 agosto 1812. Nel 1837, durante un ritiro spirituale, incontrò monsignor Luigi Biraghi, all’epoca direttore spirituale del Seminario di Milano (Beato dal 2006). Assecondò il suo originale progetto educativo, che portò alla fondazione delle Suore di Santa Marcellina, più note come Suore Marcelline. Donna forte, operosa e generosa, madre Marina visse la carità evangelica nell’insegnamento alle fanciulle e nel servizio all’autorità. Fu la prima Superiora generale dell’Istituto fino alla morte, avvenuta a Milano il 10 aprile 1891. Le sue spoglie mortali riposano nella cappella del primo collegio delle Marcelline, a Cernusco sul Naviglio.



L’infanzia
Marina Giuseppa Antonia Videmari nacque a Milano il 22 agosto 1812. Ricevette il Battesimo lo stesso giorno della nascita, presso la parrocchia di Santa Tecla nel Duomo di Milano, in quanto la sua famiglia abitava nella zona dell’attuale Galleria Vittorio Emanuele. I suoi genitori erano Andrea Videmari, di professione “cava macchie” e profumiere, e Maria Guidetti, sposata in seconde nozze il 4 settembre 1811. Dalla loro unione nacquero undici figli, tre dei quali morti in tenera età: dei sopravvissuti solo Daniele, il maggiore, si sposò.
Non si hanno notizie certe sulla sua infanzia; plausibilmente, non fu diversa da quella delle ragazze dell’epoca appartenenti al suo stesso ceto sociale; in più, essendo la prima figlia femmina, doveva collaborare ad accudire i fratelli minori.

La vocazione
Di certo, come ricorda ella stessa, stava iniziando a pensare alla vocazione religiosa: precisamente, avrebbe voluto entrare nel monastero milanese della Visitazione. Tuttavia, dopo essersi ammalata di una strana e intermittente febbre, ricevette il diniego da parte dei suoi genitori e della zia paterna, sua madrina di battesimo.
Prostrata dalla malattia, nell’autunno probabilmente del 1837 (non, come ella stessa annota erroneamente, nel 1835) chiese di poter almeno partecipare a un corso di Esercizi Spirituali presso la canonica della basilica di Sant’Ambrogio. Lì una religiosa estromessa dal suo convento a causa delle soppressioni napoleoniche, suor Maria Maddalena Barioli, teneva una scuola e un oratorio festivo per le ragazze (nel 1844, in quello stesso luogo, fondò le suore Orsoline di San Carlo) che Marina stessa frequentava.

L’incontro con monsignor Luigi Biraghi
La ragazza non sapeva chi fosse il sacerdote che avrebbe predicato gli esercizi: fu quindi molto sorpresa nel trovarsi di fronte monsignor Luigi Biraghi, amico dei suoi genitori, all’epoca direttore spirituale del Seminario di Milano. Inizialmente dubbiosa se aprirsi a lui o meno, appunto per il legame che l’univa alla sua famiglia, alla fine si confidò, tacendo però l’aspetto della vocazione.
Il sacerdote, quasi leggendole nel cuore o informato da qualcun altro, comprese il suo desiderio interiore e l’invitò a restare altri quindici giorni presso la canonica, il tempo di ottenere il consenso da suo padre.

Una novena, poi la decisione
Nel corso dei giorni, monsignor Biraghi e suor Barioli si convinsero che Marina non aveva il carattere adatto per il chiostro: la ritenevano più adatta per la vita attiva. Davanti a quelle sollecitazioni, lei chiese di poter proseguire nella preghiera, con una novena ai santi Ambrogio e Marcellina, recandosi ogni giorno presso i loro resti mortali. Terminati i nove giorni, si sentì rasserenata e disposta ad accettare la volontà di Dio nella voce di quel sacerdote.
Sul tramonto del nono giorno, monsignor Biraghi le chiese: «Che cos’avete deciso, o Marina?». «Suora di Carità, Suora Maestra, Missionaria, celo dico io, signor Direttore: leggo l’anima alla mia Marina e non m’inganno», l’anticipò suor Maria Maddalena. Ma il sacerdote voleva sentirlo dire da lei stessa: «È vero? dovete dirlo voi, Marina». A quel punto, lei rispose: «Sì, con la grazia di Dio, mi sento disposta a tutto».
Così, lui s’incaricò di sistemare la faccenda coi suoi genitori: appena tre giorni dopo, tornato in canonica, le annunciò che la sua vita religiosa sarebbe cominciata l’indomani. Ai suoi comprensibili dubbi sull’andar via senza salutare nessuno e senza prendere il corredo, ribatté: «S. Pietro, chiamato da Cristo a seguirLo, lasciò barca e reti… e voi?». A quel punto, non le restava che obbedire.
Il luogo che monsignor Biraghi aveva destinato per Marina era la casa delle sorelle Teresa e Gioconda Bianchi, di professione maestre, che gestivano un convitto a Monza. Al mattino studiava, poi assisteva le convittrici nelle loro attività: fu così che comprese di essere incline a quel genere di vita.

Un nuovo progetto
Un giorno ricevette la graditissima visita del Biraghi, che voleva metterla a parte di un suo progetto: acquistare un terreno a Cernusco sul Naviglio, per costruirvi una casa con una cappella, dove lei e altre giovani avrebbero provveduto all’educazione delle bambine e alla propria santificazione. Senza il suo assenso, però, non avrebbe mai proceduto all’acquisto.
Anche in preparazione a quella nuova vita, Marina affrontò il tirocinio necessario per diventare maestra. Nel luglio 1838, tornò a Sant’Ambrogio per frequentare la scuola comunale di via Bassano Porrone, ma nel bel mezzo del tirocinio venne colpita da una triste notizia: la morte della sua carissima amica Angelina Valaperta, che avrebbe dovuto essere tra le sue prime compagne.

Il diploma da maestra
Abbattuta dal lutto e dalla calura estiva, accettò l’invito della maestra che aveva sostituito ad anticipare gli esami, che superò brillantemente; restava solo da comunicarlo a monsignor Biraghi che, da parte sua, avrebbe preferito che lei aspettasse.
Ignaro della sua decisione, un giorno venne a trovarla insieme al direttore della scuola, don Luigi Moretti, per invitarla a restare a Milano fino a primavera. Quando lei mostrò ad entrambi i due diplomi conseguiti, i sacerdoti si guardarono e commentarono: «Questa giovane ha sortito un carattere da impensierire».

La nascita delle Suore di Santa Marcellina
Per riprendersi, Marina rimase a Milano per seguire un corso di Esercizi, ma nel frattempo venne a sapere da Teresa Bianchi cattive notizie circa altre tre postulanti. Sempre più angosciata, tornò a Monza e rimase in attesa di sapere quando avrebbe potuto andare a Cernusco.
Finalmente, il 19 settembre 1838, arrivò una breve lettera da monsignor Biraghi: sarebbe venuto a prenderla tre giorni dopo, insieme ad altre due ragazze. Così, sabato 22 settembre, ebbe inizio il cammino di quello che sarebbe diventato l’Istituto delle Suore di Santa Marcellina, più note come Suore Marcelline. Come la vergine Marcellina educò i fratelli Ambrogio e Satiro, così Marina e le sue compagne avrebbero accolto le loro educande e contribuito a farle diventare donne riuscite e madri felici.
Da qui in poi, la vita di Marina non può essere scissa da quella del suo Istituto, che ottenne l’erezione canonica da parte del governo austriaco, a causa delle norme dell’epoca. Il 13 settembre 1852, insieme a ventiquattro consorelle, compì la professione religiosa alla presenza dell’arcivescovo Romilli. In quel numero era compresa una delle prime ex alunne, Maria Anna Sala, che si distinse per virtù e venne dichiarata Beata nel 1980.

L’espansione dell’istituto
Nell’ottobre 1854, suor Marina si trasferì a Milano, per dirigere il nuovo collegio di via Quadronno, mantenendo, allo stesso tempo, il compito di Superiora principale dell’istituto. Sotto il suo governo vennero aperti, oltre ai già esistenti collegi di Cernusco e Vimercate, anche quelli di Genova, Chambery, per le alunne che dovevano perfezionare il loro francese, e Lecce.
Inoltre, nel 1859 si adoperò, insieme ad altre diciannove consorelle, per assistere i feriti della seconda guerra d’indipendenza nell’ospedale militare di San Luca, fatto che le valse la medaglia d’argento da parte di Napoleone III.

La morte di monsignor Biraghi e la sua eredità
L’11 agosto 1879 le Marcelline e le loro allieve persero monsignor Biraghi, da tempo ammalato. Madre Marina, incoraggiata dall’arcivescovo Nazari di Calabiana e dal cardinale protettore dell’Istituto, Gaetano Alimonda, assunse su di sé la responsabilità di tutta l’opera.
Fedele alle consegne del Fondatore, voleva che le sue suore fossero «umili, semplici, bonarie» perché, come scrisse nei suoi ricordi biografici, «Il mondo è cattivo, ma vogliono le suore sante e di buona grazia, due doni che ottengono prodigi in giornata anche con i prepotenti». A questo scopo istituì, nello stesso anno, il Seminarietto femminile, per preparare al meglio le adolescenti alla scelta della vita religiosa e fornire loro un’adeguata formazione culturale e spirituale, lasciando però alle suore la libertà di interrompere eventualmente l’iniziativa alla sua morte.

La morte di madre Marina
Ma le sue condizioni fisiche erano ormai declinanti. Già a gennaio prese a sentirsi male, ma, dopo essersi ripresa, a marzo venne colpita da una polmonite. Ormai vicina al trapasso, chiamò a sé le suore superiore e lasciò, a loro e a tutte le altre consorelle, un’ultima esortazione: «Coraggio!».
Così, confortata dalla benedizione del Papa e dell’Arcivescovo e dopo aver ricevuto gli ultimi sacramenti, lasciò questo mondo nella casa di via Quadronno a Milano, alle due del mattino del 10 aprile 1891.
Dal 26 marzo 1951 le sue spoglie, traslate insieme a quelle di monsignor Luigi Biraghi (beatificato nel 2006), riposano nella cappella della prima casa di Cernusco, dove dal 2 maggio 1940 sono venerate anche quelle di suor Maria Anna Sala.

Le Suore Marcelline oggi
Le Marcelline proseguono il compito educativo consegnato dai loro fondatori non solo in Italia, ma anche oltre i confini nazionali: contano case in Brasile, Canada, Messico e Benin. In Europa hanno presenze in Inghilterra, Svizzera e Albania. La Casa generalizia è a Milano, in piazza Cardinal Andrea Ferrari 5.


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2016-12-03

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