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Antonio Mandolini Laico

Testimoni

Recanati, Macerata, 22 giugno 1911 - Pesaro, 22 dicembre 1974


Antonio Mandolini nasce a Recanati (Mc) il 22 giugno 1911. Quando Antonio ha solo tredici mesi, il padre parte per l’America e lui rimane in Italia con la madre che si dedica completamente al figlio. A scuola Antonio è un bambino esemplare, sia per quel che riguarda il profitto, sia per la condotta. Comincia a frequentare l’Oratorio S. Filippo e più tardi, costituitasi l’Azione Cattolica, vi si iscrive ed è animatore infaticabile. Sente profondamente la nostalgia del padre lontano e gli invia lettere commoventi. Alla fine della prima guerra mondiale, il padre torna in Italia con grande felicità di Antonio e poco dopo la famiglia gioisce anche per la nascita di un secondo bambino, Giovanni.
Terminato il liceo classico in anticipo di un anno, ad Antonio viene consigliato di iscriversi alla facoltà di Lettere, ma lui sceglie Medicina perché ritiene che esercitando questa professione possa essere maggiormente utile agli altri. Conseguita la laurea, parte per il servizio di leva e frequenta il corso di allievi ufficiali. Finito il servizio militare, fu medico condotto a Cossignano, Offida, poi a Castignano e infine a Montefano. In seguito, come medico a servizio dell’Azienda Petroli (AGIP), fu mandato a Devoli, in Albania, dove l’azienda aveva una infermeria per l’assistenza ai suoi dipendenti. Scoppiata la seconda guerra mondiale, l’infermeria venne militarizzata, divenendo ospedale militare a supporto dei soldati italiani in quelle terre e Antonio fu arruolato come Tenente Medico. Come ebbe a ricordare Suor Pasqualina Auciello, assegnata con altre consorelle a quella struttura, Antonio, puntuale, ogni giorno serviva la S. Messa, faceva visita a Gesù Sacramentato e non tralasciava mai la recita del Santo Rosario. (…)
Dopo l’8 settembre e l’armistizio, i medici e le suore dell’Ospedale rimasero per 13 mesi prigionieri dei tedeschi, circondati da massicci bombardamenti, sotto un estenuante lavoro per i molti feriti e subendo continue minacce di morte per favoreggiamento dei partigiani. Antonio non perse mai la sua serenità basata sulla fiducia nel Signore e nella Madonna, alla quale era intimamente legato dalla recita quotidiana del S. Rosario. Quella serenità condita di giovialità, frutto del suo continuo autocontrollo, ispirava fiducia e speranza nei 1200 prigionieri di quel campo di concentramento, che Antonio curava con immensa amorevolezza. Malgrado le terribili ristrettezze imposte dalla legge marziale tedesca, gli stessi ufficiali e militari di Hitler nutrivano molta stima nei suoi confronti, dovuta principalmente al suo contegno modesto, sereno e dignitoso insieme. Nel novembre 1944, ritiratisi i tedeschi, i medici e le suore divennero prigionieri dei comunisti. Il Dottor Mandolini e le suore furono condannati alla fucilazione, rinviata poi di giorno in giorno. (…) Miracolosamente, un giorno, la sua condanna a morte venne commutata a 20 anni di dura prigione e isolamento assoluto. Due anni dopo, invece, per interessamento del Governo italiano rimpatriò, e potè finalmente abbracciare i genitori e il fratello Giannetto. Tornato alla vita civile, si stabilì definitivamente a Pesaro e in parrocchia, in diocesi, nell’Azione Cattolica, di cui fu Presidente diocesano all’inizio degli anni ‘70, nei Movimenti Medici e Laureati Cattolici, nella Società S. Vincenzo de’ Paoli, nella libera professione e nell’INAM, nel Comitato Civico e nel Partito della DC fu sempre a disposizione degli altri. La sua affabilità, semplice, cordiale e aperta, gli attirava immediata corrispondenza di stima e affetto in chiunque lo incontrasse, così come l’amore delicato e profondissimo verso la signora Cia, sua consorte. Di lui colpiva l’amabilità e al tempo stesso la vivacità di spirito che lo portava a non sprecare e a non far sprecare un attimo di tempo. (…) Nessuno l’ha mai visto inquieto o anche appena spazientito: nell’esprimere opinioni, nel dare giudizi, nel suo personale comportamento, ovunque dimostrava l’equilibrio della persona che trae forza e ragione di vita dalla consapevolezza di essere strumento nelle mani di Dio. Bastava solo incontrarlo per strada per avere chiara la sensazione che tutta la sua persona era protesa verso il Cielo, in una costante meditazione e preghiera. (…)
La sua vita di preghiera spiega tutto il resto: la sua vita morale, ascetica e di progressiva interiorità e spiega anche il carattere costantemente lineare della sua azione pubblica e apostolica. Esemplare fu anche il suo senso della Chiesa. Cattolico obbediente, legato in maniera totale alla gerarchia, viveva il suo carisma laicale con libertà e responsabilità, in un profondo e incondizionato amore alla Chiesa e in una larga capacità di servizio. (…) La lezione più bella che egli ha lasciato, a sacerdoti e laici, è stata la testimonianza del suo grande amore per l’uomo. Egli fu amico di tutti e tutti sentivano che la sua generosità non era un gesto superficiale di cordialità, ma il dono sincero di se stesso, a loro e a Dio. Perché l’amore per l’uomo è la vera grande prova, l’unica credibile, dell’amore verso Dio.
Il Dott. Antonio Mandolini morì a Pesaro, il 22 dicembre 1974.


Fonte:
www.azionecattolica.it

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Aggiunto/modificato il 2010-07-26

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