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Padre Raimondo Spiazzi Domenicano

Testimoni

Moneglia, Genova, 8 gennaio 1918 - Varazze, Savona, 24 ottobre 2002


Se n’é andato all’incontro con Dio, il 24 ottobre 2002, il P. Raimondo Spiazzi, domenicano, una vita straordinariamente densa di luce e di buone opere. Sempre caro mi fu il suo nome da quando negli anni ‘60 del secolo scorso, fu superiore provinciale dei Domenicani di Piemonte e Liguria, ma potei conoscre la sua magnanimità, assai da vicino, quando nel 1982, si interessò per pubblicare, dopo averne scritta la prefazione, un mio volumetto biografico dedicato alla giovanissima Cérès Syndika (1875-1904), convertita dalla confessione ortodossa alla Chiesa Cattolica e diventata suora domenicana a Asti. Più ancora conoscemmo “il cuor ch’egli ebbe”, quando volle scrivere la prefazione alla biografia del Servo di Dio P. Giuseppe Girotti, morto a Dachau nel 1945.
Quelle brevi pagine furono per me rivelatrici di un maestro dottissimo che aveva incentrato tutta la sua vita in Gesù Cristo: “Sono sicuro - scriveva - che coloro che leggeranno queste pagine, sentiranno vibrare dentro di loro una certa corda, forse per lungo tempo dimenticata: in quel momento cerchino e sappiano dire di sì a Gesù”.
Ma la grandezza di P. Spiazzi potemmo conoscere e apprezzare alla lettura di alcuni suoi libri, fra cui ci limitiamo a sceglierne due.
 
Gesù al centro
Il primo è “Cristo nella spiritualità domenicana” (Ed S. Sisto vecchio, Roma, 1967), in cui l’Autore, partendo dalla triade S. Domenico di Guzman, S. Tommaso d’Aquino e S. Caterina da Siena, in cui è fissata e si può cogliere l’essenza della spiritualità domenicana, evidenzia come Gesù è il centro - anzi l’Unico - nella vita di coloro che hanno scelto S. Domenico come guida nella via della perfezione.
“Il nostro spirito è penetrato e improntato dal “sensus Christi”, da un’adesione totale a Lui, Mediatore e Salvatore, da una comunione intima con Lui, “Via, Verità e Vita”.
Per tutto il libro, P. Spiazzi illustra come la Veritas ispiratrice e plasmatrice di tutta la vita domenicana è Cristo, studiato, e amato appassionatamente da S. Domenico, adorato, contemplato, insegnato e cantato (nel suo mistero eucaristico) da S. Tommaso, e ascoltato e seguito da S. Caterina, come “dolce prima Verità)”, da lei misticamente sperimentato e apostolicamente servito come “Cristo-Amore”. A Lui, Salvatore e Redentore, mirerà sempre, come a capo e maestro e centro del proprio pensiero e della propria vita l’anima domenicana”.
Non solo il domenicano, ma ogni credente, ogni uomo è chiamato a stare ai piedi del Crocifisso e a raccoglierne il Sangue grondante dal suo Cuore e dalle sue piaghe - i Sacramenti, la Grazia santificante, l’intimità con Dio, tutti i doni di redenzione e di santità personale e di rinnovamento sociale - come il Beato Angelico raffigurò S. Domenico prostrato davanti a Lui, con lo sguardo intensamente contemplativo, espressione di un’anima assetata di quel suo Sangue divino.
Già in queste pagine dense e pure di facile lettura, appare il ritratto di P. Raimondo Spiazzi: il domenicano che cerca le origini del suo Ordine, la Tradizione domenicana all’inizio con il santo Fondatore, e quale Maestro S. Tommaso d’Aquino e S. Caterina da Siena hanno teorizzato e vissuto.
Anch’egli come il Fondatore e Padre, vuol essere “Dominicus”, cioè tutto del Signore.
 
La difesa della Verità
L’altro testo in cui appare tutto il pensiero - e la ricchezza interiore - di P. Spiazzi, è il bellissimo studio su “Natura e grazia. Fondamenti dell’antropologia cristiana secondo S. Tommaso d’Aquino” (Ed. Studio Domenicano, Bologna, 1991).
Persona notoriamente mite e pacata, in questo libro - che è la tesi di laurea del Nostro, risalente al 1947, riveduto e ristampato nel 1991 - l’Autore in semplicità e letizia ma con molta franchezza, appare davvero uno dei più attrezzati pugiles fidei, come Papa Onozio III, definì i Domenicani fin dalla loro nascita nel 1216: un lottatore che affronta con ardore (Domini canis!) senza irenismi di sorta, problemi e minacce per la fede della Chiesa.
Fin dall’introduzione, P. Spiazzi rivela la sua attenzione e la passione con cui segue l’evolversi del pensiero teologico nella vita della Chiesa. Non gli è sfuggita - ché anzi proprio lì si appunta - l’offensiva “pelagiana” in atto negli ultimi anni - denunciata anche con energia dal Card. Ratzinger (oggi Papa Benedetto XVI) - pelagianesimo per cui l’uomo potrebbe salvarsi da solo senza la Grazia sanante, elevante e santificante.
È sempre più difficile oggi e più raro, sentir parlare della Grazia, come elevazione dell’uomo all’ordine soprannaturale, quasi che l’uomo da solo bastasse alal propria elevazione.
Il libro presenta al classica e chiara visione tomista dell’antropologia: sono particolarmente interessanti i capitoli 7° e 8°, rispettivamente dai titoli: “Il problema dei rapporti tra natura e soprannatura” e “In quale senso si può parlare di capacità dell’uomo al soprannaturale”. Si tratta di questioni fondamentali della vita umana - purtroppo e con enorme danno messe al bando da tanta “teologia” contempoanea, ma avvertite, a volte, con senso drammatico da esistenze non ancora giunte alla fede.
“Ci volevano costoro per richiamare l’attenzione - scrive nell’introduzione l’Autore - sull’equivoco sottostante al mito di una società capace di realizzare con le sole sue forze la salvezza dell’uomo (…). Ma possiamo ricordare che già il Card. Giuseppe Siri, nel suo Getsemani, aveva parlato di pelagianesimo a proposito dell’umanesimo teologico di alcuni grossi ecclesiastici sulla cresta dell’onda”.
Quasi commuove come P. Spiazzi non si dia pace per come, purtroppo anche in campo cattolico, si sia potuto così in fretta mettere da parte S. Tommaso - con la sua realistica impostazione del rapporto Natura/Grazia. Il risultato di queste “avventure teologiche” è la negazione del dogma del peccato originale - così come l’ha definito la Chiesa, che volle da una parte condannare le posizioni del luteranesimo, e dall’altra portare un forte argine all’errore di Pelagio (Denzinger, 1511-1515).
“Anche oggi - afferma P. Spiazzi - la cultura dominata dalla concezione filosofica del valore della persona, della sua libertà, della sua capacità di auto-realizzazione nella vita individuale e in quella sociale, è ostile all’idea di un peccato ereditario, legato alla trasmissione della natura, indipendentemente da una consapevolezza e responsabilità del singolo e cancellabile solo a opera di Gesù Cristo e del Battesimo”.
È la negazione stessa del Cattolicesimo - è la negazione dell’opera della Redenzione operata da Gesù sulla croce e la conseguente negazione dei Sacramenti, dal Battesimo alla Confessione all’Eucaristia allo stesso Ordine Sacro, in quanto l’uomo, resosi dio a se stesso non ha bisogno di alcuna salvezza. A questo punto, il discorso di P. Spiazzi ritorna a Gesù, l’Uomo-Dio, l’unico Salvatore dell’uomo e della società, così come appare luminoso nell’sistenza del santo, cioè nell’uomo completamente rinnovato e santificato da Cristo: “Nella Grazia di Cristo, il santo ha trovato l’equilibrio e la salute del suo essere naturle”.
 
Chi è il santo?
“Nessun quietismo rinunciatario nel santo, che è il vero cristiano, come nessuna presunzione delle sue forze. Nessuna maledizione al tempo e alla terra, come nessun infeudamento nella realtà che passa. Il santo ricco di energie divine opera con amore e con sacrificio, come fermento che rinnova la faccia della terra. Se gli uomini capiranno, oggi, questo senso profondamente umano del Cristianesimo, non cercheranno di attuare nuovi umanesimi illusori, con atto di pericolosa superbia, fuori di Dio, nella lontananza da Cristo”.
Ne consegue, che va riportato al centro del discorso sulla Grazia santificante, sulla redenzione dal peccato, sulla “nuova vita - la vita divina - “in Christo Jesu”, così come i tralci sono inseriti nella vite e non tollerano di esservi separati dal peccato.
Conclude P. Spiazzi, e questo ci sembra il messaggio più alto e più bello che egli ci ha lasciato: “Oggi è necessario che, cadute le obiezioni anti-soprannaturali, finalmente gli uomini accettino questa generosa “amicizia all’uomo” che Cristo offre, facendoci non solo figli di Dio, ma anche veri uomini, nel divino e nello stesso tempo “umanissimo” nuovo ordine della Grazia”.
È stata questa la vita vissuta da lui che ricordiamo con profonda nostalgia così come l’abbiamo un giorno sentito colloquiare - lui insigne teologo - con un gruppo di bambini alla “Colonia Porta Paradisi” di Bardonecchia (Torino), ai quali aveva tenuto un’amabilissima istruzione su Gesù. Alla fine i piccoli impertinenti gli dissero tra l’altro: “Che bel Crocifisso ha appeso al tuo Rosario! Ce lo fai baciare?” P. Raimondo Spiazzi lo porse al bacio di tutti, dicendo agli adulti là presenti: “Vedete? Questa è la nostra missione: donare Gesù!”.


Autore:
Paolo Risso

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Aggiunto/modificato il 2009-12-27

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