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Serva di Dio Maria Giovanna (Camilla) Antonietti Cofondatrice

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Verampio, Verbania, 5 gennaio 1809 - Borgomanero, Novara, 13 novembre 1872


Maria Camilla Antonietti nacque a Verampio, in una semplice baita di un piccolo borgo della Valle Antigorio Formazza, tra Baceno e Crodo, il 5 gennaio 1809. Fu battezzata il giorno seguente, festa dell’Epifania del Signore, a Crodo. Venne poi cresimata a sei mesi, perché si temeva per la sua salute, ma quella bambina di montagna scriverà una bella pagina della storia della Chiesa.
Le qualità che la distinsero fin da ragazza furono una grande pietà e una solerte operosità. Erano innate: le chiese, tra le sue valli, rappresentavano gli edifici più importanti e il lavoro scandiva ogni giornata. Cappelle o semplici edicole costeggiavano ogni sentiero e, avvolti dal silenzio e dal miracolo della natura, invitavano alla meditazione. Il semplice e duro lavoro della montagna scandiva la vita della giovane Camilla che però, all’età di ventitre anni, inaspettatamente, prese un altro corso. Un sacerdote straniero, Giovanni Battista Loewenbruck, collaboratore del beato Antonio Rosmini che era al Calvario di Domodossola, predicando in Val Formazza, la conobbe e la incoraggiò ad abbracciare quella vocazione che aveva intravisto nel suo cuore. Camilla risponde di sì, seguendolo a Domodossola.
La prima destinazione per la giovane suora, che prese il nome di Maria Giovanna, fu Torino, presso i Marchesi Giulia e Tancredi di Barolo che nel loro splendido palazzo avevano aperto un asilo per i bambini delle famiglie povere della città. Camilla aveva poca istruzione, ma i Barolo intuirono le sue doti di intelligenza e saggezza. L’avrebbero voluta fondatrice di un loro Istituto, ma lei preferì tornare tra le sue montagne. Antonio Rosmini si occupò della formazione della nascente congregazione delle Suore della Provvidenza: era necessario formarle alla vita religiosa e prepararle come insegnanti. Il noviziato di Giovanna non fu lungo, il beato ne intuì le doti e a soli ventotto anni la nominò superiora. La giovane Madre affrontò situazioni difficili, dovette spesso trattare con le autorità mentre le case si moltiplicavano. Divenne il riferimento delle compagne, attenta ad ogni necessità, le aiutava nelle fatiche, curava le ammalate sostenendole anche nelle prove dello spirito. Affrontò lunghi e faticosi viaggi per visitare le numerose comunità, ma non disdegnava di occuparsi anche degli animali del convento. Fu madre affettuosa per le giovani educande di Domodossola e di Borgomanero e allo stesso tempo seppe con fermezza accogliere i garibaldini che sostarono per una notte in convento. Di lei Rosmini disse alle consorelle: “So qual madre vi ho dato, imitate le sue virtù”. Il beato morì nel 1855, lasciandole la responsabilità dell’Istituto per diciassette anni.
Madre Giovanna tornò dal Padre Celeste il 13 novembre 1872. Le sue spoglie si trovano nel sepolcreto interno della Casa Madre di Borgomanero.

Autore: Daniele Bolognini

 


 

“Regnum Dei sine observatione”. Il Regno di Dio avviene senza essere notato. Perché ciò che di esso si vede è il rivestimento temporale di ciò che soltanto e sempre, intimamente e operativamente, è “storia della salvezza”. Se non ci fosse vitale in noi l’istinto dello Spirito Santo, neppure noi battezzati ci accorgeremmo del suo accadere, del suo procedere e svilupparsi. E diremmo il quotidiano “adveniat” senza riconoscerlo, senza goderne, senza deliberare di mantenerci nella sua corrente.
Sto pensando alla mia sorella maggiore suor Maria Giovanna Antonietti di Baceno (Verbania), nata il 5 gennaio 1809 in località Verampio e battezzata il giorno seguente, solennità dell'Epifania del Signore, e cresimata sei mesi dopo perché troppo fragile e a rischio di volarsene in Cielo prima che il suo abito nuziale risplendesse in pienezza: la pienezza dello Spirito Santo.
Sono trascorsi duecento anni da quella nascita, ma non da quella presenza, la quale continua oggi nelle Suore della Provvidenza, comunemente chiamate Rosminiane, da lei formate alle origini, dietro la direzione del grande maestro ed educatore Antonio Rosmini, e ora disperse nei cinque continenti. Era una pastorella, sapeva leggere ma non scrivere, parlava il suo dialetto e la lingua Valser, aveva voluto iscriversi a tutte le confraternite della comunità locale, trascorreva la settimana all’alpe col gregge, e la domenica scendeva per consacrarla alla preghiera e alla famiglia. Andava a confidare il suo amore a Gesù Crocifisso nel locale oratorio di Sant’Antonio.
Quando la incontrò don Giovanni Battista Loewenbruck, il primo compagno di Antonio Rosmini nella fondazione al Calvario della Società della Carità, lei vide chiaro come poteva darsi interamente e concretamente a Cristo, rendendosi mediatrice del suo amore verso tutti. A 23 anni fu la prima discepola del “maestro dello spirito” (così lo definì Giovanni Paolo II nell’enciclica Fides et ratio) Antonio Rosmini, fu la prima Suora della Provvidenza.
Aveva una tale tempra morale e religiosa, che le meritò di essere la prima educatrice nel primo asilo d’infanzia d’Italia, aperto nel 1832 in Torino da Giulia Colbert, sposa del Marchese di Barolo. E come per propaggine della sua sapienza e virtù, e con la collaborazione delle sue consorelle, altri asili si aprirono in Torino; e anche a Stresa per l’iniziativa benefica di Anna Maria Bolongaro.
Nel 1835 fu inviata da Rosmini a Biella per fondare comunità di servizio nella Chiesa Biellese, dove Mons. Losana non vedeva confini per la sua carità sociale. Il magnanimo Vescovo concepì tale stima di suor Giovanna e, attraverso di lei, delle Suore della Provvidenza, che volle nella sua diocesi altre comunità di queste operose giovani: una in Biella Alta per le scuole popolari e l’asilo, e due in Biella Bassa, per la conduzione di un orfanotrofio e di una casa di accoglienza per ragazze povere. In seguito introdusse le suore rosminiane in parecchi altri paesi. Suor Giovanna aprì orfanotrofi, scuole, scuole di cucito, gruppi di formazione per le giovani collaboratrici famigliari, e soprattutto asili, e tantissimo altro.
La rivoluzione industriale aveva strappato uomini e donne alle campagne e ai monti per popolare le città di disoccupati in cerca di lavoro nelle fabbriche appena aperte. Operai e operaie vivevano la giornata in fabbrica, e a fine lavoro riuscivano solo a buttare le membra stanche su un pagliericcio.
Non avevano il tempo reale per curare i figli, educarli, nutrirli, farli giocare, dar loro l'esperienza di famiglia che fa amare la vita e rende volenterosi e intraprendenti. Suor Giovanna e le sue compagne si alzavano presto al mattino per aprire il loro convento ai piccoli assonnati che le mamme affidavano loro prima di andare in fabbrica col cuore messo in pace. E a tarda sera ancora loro li restituivano alle mamme ordinati, nutriti, divertiti e con nuove conoscenze nelle testoline.
Temprata da questo esercizio assiduo di carità non esente da molte prove interiori e fatiche fisiche, in cui la pastorella affrontò la sontuosa capitale del regno dei Savoia, e la giovanetta di montagna sostenne i raffinati abitatori dei palazzi, e la ragazzina che neppure aveva frequentato regolarmente la scuola invernale del paese fu maestra a bimbi e giovani, sorella alle mamme, guida spirituale e pratica alle sue compagne, lei fu scelta da Rosmini, a 28 anni soltanto, nel 1837, ad essere la prima Superiora Centrale delle Suore della Provvidenza. La chiamavano semplicemente Carissima.
Discepola tanto docile da diventare sapiente e risoluta in ogni circostanza, la sua virtù fece pensare a Rosmini che era giunto il tempo di far procedere quella appena nata congregazione femminile in un modo pressoché autonomo, secondo il grande principio cristiano della sussidiarietà. Egli che inizialmente dirigeva le suore direttamente e poi mediante un sacerdote suo rappresentante, vide in suor Giovanna la religiosa capace di rappresentarlo presso le sorelle, capace di esprimere fedelmente lo spirito e la natura dell’Istituto da lui fondato. Si ritirò quindi gradualmente dalla direzione immediata delle suore, e quando una di queste gli chiese di seguirle ancora direttamente, rispose: «So quale Madre vi ho dato, altro non vi abbisogna: badate alle sue virtù e imitatela». Egli nelle Costituzioni, al numero 901, aveva scritto dei superiori, e quindi anche di sé: «E del bene ne faranno molto di più quei Superiori che sapranno servirsi dell’opera degli altri, dirigendoli e formandoli pazientemente, piuttosto che quelli che riservano ogni cosa solo a se stessi».
Nel 1843, il 30 ottobre, due Suore della Provvidenza misero piede in Inghilterra: suor Francesca Parea di Milano e suor Anastasia Samonini della valle Anzasca. Saranno loro a forgiare le prime Suore della Provvidenza inglesi e irlandesi, a suscitare conversioni al cattolicesimo.
Nel giugno del 1855 Rosmini si affrettava ormai alla morte, sopraggiunta il 1° luglio a Stresa, morte che lo sottrasse a soli 58 anni a tante opere intraprese, e soprattutto a tante persone che erano diventate con lui in Europa e nel mondo un movimento di verità, di carità, di bene. Ricordiamo la quasi disperata domanda di Manzoni al suo capezzale, quando Rosmini gli aveva detto: «Nessuno è necessario a Dio: le opere che Egli ha cominciate, Egli le finirà con quei mezzi che Egli ha nelle mani, che sono un abisso al quale noi possiamo solo affacciarci per adorare. Quanto a me sono del tutto inutile, temo anzi di essere dannoso; e questo timore non solo mi fa essere rassegnato alla morte, ma me la fa desiderare». Di risposta il Manzoni: «Ah! Per amor del cielo, non dica questo: che faremo noi?».
Con questa stessa angoscia nel cuore, era venuta da Domodossola a Stresa suor Giovanna Antonietti, e l’aveva espressa al suo Padre morente. Egli si sforza di lasciarle questo testamento spirituale: «Non temete, figlia mia, non temete: se ci dividiamo, non è che per un momento, e di spirito resteremo uniti … dal cielo potrò aiutarvi assai meglio e lo farò di certo, presso il buon Dio. Abbiate fede in Lui, in Lui confidate: essendo l’Istituto opera sua, continuamente l’assisterà. Questo poi tenete per fermo: le Suore della Provvidenza fioriranno in proporzione della fedeltà con la quale conserveranno lo spirito di povertà e di semplicità».
Per altri vent’anni circa governerà l’Istituto suor Giovanna, fino alla sua morte, sopraggiunta a Borgomanero il 13 novembre 1872. Aveva fondato 50 case e opere. La piansero 350 suore. L’ultimo respiro l’aveva colta dopo che ebbe ultimato di confezionare un paio di calze per una educanda povera; perché la carità cristiana è grande sia nelle cose grandi che nelle piccole. Solo in quarant’anni, dunque, quanta carità, quanta missionarietà, quanta attrazione e coinvolgimento di altre anime ardenti a vivere con lei l’amore di Dio e del prossimo! Quanto umile sapiente impegno a lasciarsi formare dal santo Rosmini, il quale aveva spiegato nelle Cinque piaghe della Santa Chiesa che «solo grandi uomini formano altri grandi uomini».
Due nipoti di Mons. Losana avevano voluto seguire suor Giovanna. Nella circostanza della morte della Madre egli consola il loro pianto: «Mia venerata suor Pierina e carissima nipote, ma come va che ti vedo così afflitta insieme a tutte le tue buone compagne? … E per chi sarebbe il Paradiso, se non fosse aperto istantaneamente per chi non viveva che di amor di Dio? … Tali esseri così amati da noi lasciano certo un vuoto in una Comunità, e non si può non affliggersi, e io stesso ne provai al primo annuncio un rammarico, ma Dio è grande e vi provvederà, mentre suor Giovanna resterà per tutti e in particolare per le religiose come un modello da imitarsi, e tu per la prima fac secundum exemplar, e con te la tua sorellina Maria Sofia e tutte le altre tue compagne, perché alla fine della vita avrete lo stesso santo lieto e glorioso trionfo».


Autore:
Suor Maria Michela Riva della Provvidenza


Fonte:
www.rosmini.it

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Aggiunto/modificato il 2009-03-13

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