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Beati Guglielmo Arnaud e 10 compagni Martiri di Avignonet

29 maggio

† Avignonet, Francia, 29 maggio 1242

È un volto dell'Inquisizione molto diverso da quello che siamo abituati a sentire citato quello mostrato dal domenicano Guglielmo Arnaud e dai suoi dieci compagni morti martiri il 29 maggio 1242 nella regione di Avignonet, vicino a Tolosa. La loro vicenda si colloca storicamente nel periodo delle dispute con gli albigesi. Guglielmo e i suoi compagni erano il Tribunale dell'Inquisizione che papa Gregorio IX aveva stabilito per affrontare la questione. Nel giorno dell'Ascensione il governatore di Avignonet invitò i religiosi per un confronto con gli albigesi. Ma si rivelò una trappola: gli undici vennero percossi a morte. Le cronache raccontano che morirono cantando il Te Deum e proclamando quella fede che erano venuti a difendere. Nel nome di questi martiri fiorirono miracoli e il loro culto si protrasse lungo i secoli. Fu infine Pio IX nel 1866 ad approvarlo ufficialmente. (Avvenire)

Martirologio Romano: Ad Avignonet vicino a Tolosa in Francia, beati Guglielmo Arnaud e dieci compagni, che, uniti nell’impegno di opporsi all’eresia dei catari, furono arrestati con l’inganno a motivo della loro fede in Cristo e dell’obbedienza alla Chiesa di Roma e morirono trafitti con la spada nella notte dell’Ascensione del Signore, mentre intonavano a una sola voce il Te Deum.


Agli albori del XIII secolo nella Francia meridionale, in particolare nella contea di Tolosa, la vita della Chiesa era turbata dal dilagare dell’eresia albigese. Papa Gregorio IX decise allora di intervenire in questa situazione che rischiava di degenerare: il 22 aprile 1234 nominò il domenicano Guglielmo Arnaud, oriundo di Montpellier, primo inquisitore nelle diocesi di Tolosa, Albi, Carcassone ed Agen. Questi non tardò a mettersi all’opera, forse persino con eccessivo rigore, tanto da giungere a far disseppellire i cadaveri degli eretici per bruciarli sul rogo. Iniziò dunque ad incontrare serie difficoltà ed il conte di Tolosa, Raimondo VII, chiese al papa di porre un freno all’indomabile inquisitore, imponendo inoltre ai suoi sudditi di evitare qualsiasi contatto con il frate e ponendo delle guardie alle porte dei conventi.
Il 25 novembre 1225 tutti i frati domenicani furono cacciati dalla città e se allontanarono processionalmente cantando inni sacri. Un anno dopo poterono fare ritorno al loro chiostro, ma l’odio nei loro confronti da parte degli eretici cresceva e talvolta provocava tumulti. Nel 1242, ormai convintosi che fosse bene farla finita, il balì di Avignonet, Raimondo d’Alfar, invitò i frati nel suo castello vicino a Tolosa col pretesto di instaurare con loro un nuovo rapporto di amicizia basato su propositi di conciliazione. In realtà era solo un inganno volto a cattirarli: li fece infatti rinchiudere in una grande sala del castello e nel pieno della notte ordinò che fossero trucidati. I religiosi non si fecero intimorire ed andarono incontro a Cristo, affrontando per suo amore il martirio e cantando nell’attesa il Te Deum. Era il 29 maggio, quell’anno vigilia dell’Ascensione. In particolare i carnefici infierirono contro Guglielmo, al quale mozzarono la lingua.

Ecco i nomi degli undici gloriosi martiri:
- Guglielmo Arnaud (emessi i voti religiosi a Tolosa, divenne il braccio destro dell’inquisitore Pietro Seila, compagno di San Domenico);
90866 - Bernardo di Roquefort (anch’egli domenicano);
90777 - Garcia d’Aure (converso domenicano, nativo della diocesi di Comminges);
- Stefano di Saint-Thibery (già abate, poi frate minore);
- Raimondo Carbonius (frate minore);
- Raimondo di Cortisan (detto “lo Scrittore”, canonico di Tolosa ed arcidiacono di Lézat);
- Bernardo (chierico dell’arcidiacono Raimondo, appartenente al clero della cattedrale di Tolosa);
- Pietro d’Arnaud (notaio dell’inquisizione);
- Fortanerio (chierico, cursore dell’inquisizione);
- Ademaro (chierico, cursore dell’inquisizione);
- il priore di Avignonet (monaco professo di Cluse, il cui nome purtroppo non ci è stato tramandato).

Assai articolata è la storia del culto che in tempi e luoghi diversi venne tributato a questi martiri. I domenicani Guglielmo Arnaud e Garcia d’Aure sin dopo la morte furono oggetto di venerazione: la loro tomba fu nella chiesa di San Romano presso il loro monastero di Tolosa. Dal 1381 i loro resti trovarono degna collocazione nella cappella di San Nicola sempre in detta chiesa, ma furono dispersi durante la Rivoluzione Francese. Ogni anno si celebrava la loro festa nell’anniversario della morte insieme al loro confratello Bernardo di Rochefort.
Stefano di Saint-Thibery e Raimondo Carboni, frati minori, trovarono sepoltura nella chiesa del loro ordine presso Tolosa, in due tombe separate e corredate da iscrizioni. Nel 1619 ebbe luogo una ricognizione delle loro spoglie.
L’arcidiacono di Lézat ed il suo chierico Bernardo furono inumati a Tolosa nel chiostro della cattedrale di Santo Stefano, presso il muro della chiesa. Nel 1647 il capitolo compì una ricognizione dei loro corpi ed in seguito vennero traslati nella cappella di Sant’Alessio interna alla cattedrale stessa, cappella oggi dedicata a San Paolo.
Il 30 settembre 1809 l’allora arcivescovo di Tolosa, personaggio contraddistintosi per la sua costante mancanza di fedeltà alla Chiesa di Roma, fece rimuovere dalla chiesa di Avignonet un quadro che raffigurava gli undici marti con tanto di aureola. Esso fu poi ricollocato al suo posto, ma scomparse nuovamente nel 1861. Nonostante queste peripezie il loro processo di canonizzazione, iniziato sin dal 1700 ad opera dei domenicani, durante il lungo pontificato del Beato Pio IX giunse ad una svolta positiva ed il 1° settettembre 1886 il culto di Guglielmo Arnaud e dei suoi 11 compagni venne ufficialmente confermato dalla Santa Sede.


Autore:
Fabio Arduino

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Aggiunto/modificato il 2007-05-24

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