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Beata Lorenza (Leucadia) Harasymiv Vergine e martire

26 agosto

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Rudnyky, Ucraina, 31 dicembre 1911 – Kharsk, Siberia, Russia, 26 agosto 1952

Levkadija nasce il 31 settembre 1911 nel villaggio Rudniki, regione di Leopoli. Nel 1931 entra nella Congregazione delle suore di San Giuseppe. Nel 1933 pronuncia i voti temporanei e riceve il nome di Lavrentija. Dopo l’unione dell’Ucraina Occidentale all’URSS, nel 1950 suor Laurentija viene arrestata dagli organi del NKVD, la polizia politica sovietica, e rinchiusa nella prigione di Borislav. In seguito è trasferita a Tomsk (Siberia) e finalmente nel villaggio Charsk, regione di Tomsk, dove si trova la direzione dei lager siberiani a regime speciale (SibULON). Non molto lontano dal villaggio, nella taiga, si estende un lager dove i detenuti lavorano in condizioni insopportabili. Nel villaggio Charsk vivono, invece i condannati al confino. Fra questi suor Laurentija che, ammalata di tubercolosi, a fatica trova un alloggio. L’unica sistemazione che riesce a trovare, il 30 giugno 1950, è in una camera dove vive una persona paralizzata. Suor Lavrentija Garasimiv muore a Charsk il 28 agosto 1952. Viene beatificata il 27 giugno 2001 in occasione della visita di papa Giovanni Paolo II in Ucraina.

Martirologio Romano: Nella cittadina di Kharsk vicino a Tomsk nella Siberia in Russia, beata Lorenza (Leucadia) Harasymiv, vergine della Congregazione delle Suore di San Giuseppe, che durante il regime di oppressione perpetrato in patria dai persecutori della fede fu deportata in questo campo di prigionia, dove con la sua morte gloriosa uně alla purezza della sua vita la perseveranza nella fede.


Leukadia Harasymiv nacque il 31 dicembre 1911 nel villaggio ucraino di Rudnyky, nella provincia di Lviv (Leopoli). Nel 1931 entrò nella Congregazione delle Suore di San Giuseppe e dopo due anni emise i suoi primi voti assumendo il nome religioso di Laurentia. Nel 1951 fu arrestata dagli agenti del KGB, inviata a Borislav e poi deportata e rinchiusa prigioniera nella fortezza di Kharsk, presso Tomsk, nella provincia russa della Siberia.
Qui, nonostante la sua flebile salute, divise una cella con un paralitico affetto da tubercolosi, che tutti avevano rifiutato per paura di contagio. Sopportò con pazienza condizioni di vita disumane, continuando a pregare intensamente sino al 28 agosto 1952, giorno del suo glorioso martirio con il quale coniugò la fermezza della fede alla purezza che aveva contraddistinto l’intera sua vita.
Fu beatificata da Giovanni Paolo II il 27 giugno 2001, insieme con altre 24 vittime del regime sovietico di nazionalità ucraina.


Autore:
Don Fabio Arduino

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Aggiunto/modificato il 2020-05-11

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