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San Sisoes il Grande Eremita

6 luglio

† Clisma, Egitto, 430 circa

San Sisoes era un egiziano che decise di intraprendere la vita monastica nel famoso convento del deserto di Scete, ma alla morte di sant'Antonio nel 357 preferì trasferirsi a causa del troppo affollamento. Si ritirò sulla montagna di Sant'Antonio dove rimase fino ad età avanzata. Morì a Clisma, una città sulle rive del Mar Rosso, verso l'anno 430. In punto di morte affermò: «Vedete: il Signore è venuto e dice: Portatemi il vaso eletto del deserto». Numerosi articoli dei «Detti dei Padri» citano Sisoes e lo descrivono come un contemplativo amante della solitudine, abbandonato alla misericordia divina. Al suo discepolo capitava spesso di doverlo sollecitare per prendere cibo poiché egli neppure se ne preoccupava. Egli ripeteva: «Dimentica te stesso, getta alle spalle i tuoi desideri e liberati dalle sollecitudini: così troverai la quiete». Numerosi miracoli (tra cui la risurrezione di un bambino) furono attribuiti alla sua intercessione e gli valsero l'appellativo di «grande». (Avvenire)

Martirologio Romano: In Egitto, san Sísoe, detto Magno, eremita, molto insigne nell’esercizio della vita monastica.


San Sisoes era un egiziano che decise di intraprendere la vita monastica nel famoso convento del deserto di Scete, ma alla morte del grande Sant'Antonio nel 357 preferì trasferirsi a causa del troppo affollamento. Andò allora a vivere sulla montagna di Sant'Antonio con un discepolo di nome Ambramo. Il luogo era deserto, forse ad indicare che vi giunsero dopo le incursioni saracene verificatesi nel 357. Stabilitosi in questi paraggi, vi si fermò per moltissimo tempo, forse addirittura una settantina d'anni, finché forse a causa dell'età ormai avanzata non poté più tollerare i rigori della vita nel deserto. Per un po' di tempo abitò allora a Clisma, una città egiziana sulle rive del Mar Rosso, ove morì verso l'anno 430. In punto di morte affermò: “Vedete: il Signore è venuto e dice: Portatemi il vaso eletto del deserto”.
Ben una cinquantina di articoli contenuti nell'“Apophthegmata Patrum” (“Detti dei Padri”) citano Sisoes e pare si riferiscano proprio al santo venerato in data odierna, nonostante un altro monaco omonimo e suo contemporaneo sia menzionato anch'egli nella medesima opera. Tali racconti costituiscono la principale fonte di informazioni sulla vita del santo e lo descrivono come un umile amante della solitudine, abbandonato alla misericordia divina, sovente immerso nella contemplazione. Al suo discepolo capitava spesso di doverlo sollecitare per andare a mangiare, poiché egli neppure se ne preoccupava. Per quanto riguarda l'umiltà e la sottomissione al volere di Dio, egli era solito affermare: “Dimentica te stesso e getta alle spalle i tuoi desideri e liberati dalle sollecitudini. Così troverai la quiete”.
Numerosi miracoli furono attribuiti alla sua intercessione, addirittura la resurrezione di un bambino, che gli valsero l'appellativo di “grande”, riconosciutogli ancora oggi anche dal Martyrologium Romanum che lo commemora in data 6 luglio.


Autore:
Fabio Arduino

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Aggiunto/modificato il 2006-04-23

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