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Santi Urso e Vittore Martiri della Legione Tebea

30 settembre

m. Soleure (Svizzera), fine III secolo

I santi Urso e Vittore sono ritenuti dalle fonti più antiche gli unici soldati della Legione Tebea scampati all’eccidio di Agauno (odierna Saint-Maurice in Svizzera) e come tali ricordati anche dal nuovo Martyrologium Romanum. Giunti presso la vicina località svizzera di Soleure furono raggiunti ed anch’essi decapitati in odio alla fede cristiana, secondo alcune fonti con altri 66 compagni.

Patronato: Soleure (sant’Urso) e Ginevra (san Vittore)

Emblema: Palma, Spada, Stendardo, Croce Mauriziana

Martirologio Romano: A Solothurn nell’odierna Svizzera, santi Orso e Vittore, martiri, che si dice appartenessero alla Legione Tebea.


In data odierna il nuovo Martyrologium Romanum cita “A Soleure in Svizzera, ricordo dei Santi Urso e Vittore, martiri, che si dice abbiano fatto parte della Legione Tebea”. Se è pur vero che i due santi non abbiano mai goduto di una particolare popolarità, va comunque tenuto in considerazione che sono da annoverare tra i pochissimi martiri tebei già citati da fonti abbastanza antiche, gli unici che il nuovo martirologio abbia ritenuto opportuno indicare quale distaccamento della celebre “Angelica Legio”.
Per meglio comprendere l’origine del culto di questi intrepidi testimoni della fede cristiana, occorre dunque ripercorrere brevemente la vicenda della Legione Tebea, alla quale la pietà popolare ha sempre riservato una particolare devozione, spinta forse dalle svariate leggende sorte intorno ad essa.
Sempre il nuovo Martyrologium Romanum cita al 22 settembre il gruppo principale di questo glorioso esercito, capeggiato da San Maurizio: “A Saint-Maurice-en-Valais in Svizzera, ricordo dei Santi martiri Maurizio, Essuperio, Candido, soldati, che, come narra Sant’Eucherio di Lione, con i loro compagni della Legione Tebana e il veterano Vittore, nobilitarono la storia della Chiesa con la loro gloriosa passione, venendo uccisi per Cristo sotto l’imperatore Massimiano”. Seppur sinteticamente sono così ben riassunte le poche certezze che danno un fondamento storico al vasto culto che l’ha avuto in Europa in particolare sui molteplici versanti alpini. Secondo successive cronache solo due furono i soldati ufficialmente scampati a tale sanguinoso eccidio, cioè appunto i santi oggi venerati, ma un po’ ovunque iniziarono a fiorire leggende su altri soldati che trovarono rifugio in svariate località, ove intrapresero una capillare opera di evangelizzazione per poi subire anch’essi il martirio.
Nel Vecchio Continente se ne contano all’incirca 400, così suddivisi geograficamente: 58 in Piemonte, 15 in Lombardia, 2 in Emilia, 10 in Francia, 325 in Germania, 5 in Svizzera e 2 in Spagna. E questo non è purtroppo che un incompleto e sommario elenco.
Tornando però ad Urso e Vittore, occorre specificare che è stata la loro citazione nell’antica “Passio” di Eucherio a meritare loro la citazione nel nuovo martirologio approvato da Giovanni Paolo II all’alba del terzo millennio. Ma la vicenda è anche oggetto di una storia compresa nel “codex 569” della Stiftsbibliothek di Saint-Gall. Qui si narra che i due compagni di fede trovarono rifugio presso l’antica Salodurum, odierna cittadina svizzera di Soleure. Sorpresi dal governatore Astaco, questi li imprigionò e li fece torturare, ma essi furono miracolosamente liberati.
Poterono così riprendere a dedicarsi alla predicazione della Buona Novella agli abitanti del luogo, ma ciò comportò nuovamente il loro arresto. Furono allora condannati al rogo, ma il fuoco non fece tempo ad attecchire che fu spento sotto l’effetto di una forte pioggia miracolosa. Decisero allora di decapitarli e di gettarli nel vicino torrente Aar. Ma ecco che i loro corpi presero a galleggiare tenendo tra le mani le loro teste, che deposero sulla riva del fiume. I cristiani del luogo pensarono bene di seppellirli in un luogo segreto, ove solo in un secondo tempo fu dedicata loro una cappella.
In seguito le reliquie di San Vittore furono traslate a Ginevra, su iniziativa della regina di Borgogna Teodosinda e grazie alla principessa Sedeloba, divenuta suor Corona, fece erigere una chiesa in onore del santo in tale città, poi riutilizzata quale tempio calvinista.
Soleure continuò invece a custodire gelosamente i resti di Sant’Urso, da non confondere con il vicino Sant’Orso di Aosta, in una chiesa a lui dedicata e riedificata nel XVIII secolo. Anche qualche reliquia di San Vittore fu però qui riportata con l’imperversare della Riforma a Ginevra.
E’ in oltre da specificare come il San Vittore oggi in questione non sia assolutamente da confondere con l’altro santo omonimo, veterano della Legione Tebea, commemorato al 22 settembre.
Il presupposto che i due santi, con altri leggendari 66 compagni, abbiano militato nella Legione Tebea ha automaticamente conferito loro la presunta nazionalità egiziana e ciò ha contribuito alla diffusione del culto anche presso la Chiesa Copta, che venera dunque specificatamente non solo San Maurizio ma anche tutti quei suoi leggendari compagni il cui ricordo si è diffuso in un qualche piccolo santuario d’Europa.
L’iconografia relativa ai Santi Urso e Vittore, oltre ad essere solita presentarli con tutti gli attributi tipici dei soldati tebei quali la palma del martirio, la spada, lo stendardo con croce rossa in campo bianco e la Croce Mauriziana sul petto, li raffigura talvolta nell’atto di reggere con le mani il proprio capo distaccato dal corpo a causa della decapitazione subita.


Autore:
Fabio Arduino

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Aggiunto/modificato il 2006-01-07

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