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Beata Marianna Biernacka Madre di famiglia, martire

13 giugno

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Lipsk, Polonia, 1888 - Niemowicze, Polonia, 13 luglio 1943

Nel giorno della festa di sant'Antonio da Padova, figura tra le più care alla devozione cristiana, il Martirologio Romano cita anche una figura del nostro tempo. Si tratta di Marianna Biernacka (1888-1943), una dei 108 martiri polacchi del nazismo che Giovanni Paolo II ha beatificato il 13 giugno 1999, durante uno dei suoi viaggi in Polonia. La sua è una vicenda che proprio la recente tappa di Benedetto XVI ad Auschwitz-Birkenau ha riportato d'attualità. La storia di questa donna, infatti, è molto simile a quella del francescano Massimiliano Kolbe, anche lui canonizzato da Wojtila. A Naumowicze, presso Grodno, questa vedova nata ortodossa e passata poi al cattolicesimo all'età di 17 anni, si offrì al plotone di esecuzione tedesco per essere fucilata al posto di sua nuora, che era incinta. Con questo gesto d'amore la cinquantacinquenne Marianna salvò così due vite dalla barbarie della guerra. Marianna Biernacka è la figura di spicco tra i nove laici compresi nell'elenco di questi martiri. (Avvenire)

Emblema: Palma

Martirologio Romano: Nella cittadina di Naumowicze vicino a Grodno in Polonia, beata Marianna Biernacka, madre di famiglia e martire, che, durante la guerra, in regime di occupazione, si offrì spontaneamente ai soldati al posto di sua nuora incinta e, fucilata sul posto, ricevette la palma gloriosa del martirio.


Papa Giovanni Paolo II, ha proclamati beati il 13 giugno 1999 a Varsavia, durante il suo settimo viaggio apostolico in Polonia, 108 martiri vittime della persecuzione contro la Chiesa polacca, scaturita durante l’occupazione tedesca dal 1939 al 1945.
L’odio razziale operato dal nazismo, provocò più di cinque milioni di vittime tra la popolazione civile polacca, fra cui molti religiosi, sacerdoti, vescovi e laici cattolici.
Fra i tanti si è potuto, in base alle notizie raccolte ed alle testimonianze, istruire vari processi per la beatificazione di 108 martiri, il primo processo fu aperto il 26 gennaio 1992 dal vescovo di Wloclaweck, dove il maggior numero delle vittime subì il martirio; in questo processo confluirono poi altri e il numero dei Servi di Dio, inizialmente di 92 arrivò man mano a 108.
Diamo qualche notizia numerica di essi, non potendo riportare in questa scheda tutti i 108 nomi. Il numeroso gruppo di martiri è composto da quattro gruppi principali, distinti secondo gli stati di vita: vescovi, clero diocesano, famiglie religiose maschili e femminili e laici; appartennero a 18 diocesi, all’Ordinariato Militare e a 22 Famiglie religiose.
Tre sono vescovi, 52 sono sacerdoti diocesani, 3 seminaristi, 26 sacerdoti religiosi, 7 fratelli professi, 8 religiose, 9 laici. Subirono torture, maltrattamenti, imprigionati, quasi tutti finirono i loro giorni nei campi di concentramento, tristemente famosi di Dachau, Auschwitz, Sutthof, Ravensbrück, Sachsenhausen; subirono a seconda dei casi, la camera a gas, la decapitazione, la fucilazione, l’impiccagione o massacrati di botte dalle guardie dei campi.

Capogruppo dei 9 laici è la beata Marianna Biernacka della diocesi di Lomza in Polonia, nacque nel 1888 a Lipsk, in una famiglia di cristiani ortodossi. A 17 anni nel 1905, insieme ai suoi familiari, passò fra i cattolici di rito latino.
All’età di 20 anni si sposò con il rito cattolico con Ludwik Biernacki; dal matrimonio nacquero sei figli. Dopo la morte del marito coabitò con il figlio Stanislao e con sua moglie, condividendo la sua vita con la giovane coppia, dimostrando saggezza cristiana e amore fraterno verso di essi e i loro figli.
Tra la gente del suo paese era conosciuta per la sua benevolenza e profonda religiosità. Quando Lipsk il 1° luglio 1943, fu colpita da una rappresaglia tedesca e sconvolta da arresti di massa, anche la giovane nuora incinta di un altro figlio fu arrestata; allora si fece avanti Marianna e si propose al posto della nuora per salvare lei e la vita del nascituro.
Fu un nobile slancio d’amore di una semplice donna di 55 anni, che offrì la sua vita per altri, come già fece s. Massimiliano Maria Kolbe (1894-1941) frate conventuale, nel campo di Auschwitz.
Lo scambio fu accettato e gli arrestati furono tradotti in carcere, da lì fu spostata a Naumowicz presso Grodno (attualmente in Bielorussia) e fucilata il 13 luglio 1943.
E la Chiesa ha voluto affiancare ai tanti suoi figli consacrati, vittime in Polonia della barbarie nazista, anche questa umile donna, che a pari loro, riconoscendo Gesù nei fratelli, mise in pratica il detto evangelico “Chi perderà la propria vita per me, la salverà”.


Autore:
Antonio Borrelli

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Aggiunto/modificato il 2005-02-23

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