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Beata Vittoria Rasoamanarivo Vedova

21 agosto

Antananarivo, Madagascar, 1848 - 21 agosto 1894

Victoire Rasoamanarivo nacque nel 1848 ad Antananarivo in Madagascar, in una delle più potenti famiglie dell'isola. Seguì da bambina la religione dei suoi antenati. Ma quando nel Madagascar giunsero alcuni missionari gesuiti francesi, fu iscritta nella scuola della missione e si fece battezzare con il nome di Victoire. Fu data in sposa al figlio di un alto ufficiale dell'esercito, schiavo dell'alcol e delle passioni, ma rifiutò il divorzio, conscia dell'indissolubilità e santità del matrimonio. Quando nel 1883 una persecuzione portò all'espulsione dei missionari e i fedeli cattolici vennero accusati come traditori, Vittoria continuò a professare la sua fede apertamente. Si fece protettrice della Chiesa a corte, insistendo che le chiese e le scuole cattoliche rimanessero aperte e incoraggiando le comunità alla perseveranza. Donna di profonda preghiera, trascorreva ore in chiesa e si dedicò ad innumerevoli opere di carità in favore di poveri, prigionieri, abbandonati, lebbrosi. Morì il 21 agosto 1894, a quarantasei anni circa. È stata proclamata beata da Giovanni Paolo II il 29 aprile 1989. I suoi resti mortali sono venerati nella missione di Ambohipo.

Martirologio Romano: Ad Antananarivo in Madagascar, beata Vittoria Rasoamanarivo, che, rimasta vedova dopo il matrimonio con un uomo violento, quando i missionari furono espulsi dall’isola, aiutò con ogni mezzo i cristiani e difese la Chiesa presso i pubblici magistrati.


Nascita e famiglia
Rasoamanarivo, o Rasoa per brevità, nacque nel 1848 ad Antananarivo, quarta dei sette figli di Rainandriantsilavo (il padre) e Rambahinoro (la madre), tra loro cugini. Apparteneva a una delle più potenti famiglie del Madagascar: suo nonno materno fu primo ministro per oltre venti anni della regina Ranavalona.
Secondo le usanze del paese, fu adottata dal fratello maggiore del padre, Rainimaharavo, comandante in capo dell’esercito malgascio. Ricevette, specie dalla madre, una ottima educazione morale e seguì la religione dei suoi antenati.

Adesione al cattolicesimo
Quando aveva circa tredici anni, divenne allieva della prima scuola cattolica aperta dalle Suore di San Giuseppe di Cluny, arrivate in Madagascar dopo che alcuni missionari gesuiti, giunti in incognito, avevano preso contatti con i sovrani.
L’esempio dei padri e delle suore la colpì profondamente. Dopo aver appreso l’insegnamento della religione cattolica, chiese di essere ricevuta nella Chiesa. In seguito a diciotto mesi di preparazione, venne battezzata il 1° novembre 1863 con il nome di Victoire, ovvero Vittoria.
Il 17 gennaio 1864, con una ventina di compagne, ricevette la Prima Comunione. Nello stesso anno sposò Radriaka, figlio maggiore di suo zio Rainilaiarivony, capo dell’esercito, che successivamente divenne anche primo ministro. La cerimonia si svolse il 13 maggio 1864, alla presenza di un sacerdote cattolico.

Il Madagascar all’epoca
Il Madagascar a quell’epoca subiva l’influenza coloniale della Francia, che provocava scontento e tumulti. Quando il re Radama II, ritenuto troppo amico della Francia, fu assassinato, salì al trono Rasoherina, sua moglie, che si comportò in maniera neutrale verso i cristiani.
Nel 1868 divenne regina Ranavalona II, la quale scatenò una persecuzione più o meno aperta contro la missione cattolica, ritenuta affine agli interessi coloniali della Francia. La regina, dal canto suo, aveva abbracciato il protestantesimo solo perché il ministro degli esteri si mise letteralmente in vendita al miglior offerente. I missionari cattolici non vollero pagare, perché le anime non si comprano col denaro, mentre i protestanti accettarono.

La coerenza di Victoire
Victoire dovette subire le insistenze del suo padre adottivo, che cercava di convincerla a lasciare la fede cattolica e ritornare alla religione degli antenati. Fu minacciata di essere privata dell’eredità, di essere considerata come una schiava e, infine, di essere esclusa dalla tomba di famiglia, ma non cedette.
Non si vergognava della sua fede e di esprimerla in pubblico. S’inginocchiava per strada, al momento di recitare l’Angelus. Faceva lo stesso se si trovava a corte, anche in mezzo a qualche conversazione. Alcuni cortigiani imitavano per scherzo il suo modo di pregare, ma il primo ministro non tollerò a lungo quel comportamento.

Un matrimonio infelice
La sua vita matrimoniale non fu felice: il marito era un uomo dissoluto, schiavo dell’alcool e delle passioni. Dava così grande scandalo che suo padre, d’accordo con la regina, offrì a Victorire di divorziare. Lei, invece, si gettò ai piedi della sovrana, dichiarandosi certa dell’indissolubilità del matrimonio.
Radriaka insidiava anche le schiave di casa, quando la moglie sembrava non accorgersene. Lei pregava e faceva pregare per lui, cercando in pari tempo di coinvolgerlo nelle sue iniziative di carità. Spesso era un’adesione solo di facciata, ma per lei era sufficiente. La sua fedeltà divenne proverbiale, tanto che alle giovani spose in crisi veniva presentata come esempio, ma in negativo.

La sua forza nella preghiera e nella carità
Col tempo acquistò agli occhi della corte e di tutto il popolo una stima incondizionata per la sua vita cristiana. Trascorreva in chiesa anche sei o sette ore al giorno, a volte fino a notte inoltrata. Viveva la carità in maniera discreta, inviando allo scopo tre suoi attendenti per indagare le povertà nascoste di Antananarivo. Sosteneva in modo speciale i prigionieri e i lebbrosi.
Aveva parecchi schiavi, secondo i costumi del Paese, ma non badava a spese se questi si ammalavano. Lasciava poi i proventi delle sue risaie a quanti di loro le coltivavano. Gli schiavi preferivano non essere liberati, perché sicuri che non sarebbero mai stati bene come nella sua casa.

«Il padre e la madre» dei cattolici malgasci
Per l’autorità morale che si era conquistata, Victoire divenne il sostegno della Chiesa cattolica in Madagascar.  Il 25 maggio 1883, infatti, scoppiò una nuova persecuzione, in seguito alla prima guerra franco-malgascia. Tutti i missionari francesi furono espulsi, mentre i fedeli cattolici vennero accusati come traditori delle usanze della loro patria.
Victoire si fece protettrice della Chiesa cattolica, difendendola continuamente presso la regina. Fece in modo che le chiese della capitale restassero aperte, organizzando la preghiera domenicale. Ottenne che anche le scuole cattoliche non chiudessero. In questo fu aiutata dai membri dell’Unione Cattolica, l’associazione che riuniva i laici più impegnati.
Al termine della prima riunione organizzativa, il segretario definì Victoire, nel suo verbale, «il fondamento, la colonna, il padre e la madre di tutti i cristiani, come lo fu la Santa Vergine, dopo la partenza di Gesù per il cielo».

Verso il ritorno dei missionari
Victoire intervenne spesso per impedire i contrasti tra i membri dell’Unione, specie per non farli cadere nei tranelli che la regina voleva tendere loro. «I missionari sono francesi e sono dovuti partire perché francesi, non perché missionari cattolici. Ma noi siamo malgasci e non smettiamo di essere malgasci per il fatto che siamo cattolici»», spiegava.
Nel 1886 i missionari poterono ritornare. Non trovarono rovine, ma una comunità cattolica fiorente e vigorosa. Quando il primo vescovo del Madagascar, nella Pasqua di quell’anno, volle incontrare Victoire, lei decise di mettersi da parte, perché non aveva voluto prendersi il merito. Alla fine accettò di presentarsi, poi tornò alle sue opere di carità.

La morte di Radriaka
Nella notte del 9 marzo 1888, Victoire fu avvisata che Radriaka era caduto ubriaco dal balcone di una sua amante e si era ferito gravemente. Il primo ministro, indignato, minacciò di non concedergli la sepoltura nella tomba di famiglia, ma questo fu impedito grazie alla moglie.
L’uomo fu curato ancora più amorevolmente da lei e accettò di ricevere il Battesimo. Fu Victoire stessa ad impartirglielo, il 14 marzo, perché lui era sul punto di morire e il sacerdote tardava ad arrivare. Dal momento della morte di Radriaka, Victoire portò un lutto strettissimo.

La morte di Victoire
A partire dal 1890 ebbe varie malattie, sopportate con grande pazienza. Su consiglio dei medici, nel 1893 si ritirò nella missione di Ambohipo, ma l’anno dopo ebbe una prolungata emorragia. Lo zio le chiese di scegliere tra i parenti un erede, ma lei, forse perché preoccupata per i suoi schiavi, domandò di poterci pensare ancora.
Nella notte del 21 agosto 1894, Victoire ebbe la crisi finale. Alzò le mani verso il cielo, tenendo intrecciato il suo Rosario, e gridò: «Madre, madre, madre!». Aveva circa quarantasei anni. Tre giorni dopo si celebrarono i suoi funerali, nella cattedrale di Antananarivo. Per volere del primo ministro, fu sepolta nel mausoleo dei suoi antenati a Isotry.

La causa di beatificazione fino al decreto sulle virtù eroiche
La causa di beatificazione di Victoire fu intrapresa dalla diocesi di Antananarivo, all’epoca Vicariato Apostolico. Nel 1931 il vescovo monsignor Fourcadier annunciò che il processo ordinario sulle sue virtù eroiche era stato iniziato. Nel 1934 la Sacra Congregazione dei Riti, l’organismo competente all’epoca per le cause di beatificazione e canonizzazione, fece sapere che la domanda era stata trasmessa.
Il 19 febbraio 1956 si ebbe il decreto sull’introduzione della causa. Nel 1961, nel corso delle celebrazioni per il centenario della missione cattolica di Ambohipo, i resti mortali di Victoire furono traslati lì, rispettando il desiderio che lei aveva espresso quand’era ancora in vita.
Il 1° febbraio 1983 i Consultori Teologi della Congregazione delle Cause dei Santi si espressero in maniera favorevole circa l’esercizio in grado eroico delle virtù cristiane da parte di Victoire. Anche i cardinali e i vescovi membri della stessa Congregazione, il 26 aprile dello stesso anno, si espressero in maniera positiva. Il 14 maggio 1983, quindi, il Papa san Giovanni Paolo II autorizzò la promulgazione del decreto con cui Victoire Rasoamanarivo veniva dichiarata Venerabile.

La beatificazione
Il 9 maggio 1985, lo stesso Pontefice autorizzò poi la promulgazione del decreto col quale veniva ufficialmente riconosciuto un miracolo attribuito all’intercessione di Victoire Rasoamanarivo. Sempre san Giovanni Paolo II la beatificò il 29 aprile 1989 ad Antananarivo, nel corso del suo viaggio apostolico in Madagascar. 

Autore: Emilia Flocchini
 


 

È una principessa dell’isola del Madagascar (Oceano Indiano). Rasoamanarivo, nata a Tananarive nel 1848, appartiene ad una prestigiosa famiglia. Suo nonno è il primo ministro della regina, carica ereditata da suo fratello maggiore. La madre la educa rispettando la religione locale. Quando nell’isola arrivano i missionari gesuiti francesi, alla loro scuola la bambina impara a conoscere la religione cattolica che entra nel suo cuore e da lì non vi uscirà più. Ha tredici anni e, contro il volere della famiglia, si fa battezzare con il nuovo nome Vittoria. La ragazza si reca in chiesa tutti i giorni, prega, recita il Rosario – lo tiene sempre in mano, visibile a tutti – anche in gruppo, con gli schiavi, all’aperto. Aiuta i poveri, i prigionieri, i lebbrosi. Dona denaro alle chiese, alle scuole dei missionari, ai ricchi affinché rendano migliore la condizione degli schiavi. A difesa della Chiesa cattolica si schiera contro la famiglia e il governo quando vengono allontanati i missionari gesuiti, accusati di essere alleati con la Francia colonizzatrice. Diventa lei stessa punto di riferimento per i cattolici del Madagascar in assenza di sacerdoti e di suore, fino al loro ritorno nell’isola.
La principessa vorrebbe diventare suora, ma la famiglia la convince a rinunciarvi. Viene data in sposa a Radriaka, figlio del primo ministro. Per volere di Vittoria il matrimonio viene celebrato alla presenza di un sacerdote cattolico. La principessa crede nel sacramento del matrimonio e desidera mantenere fede a tale unione per tutta la vita. Purtroppo il marito si rivela un uomo fragile, con il vizio del gioco e dell’alcol. È infedele, si accompagna ad altre donne che porta anche nella casa coniugale. Vittoria non perde mai la pazienza e continua ad amare il marito. Quando torna a casa ubriaco gli lava i piedi, gli prepara da mangiare, lo mette a letto. A volte il marito si pente della sua condotta, però poi ricade nei suoi vizi. Vittoria potrebbe divorziare o accettare la corte di altri uomini, ma non cede alle tentazioni perché desidera rimanere fedele al marito.
Un giorno Radriaka rincasa gravemente ferito per una caduta. Vittoria lo cura e prega per lui, per la sua anima. Rimasta vedova e senza figli, ha tanti schiavi alle sue dipendenze. Vorrebbe farne a meno, ma li tiene per non cederli ad altri padroni spietati. È loro amica e da loro è molto stimata. La principessa dal cuore d’oro muore nel 1894, amata da tutti.


Autore:
Mariella Lentini


Fonte:
Mariella Lentini, Santi compagni guida per tutti i giorni

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Aggiunto/modificato il 2023-08-16

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