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Beato Antonio Lucci Vescovo

25 luglio

Agnone, 2 agosto 1682 - Bovino, 25 luglio 1752

Nato il 2 agosto 1682 ad Agnone in Molise, entra nell'Ordine dei Frati Minori Conventuali e nel 1698 compie la professione dei voti assumendo il nome di Antonio. Nel 1705 è ordinato sacerdotale e nel 1709 diventa dottore in teologia. Inizia così a dedicarsi all'insegnamento. Divenuto reggente del Collegio di San Bonaventura presso la basilica dei Santi Dodici Apostoli a Roma, scrive trattati teologici, filosofici e storici. Benedetto XIII lo chiama tra i teologi del Sinodo romano del 1725 e gli commissiona un'opera contro il giansenismo. Il 7 febbraio 1729 viene nominato vescovo di Bovino, in Puglia, dove istituisce la scuola elementare e promuove corsi di catechesi. All'impegno di teologo Lucci unisce l'amore per i poveri realizzando una compenetrazione fra dottrina e carità. Muore il 25 luglio 1752. Giovanni Paolo II lo ha proclamato beato il 18 giugno 1989. 

Martirologio Romano: A Bovino in Puglia, beato Antonio Lucci, vescovo, dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali, che rifulse per la sua straordinaria dottrina e fu tanto generoso nell’assistere i poveri, da non badare neppure alle proprie necessità.


Angelo Nicola Lucci nacque il 2 agosto 1682 in Agnone. A quindici anni manifestò la volontà di entrare nell'Ordine dei Minori Conventuali di S. Francesco e nel 1698 compì ad Isernia la professione dei voti assumendo il nome di Antonio. Nel 1705 assieme all’amico S. Francesco Antonio Fasani ricevette l'ordinazione sacerdotale e nel 1709 si addottorò in teologia conseguendo il titolo di “padre maestro”. Iniziò così a dedicarsi all’insegnamento nei ginnasi e nei collegi dell’Ordine: dapprima a Ravello, dove conobbe il Beato Bonaventura da Potenza, poi a Napoli, prima al Collegio "Bonaiuto", quindi al prestigioso Collegio di S. Lorenzo di cui fu anche reggente. Nel 1718 fu eletto ministro provinciale dell'Ordine nella provincia di S. Angelo, mantenendo l’incarico per appena un anno. Nel 1719 infatti diveniva reggente del Collegio di S. Bonaventura presso la basilica dei SS. XII Apostoli in Roma. Durante i dieci anni di reggenza produsse trattati teologici, filosofici e storici per i suoi alunni; eminenti personaggi del clero e della nobiltà capitolina gli chiesero pareri su questioni dottrinarie e morali. Benedetto XIII lo chiamò tra i teologi del Sinodo Romano del 1725, gli fece tenere la prolusione ufficiale nel Sinodo Provinciale di Benevento e gli commissionò un’opera contro il giansenismo. Benedetto XIV più tardi richiese al Lucci, ormai vescovo di Bovino, un trattato di teologia morale che tuttavia il Beato non portò a termine poiché correva voce che, conclusa l'opera, il Papa lo avrebbe creato cardinale.
Alla profonda dottrina del teologo e dell’insegnante Antonio Lucci unì l’amore per i sacramenti, per la preghiera ma soprattutto per i poveri. Il suo alunno Ludovico Maria Sileo depose: "più volte arrivò a spogliarsi degli abiti interiori per darli a' poveri in tempo d' inverno, tremando egli di freddo: ed in Roma dava ai poveri (credo colle dovute licenze) quanto si buscava colle sue letterarie fatiche" (Positio, pag. 166).
E proprio a questa santa compenetrazione di dottrina e carità pensava Benedetto XIII quando nel 1728 rassicurò don Inigo Guevara duca di Bovino: "vi manderò un vescovo santo e dotto" (ibidem, pag. 22). Fu così che il 7 febbraio 1729 Antonio Lucci divenne vescovo di Bovino in Puglia. Nel suo governo pastorale ebbe a cuore soprattutto la riorganizzazione religiosa, culturale e sociale della diocesi: durante gli oltre vent'anni di episcopato si preoccupò di istituire la scuola elementare e, non essendo riuscito a fondare il seminario, di istruire egli stesso il clero con l'aiuto di sacerdoti diocesani o provenienti da fuori; organizzò corsi di catechesi per i fanciulli e promulgò numerosi "editti" sulla condotta del clero e del popolo.
Un altro tema ricorrente dell’episcopato del Beato Antonio Lucci fu la lotta contro le pesanti ingerenze e usurpazioni dell’aristocrazia locale a danno della Chiesa e dei poveri. In particolare nella redazione del catasto onciario, il vescovo si impegnò nel contrastare il disegno nobiliare di esimere dai pesi catastali le rendite feudali a scapito dei poveri e della Chiesa.
Ma l’elemento più caratteristicò della santità di Antonio Lucci fu l’amore per il Vangelo e la sua attuazione tramite l’insegnamento francescano. Il cappuccino Gennaro da Crispano racconta: "Vestiva i nudi, e dalla mattina fino alla sera continuamente dispensava limosine alli poveri, dandoli grano, danari, letti, biancarie fino a spogliarsi delle proprie vesti, ed anche della camicia, dandole con tutta prontezza a suoi poveri. E su tal particolare mi ricordo, che una volta diede ad un povero della città di Troja li propri suoi calzoni, che s'aveva levato da dosso […] ed era tanta questa sua carità, che siccome quando aveva danari per darli a poveri stava tutto allegro, e brillante; così al contrario era tutto afflitto e mesto quando non ne aveva, e la sua mestizia chiaramente si leggeva nel suo volto, e perciò in questo caso non potendo frenare l'ardente voglia, che avea, non incontrava difficoltà di mandarli a cercare ad impronto or'ad uno, or dall'altro cittadino ..." (ibidem, pag. 109).
La mattina del 25 luglio 1752, dopo circa due settimane di malattia, Antonio Lucci moriva serenamente in odore di santità lasciando al Capitolo della Cattedrale 1900 ducati di debiti contratti per fare elemosine ai poveri che avrebbe saldato dopo la stagione dei raccolti. A chi lo rimproverava perché faceva troppi debiti era solito rispondere: "Avete mai veduto un vescovo carcerato per debiti?" (ibidem, pag. 169).


Autore:
Paolo Lucci

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Aggiunto/modificato il 2002-09-26

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