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San Domenico di Sora Abate

22 gennaio

Foligno, 951 - Sora, 22 gennaio 1031

L'abate Domenico fu un riformatore della vita monastica a cavallo tra X e XI secolo. Nato a Foligno nel 951, fu affidato bimbo ai monaci di San Silvestro. Poi divenne benedettino e sacerdote. Il suo desiderio era condurre vita eremitica, ma dovunque andasse accorreva molta gente. Così si spostò in diversi luoghi, fondando monasteri. Dapprima fu su un monte presso Scandriglia (Rieti), dove edificò San Salvatore, divenendone abate. Poi in Abruzzo, dove sorsero San Pietro del Lago e San Pietro di Avellana. A Trisulti, presso Collepardo (Fr), fondò il cenobio di San Bartolomeo, che ebbe grande fama. Chiese a Giovanni XVIII protezione per le sue fondazioni. Grazie a una donazione del conte Pietro Rainerio, signore di Sora, fondò il monastero che porta il suo nome. Vi morì nel 1031 e vi è sepolto. Venerato a Sora e nel Frusinate, è considerato guaritore dai morsi dei serpenti. A Cocullo (Aq) la statua è portata in processione coperta di rettili. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Sora nel Lazio, san Domenico, abate, che fondò monasteri in varie regioni d’Italia e ne ricondusse altri alla disciplina regolare con il suo spirito riformatore.


Il monaco Giovanni che gli fu compagno in tutti i suoi viaggi, ne scrisse la ‘Vita’ che per questo è molto veritiera; Domenico nacque a Foligno (Colfornaro) nel 951, fu affidato ancora fanciullo, dai genitori ai monaci di S. Silvestro di Foligno per effettuare gli studi necessari.
Divenuto giovane, lasciò tutti e si recò nel monastero di S. Maria di Pietrademone, dove fu ordinato sacerdote e diede la sua professione di monaco.
Ma in lui vi era il desiderio di vita eremitica, per cui prese ad alternare questa con la vita cenobitica; si ritirò sopra un monte presso Scandriglia in provincia di Rieti, seguito subito da discepoli provenienti dal circondario, per loro fondò il monastero di S. Salvatore, divenendone abate.
Giacché la sua fama di santità attirava molto popolo, per nascondersi si trasferì verso L’Aquila, dove fondò il monastero di S. Pietro del Lago, allo stesso modo fondò nel Sangro il monastero di S. Pietro di Avellana. Nel suo itinerare arrivò in Campania a Trisulti, dove rimase sconosciuto per tre anni, finché la popolazione riconosciutolo attraverso alcuni cacciatori, lo circondò di devozione e fu tutto un accorrere di ammalati; alcune cronache medioevali e la tradizione popolare riportano che i suoi miracoli consistevano soprattutto nel guarire dal morso dei serpenti.
A Trisulti fondò il monastero di S. Bartolomeo che raggiunse molta notorietà, fu riccamente dotato dagli abitanti dei Comuni vicini, come Collepardo, Guarcino, Vico, che Domenico poi visitò, esortandoli ad una vita intessuta di carità fraterna, penitenza e opere buone.
Si incontrò con papa Giovanni XVIII, a cui chiese la protezione pontificia per le sue fondazioni. Grazie ad una donazione di un fondo, fatta dal conte Pietro Rainerio, signore di Sora (FR) egli poté costruire un monastero, che resterà per la sua importanza, legato al suo nome, stabilendovisi definitivamente.
Si ammalò mentre intraprendeva un ennesimo viaggio per Tuscolo, ritornato indietro, morì a Sora il 22 gennaio 1031 e fu sepolto nella chiesa del monastero, dove è ancora conservato.
Domenico di Sora, al pari di altri grandi fondatori di quell’epoca, resta un riformatore della vita della Chiesa medioevale, tutto teso ad allargare la vita monastica con la sua grande fioritura, anche lui precursore dei grandi Ordini, che di lì a qualche secolo, si affacceranno nella Chiesa, a partire dal grande suo omonimo s. Domenico di Guzman.
A Sora, come in tutta la Valle del Liri, è invocato contro i morsi dei serpenti velenosi e dei cani idrofobi, dalla tempesta e dalla grandine, ma anche contro la febbre e il mal di denti. La sua festa è celebrata con solennità, sia a Sora, di cui è il patrono e dove esiste un santuario con il suo corpo, sia ad Arpino e paesi vicini, ma soprattutto per la sua particolarità a Cocullo, dove la sua statua è portata in processione ricoperta da serpenti, che nei giorni precedenti, i cosiddetti ‘serpari’ hanno provveduto, con abilità a catturare.
Una volta, dopo il rito, i serpenti venivano uccisi o venduti ai turisti, oggi con diversa cultura ambientalista, vengono lasciati liberi. I ‘serpari’ stanno bene attenti a catturare i serpenti innocui, mentre lasciano tranquille le velenose vipere, la popolazione partecipante al rito, ha un rispetto quasi sacro per i rettili, retaggio di un culto pagano di età pre-cristiana che la Chiesa ha dovuto farlo proprio e questa unione fra uso pagano e festa cristiana, in questo caso è avvenuta tramite s. Domenico di Sora, il grande taumaturgo, che dal Medioevo ad oggi, attira una moltitudine di fedeli imploranti.


Autore:
Antonio Borrelli

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Aggiunto/modificato il 2002-05-30

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