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Beato Luigi Novarese Sacerdote

20 luglio

Casale Monferrato, 29 luglio 1914 - Rocca Priora, Roma, 20 luglio 1984

Nasce nel 1914 a Casale Monferrato (Alessandria), ultimo di nove figli. La sua è una famiglia di modesti contadini. Quando ha nove mesi il papà Giusto Carlo muore. Mamma Teresa Sassone, donna forte e di grande fede, lavora duramente per mantenere i figli. Luigino cresce buono e allegro. Va in chiesa e conosce così bene il catechismo che riesce a fare la Prima Comunione prima del previsto. A nove anni si ammala di tubercolosi ossea, patologia inguaribile ai quei tempi. I medici danno poche speranze a mamma Teresa che però non si arrende. Contro il parere degli altri figli, vende terreni e cascina per pagare cure costosissime al suo Luigino che cambierà vari ospedali. Invece di lamentarsi e di imprecare, il ragazzino fa coraggio agli altri ammalati e suona il flauto per confortarli. Prega la Madonna di dargli la forza di sopportare le sofferenze.
All’età di diciassette anni il ragazzo scrive a Don Filippo Rinaldi, successore di Don Bosco, rettore dei salesiani. Implora la guarigione per intercessione di Don Bosco e di Maria Ausiliatrice. Luigi sogna la Madonna che gli preannuncia la guarigione nel mese a lei dedicato e la sua ordinazione a sacerdote. Il giovane prega e, se ascoltato, promette di dedicare la sua vita agli ammalati. Il miracolo avviene nel mese di maggio, anche se una gamba rimarrà per sempre più corta dell’altra. Luigi diventa sacerdote e, nonostante la sua disabilità, lavora nella segreteria di Stato del Vaticano. Viene poi designato all’assistenza spirituale degli ospedali d’Italia. Intanto fonda la Lega Sacerdotale Mariana per aiutare i sacerdoti malati.
Assieme a Elvira Myriam Psorulla dà vita ai Volontari della Sofferenza, ai Silenziosi Operai della Croce e ai Fratelli e Sorelle degli Ammalati. Promuove corsi professionali per disabili ed esercizi spirituali per ammalati. Novarese desidera che l’ammalato e il disabile siano protagonisti della loro vita, non vittime: l’ammalato (e non solo fisico, anche psichico) deve conoscere e amare Gesù, diffondere il Vangelo fra gli altri ammalati. La sua sofferenza deve essere vissuta come una penitenza da offrire, assieme alle preghiere, per la pace nel mondo, un’opera buona, il bene di qualcuno, la conversione dei peccatori, così come ha chiesto la Madonna di Lourdes a Bernadette. Novarese muore a Rocca Priora (Roma) nel 1984. Oggi le sue associazioni sono diffuse in molti Paesi del mondo.



Abbandonata ormai ogni velleità che, per parte di madre, circoli nelle mie vene un po’ del suo sangue, devo ammettere di aver appreso con piacere l’ormai prossimo inserimento nell’albo dei beati di un grande uomo e di un santo prete che porta il cognome dei miei antenati; un piacere, anzi, al cui confronto il mancato rapporto di parentela appare quasi solo più un dettaglio. Viene dalla loro stessa terra, il Monferrato, da una famiglia anch’essa coltivatrice di vigneti e per di più, manco a farlo apposta, non eccessivamente fortunata. A cominciare da Luigi, cui la morte porta via il papà per polmonite quando ha appena nove mesi e che da piccolo è delicato e fragile come tre dei suoi otto fratelli, che sono morti in tenera età. Storia ordinaria di famiglia numerosa, che si ammazza di fatica e forse si trascura anche un po’. Per sua fortuna ha una mamma energica e forte, che non risparmia fatica e sacrifici per crescere i sei figli, facendo loro anche da papà, ma se le cose, economicamente parlando, cominciano a scricchiolare subito, costringendola a vendere pian piano i terreni della cascina, finiscono poi con il naufragare miseramente per colpa della malattia di Luigi, colpito a nove anni da una grave forma di tubercolosi ossea, complicata da ascessi purulenti che provocano una sofferenza ai limiti della sopportazione. La santa donna, malgrado il parere dei medici che ormai lo danno per spacciato e sfidando l’ira degli altri figli, mette in vendita anche la cascina e i rimanenti terreni per pagare le costosissime cure dell’epoca, al termine delle quali al giovanotto, ormai sui 17 anni, pronosticano appena un paio di mesi di vita. È a questo punto che nella vita di Luigi fa la sua comparsa don Filippo Rinaldi, pure lui monferrino e terzo successore di don Bosco, che lo invita a fare una novena a Maria Ausiliatrice, per ottenere una guarigione per la quale la scienza medica si è dichiarata impotente. Non una ma ben tre novene sono necessarie (oh, potenza della costanza!) per ottenere una guarigione improvvisa, completa e duratura, ottenuta la quale, oltre a portar le stampelle nella basilica di Torino come ex voto, non resta al giovanotto che mantenere la promessa, fatta durante la novena, di dedicare la sua vita ai malati. Sembrerebbe orientato a fare il medico, ma poi l’improvvisa morte di mamma gli scombina i piani e decide di entrare in seminario. Ovviamente senza un soldo, per cui il suo vescovo gli procura una borsa di studio presso l’ Almo Collegio Capranica. Viene ordinato sacerdote il 17 dicembre 1938, consegue poi la licenza in Teologia, la laurea in Diritto canonico e il diploma di avvocato rotale, sempre portandosi dietro, come indelebile ricordo dei terribili anni della malattia, una gamba più corta dell’altra di 15cm, per cui deve far uso di una scarpa ortopedica. Questa sua disabilità non impedisce a Mons. Montini di chiamarlo a lavorare nella Segreteria di Stato, con lo specifico incarico di evadere la corrispondenza che arriva al Papa  per i soldati al fronte. Don Luigi scopre così un’altra forma di sofferenza, quella provocata dalla guerra e dalla mancanza di cibo, e per far arrivare gli aiuti pontifici non ha davvero che l’imbarazzo della scelta. Non dimentica però i malati, e con stile innovativo rispetto al suo tempo, lotta contro l’emarginazione dei disabili. Dialoga, senza complessi, con la medicina dimostrando l’efficacia terapeutica della motivazione spirituale nella cura del malato. Fonda case di cura, centri di assistenza, corsi professionali per disabili e infermi, insegnando loro a pensare e vivere in modo nuovo la malattia. Fa maturare una nuova comprensione spirituale e pastorale del malato, che non vuole solo oggetto di carità, ma soggetto di azione nell’opera di evangelizzazione e i suoi “esercizi spirituali dei malati” diventano una grande novità nella Chiesa. Nel 1943 dà vita alla “Lega Sacerdotale Mariana”; quattro anni dopo, insieme a sorella Elvira Myriam Psorulla, crea i “Volontari della Sofferenza”; nel 1950 nascono i Silenziosi Operai della Croce, cui seguono, nel 1952, i Fratelli e le Sorelle degli Ammalati. Muore il 20 luglio 1984 e la Chiesa, dopo aver riconosciuto l’eroicità delle sue virtù e approvato un miracolo attribuito alla sua intercessione, proclamerà beato Mons. Luigi Novarese l’11 maggio 2013.

Autore: Gianpiero Pettiti
 


 

Mons. Luigi Novarese nasce a Casale Monferrato il 29 luglio 1914 da Giusto Carlo e Teresa Sassone, ultimo di nove figli.
Nel 1915 papà Giusto Carlo muore; Luigino aveva appena nove mesi. Alla mamma trentenne si addossava il gravoso compito di mandar avanti una famiglia piuttosto numerosa.
A nove anni il piccolo Luigi, dopo un’accidentale caduta, è colpito da una coxite tubercolare alla gamba destra che lo costringe a letto con il busto ingessato. Il tutto complicato dalla comparsa di ascessi purulenti che producono una sofferenza veramente al limite della sopportazione.
Di fronte alla malattia gli esiti sono moltissimi: l’esasperazione, introversione che non sarà mai del tutto recuperata, la ribellione. Ma la fede della madre, il contesto e questo attaccamento “alla piemontese” (la sua guarigione avvenne per intercessione della Madonna Ausiliatrice e di Don Bosco) diventano i punti a cui aggrapparsi. Nella fede ha cercato con forza di uscire da quella situazione, che sembrava letale e concludersi diversamente; nella fede ha riproposto nuovamente gli interrogativi che portano al cuore della vita: il problema del dolore innocente, il problema del senso di anni apparentemente perduti per l’operosità e l’efficienza storica, il problema del perché proprio a me, che cosa ho fatto di male. L’esperienza della malattia nel Servo di Dio Luigi Novarese ha riorientato la sua vita: da medico a sacerdote, apostolo dei sofferenti.
Studia a Roma all’Almo Collegio Capranica dove consegue gli ordini minori dell’Ostiariato e del Lettorato.
Il 17 dicembre 1938, viene ordinato sacerdote nella Basilica di San Giovanni in Laterano a Roma e, l’anno successivo, ottiene la licenza in Sacra Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana.
Il suo ministero è sempre stato caratterizzato dall’attenzione verso i deboli. Mentre in Europa infuriava il secondo conflitto mondiale, prestava servizio presso la Segreteria di Stato ed il suo compito era quello di mantenere i contatti con i vescovi, anche d’oltralpe, al fine di far fronte alle necessità ed ai bisogni delle famiglie che avevano dei congiunti impiegati in guerra. Solo coltivando i rapporti personali, riusciva a superare forme dittatoriali piuttosto crudeli, in quel periodo particolarmente virulente, ed è in questo contesto che comincia a toccare con mano come il dolore è tutt’altro che assente e si moltiplica all’inverosimile dalle famiglie ai popoli.
Nel maggio 1943, fonda la Lega Sacerdotale Mariana il cui intento primario è quello di riunire, nel vincolo della Vergine Immacolata, sacerdoti secolari e regolari, al fine di valorizzare l’umana sofferenza avendo particolare amore e sollecitudine verso i confratelli infermi o, comunque, bisognosi.
Il 17 maggio 1947 fonda, coadiuvato da Sorella Elvira Myriam Psorulla, il Centro Volontari della Sofferenza e, l’anno successivo, i Silenziosi Operai della Croce che verranno elevati a Pia Unione Primaria dal Beato Papa Giovanni XXIII con il Breve Apostolico “Valde probandae” il 24 novembre del 1960.
La prospettiva dalla quale è scaturita la creatività apostolica di Mons. Novarese e verso cui ha confluito tutta la sua attività al servizio della persona sofferente è senza dubbio la sua capacità di promuovere in chi soffre una mentalità tutta evangelica in grado di non sprecare o banalizzare il dolore attraverso la rassegnazione o patetiche forme di pietismo.
L’ammalato può divenire un prezioso strumento di evangelizzazione, di sostegno del fratello sofferente e uno strumento di luce dove vive perché è lui che deve trasformare il suo ambiente. “Gli ammalati devono sentirsi gli autori del proprio apostolato” ripeteva spesso Mons. Novarese. Le loro esperienze di malattia, di isolamento, di emarginazione, quando hanno trovato senso e novità nell’incontro con il Cristo, li rendono particolarmente qualificati e credibili nel portare la luce del Vangelo a chi, in situazioni simili, ancora si sente inutile e smarrito.
Secondo il Servo di Dio mons. Novarese, per realizzare la propria azione apostolica di soggetto attivo e responsabile nella Chiesa, è necessario che la persona sofferente comprenda la via della Croce, la lezione dell’amore per dare un senso alle dimensioni notturne della vita consapevoli che in ciò continua la Passione di Cristo.
Il Servo di Dio mons. Luigi Novarese muore a Rocca Priora, in provincia di Roma, il 20 luglio del 1984.


Autore:
Felice Di Giandomenico


Note:
Per approfondire: www.luiginovarese.it e www.sodcvs.org

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Aggiunto/modificato il 2023-07-17

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