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Santa Afra Martire

7 agosto

Etimologia: Afra = originaria dell'Africa, dal latino

Martirologio Romano: Ad Augsburg nella Rezia, oggi in Germania, santa Afra, martire: convertitasi a Cristo da una vita di peccato, si narra che, non ancora battezzata, sia stata data al rogo per aver confessato la sua fede in Cristo.


Sante AFRA, ILARIA, DEGNA, EUMENIA e EUPREPIA, martiri

L'esistenza e il martirio di Afra sono storicamente accertati; ce ne fa fede il Martirologio Geronimiano, che si basa su una notizia presa, come sembra, da un calendario milanese del sec. V (7 agosto con anticipazione al 5 dello stesso mese). Venanzio Fortunato visitò il suo sepolcro nel 565 (Vita S. Martini, IV, pp. 640-643). La passio conservata in due stesure, di cui la prima è più breve e più antica, e la Conversio sono da attribuirsi al sec. VIII; ambedue sono in gran parte leggendarie. Secondo la passio più antica Afra era una meretrice che, convertita al cristianesimo, ma non ancora battezzata, fu martirizzata. Secondo la Conversio il vescovo Narciso guadagnò la cortigiana Afra alla religione cristiana e la battezzò insieme con la madre di lei e le sue serve. Durante la persecuzione di Diocleziano, Afra fu presa e condannata al rogo (304). Sembra che l'autore della passio più antica abbia unito al nome di Afra quello di Venerea, una martire di Antiochia, di cui si fa menzione, nello stesso giorno, in un codice del Martirologio Geronimiano; da questo accostamento sarebbe sorta la leggenda di Afra meretrice («Venerea»). Contrariamente a ciò, in antichi calendari di Augusta (del 1010, 1050 e 1100) Afra figura come vergine. Il corpo è venerato ad Augusta, nell'antichissima chiesa dei SS. Ulrico e Afra.
Sant'Ilaria, madre di Afra, secondo la Conversio sant'Afrae fu battezzata da Narciso; secondo la passio più recente seppellì il corpo della figlia insieme con le sue ancelle Degna, Eumenia e Euprepia; rifiutandosi di allontanarsi dalla tomba e di rinnegare il cristianesimo, fu arsa viva con le compagne lo stesso giorno delle esequie di Afra.


Autore:
Carlo Egger


Fonte:
Bibliotheca Sanctorum

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Aggiunto/modificato il 2011-10-03

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