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Beato Pietro Gambacorta Fondatore

17 giugno

Pisa, 1355 - Venezia, 17 giugno 1435

Membro dei pisani Gambacorta, nel 1380 circa un eremita vestito di sacco arrivò sul monte Cesana poco distante da Urbino. Viveva di elemosine e abitava in una capanna fatta di frasche. Era Pietro della nobile famiglia dei Gambacorta di Pisa. Fondò la Congregazione dei padri Girolamini dedicata a San Gerolamo. Questo ordine religioso nel tempo edificò molti monasteri principalmente nelle Marche ma anche fuori. Nel 1780 i conventi girolamini superavano il numero di novanta, sparsi in Italia e alcuni anche all'estero, Il primo cenobio della Congregazione fu presso il monastero di Montebello ad Isola del Piano da loro costruito presso il dormitorio del frate. A Roma l'anacoreta incontrò il suo emulo Nicola da Forca Palena che aveva fondato un romitorio sul monte Gianicolo allora ancora chiamato Monte Ventoso e di difficile accesso. I due unirono i loro romitori in un'unica Congregazione come ci informa una bolla di papa Eugenio IV del 1446. La nuova congregazione ebbe l'approvazione sia di Martino V nel 1420, che di Eugenio IV, che la dotarono di privilegi. Pietro Gambacorta da Pisa morì nel 1435. L'Ordine dei Girolamini venne soppresso da Pio XI il 12 gennaio 1933.

Martirologio Romano: A Venezia, beato Pietro Gambacorta, fondatore dell’Ordine degli Eremiti di San Girolamo, i cui primi seguaci furono dei briganti da lui convertiti.


Le scarne notizie sul Gambacorta ci sono pervenute attraverso un breve documento anonimo, di natura agiografica, il Compendium, pubblicato nel Settecento, già conosciuto nel secolo XVII e assegnato dagli eruditi dell’epoca alla fine del secolo XV; in esso si dice che il Gambacorta nacque a Pisa nel 1355 dalla famiglia Gambacorta. La tradizione posteriore, senza prove documentarie, fissò l’avvenimento al giorno 16 febbraio. Il nome dei genitori è incerto. Secondo J.A. Truchsess di Westhausen, che nel 1632 compose una biografia del Gambcort rimasta inedita (non più reperibile; cfr. Sajanello), i genitori sarebbero stati Pietro e Niera, o Raniera, Gualandi; ma il biografo più recente, P. Ferrara, lo dice figlio di Gherardo. I documenti contemporanei tacciono del tutto sulle origini familiari del Gambacorta, che viene costantemente designato come «Petrus de Pisis».
Al momento della nascita del Gambacorta i Gambacorta, filofiorentini, capeggiavano la fazione dei bergolini, che deteneva il potere in Pisa dal 1347 ed era avversata dal partito dei raspanti. Rovesciati nel 1355, il 28 maggio di quell’anno sette capi dei bergolini, di cui tre Gambacorta, vennero decapitati, mentre altri, tra cui Pietro e Gherardo Gambacorta, furono costretti all’esilio. Secondo la tradizione, il Gambacorta avrebbe trascorso i suoi primi sei anni a Verona e intorno al 1361 sarebbe stato inviato come paggio alla corte urbinate per ricevervi un’educazione conforme al suo rango.
Il 24 febbraio 1369 Pietro e Gherardo Gambacorta con le rispettive famiglie rientrarono a Pisa, dove il primo riassunse il governo della città. Il Gambacorta, rientrato con loro, rimase estraneo alle vicende politiche, attratto piuttosto da ideali religiosi che condivideva con la parente Tora Gambacorra (figlia di Pietro) divenuta religiosa domenicana con il nome di Chiara.
La tradizione colloca tra il 1374 e il 1377 l’allontanamento del Gambacorta dalla casa patema. Egli si sarebbe ritirato dapprima presso gli eremiti di S. Maria del S. Sepolcro, presso Firenze, i quali, oltre alla regola di s. Agostino, osservavano costituzioni e consuetudini proprie, che nel 1373 sarebbero state imposte dalla Sede apostolica ai fondatori spagnoli dell’Ordine di S. Gerolamo. Successivamente il Gambacorta avrebbe visitato i centri di Vallombrosa, Camaldoli e La Verna.
Nel 1380 si ritirò sul monte Cesana, presso Urbino, in località Montebello, dove eresse un cenobio e un oratorio dedicato alla Trinità. Era con lui, o forse gli si uni poco dopo, un cerro Pietro di Tuccino da Pisa. Oltre ai consueti esercizi della vita ascetica, sembra che il Gambacorta si occupasse dell’assistenza agli esiliati per ragioni politiche. Ispirato alla vita di s. Gerolamo, faceva professione di povertà rigorosa e si imponeva severe penitenze, obblighi che trasmise anche ai suoi seguaci, cui propose inoltre la meditazione e lo studio della Scrittura, e il lavoro manuale.
Intorno al 1393 si unì a lui Angelo di Corsica che guidava un gruppo di membri del Terz’Ordine di S. Francesco, i quali praticavano la vita eremitica nei pressi di Rimini, in località Scolca.
Angelo divenne l’uomo di fiducia del Gambacorta, o forse, più propriamente, portò avanti, nella sua nuova collocazione, un movimento già avviato in precedenza. Attraverso la sua opera sorsero i conventi di Venezia (dove il 4 luglio 1393 fu acquistata una casa presso la chiesa di S. Raffaele, che più tardi assunse il titolo di S. Sebastiano); di S. Maria Maddalena in Padova, comprato nel 1395 da Arcangelo Sabba da Gubbio e da Pierpaolo del maestro Pietro di Gualdo; di S. Maria della Misericordia, fuori dell’abitato di Ferrara, che Angelo di Corsica comprò verso il 1400; di Talacchio di Urbino, donazione ricevuta da Antonio Vagnini nel 1407; di S. Bartolo di Rimini, lasciato in eredità nel 1414 dall’eremita Angelo di Castro Durante. La situazione fu causa di frizioni con l’Ordine francescano, che per lungo tempo, in mancanza di un preciso statuto giuridico degli eremiti facenti capo al Gambacorta, rivendicò la giurisdizione sui conventi fondati da Angelo di Corsica.
Il ruolo di comprimario svolto, almeno inizialmente, da Angelo di Corsica, è attestato da un privilegio di papa Gregorio XII, dato a Gaeta il 1° genn. 1410, nel quale si concede agli eremiti «societatis fr. Angeli et fr. Petri de Pisis» di dimorare nei luoghi non soggetti al pontefice. Il documento rivela la scelta di campo operata dal Gambacorta e dai suoi nel quadro dello scisma d’Occidente: perché testimonia che erano fedeli all’obbedienza romana. Il privilegio concede inoltre ai sacerdoti del gruppo di amministrare i sacramenti ai seguaci di Gregorio XII in assenza del clero parrocchiale, di assolvere e riconciliare gli scismatici, di accogliere gli infedeli nella Chiesa cattolica.
Intorno al 1417 il Gambacorta ricevette in eredità dall’eremita Giovanni Rigo di Bologna i romitori di S. Giovanni in Palazzo e S. Biagio in Selva presso Fano. Il diritto di proprietà del secondo gli venne riconosciuto il 17 giugno 1417 da Pandolfo Malatesta, signore di Fano.
La debolezza che caratterizzava la situazione giuridica del gruppo di eremiti è evidenziata da due documenti emessi in suo favore da Manino V, entrambi in data 5 luglio 1421 e aventi lo stesso incipit: «Piae postulatio voluntatis». Il primo concede l’esenzione per Pietro e compagni - estensibile ai loro successori, oratori e case, persone pertinenti e beni mobili e immobili - dalla giurisdizione dell’Inquisizione, li assume sotto la protezione pontificia e li sottomette alla Sede apostolica e agli ordinari dei luoghi. Il secondo documento, nel quale si accenna nuovamente a molestie dell’Inquisizione, è invece rivolto direttamente contro le pretese dei francescani, che rivendicavano il diritto di visita in base all’appartenenza di Angelo di Corsica al Terz’Ordine di S. Francesco. L’autonomia del gruppo fu confermata dalla bolla di Manino V «Pia fidelium», del 23 agosto 1422, che concedeva agli eremiti la facoltà di scegliere confessori secolari o religiosi, di avere altari portatili sui quali celebrare la messa senza pregiudizio dei diritti altrui e di ricevere i sacramenti nei propri oratori senza dover chiedere il permesso agli ordinari dei luoghi.
L’espansione della Fraternità proseguì nel 1422, quando Lucia Delfino donò al Gambacorta il convento di S. Giobbe a Venezia. Lo stesso anno, il 15 ottobre, egli comprò il convento di S. Girolamo a Urbino. Nel 1427 ricevette da Francesco Rattolo la chiesa di S. Marco a Montebirozzo, in diocesi di Pesaro.
In data non precisata il Gambacorta conobbe Beltramo da Ferrara, il quale nel 1404 con alcuni compagni si era dato alla vita eremitica nell’ex convento delle benedettine di S. Felicita di Romano, presso Bressano. Il gruppo era giunto a possedere cinque conventi. Data la comune ispirazione geronimiana, Beltramo si associò al Gambacorta. Formalmente, tuttavia, l’unione fu sancita solo dopo la morte del Gambacorta, nel 1439, tra Beltramo e Bartolomeo da Cesena, succeduto al fondatore a capo della Congregazione pisana, e riguardò solo tre conventi su cinque.
Si unì inoltre al Gambacorta il gruppo degli eremiti seguaci di Nicola da Forca Palena, originario dei dintorni di Sulmona, che aveva stabilito un cenobio a Roma, nel rione di S. Eustachio, e successivamente aveva acquistato conventi nei dintorni di Firenze e a Napoli. Il Gambacorta e Nicola si erano conosciuti a Roma nel 1425. L’unione fu perfezionata con sanzione pontificia nel 1446 e i nuovi aggiunti portarono alla Congregazione del Gambacorta i conventi di S. Onofrio al Gianicolo a Roma e di S. Maria Maggiore a Napoli.
Una bolla di Eugenio IV del 7 luglio 1432 - che confermava al Gambacorta e ai suoi compagni il possesso dei cinque conventi di Rirnini, Venezia, Talacchio, Novellara e Ferrara, fondati da Angelo di Corsica - pose fine alla lunga controversia con i francescani e sottolineò implicitamente il ruolo eminente svolto dal Gambacorta alla guida del movimento.
Un documento non datato, ma collocabile agli inizi del pontificato di Eugenio IV, lascia intravedere le interazioni tra l’ambiente benedettino veneto riformato e i gruppi eremitici esistenti sullo stesso territorio, ben rappresentati dalla Congregazione del Gambacorta. Si tratta di una supplica presentata al papa da Ludovico Barbo, approvata «sola subscriptione et signarura». Il testo permette di situare i «Poveri eremiti della congregazione di frate Pietro da Pisa », denominazione che costituisce una sona di titolo ufficiale, a metà strada tra un ordine mendicante e una confraternita laicale. Il documento concede l’assoluzione in articulo monis e tutti i privilegi, grazie, esenzioni e indulti apostolici che si sogliono concedere alla case di eremiti; permette ai sacerdoti del gruppo di dispensare dalle irregolarità in cui i membri potessero incorrere, eccetto l’omicidio, non però per accedere agli ordini sacri; nega invece la facoltà di celebrare nelle chiese proprie in tempo di interdetto. L’assenza di strutture giuridiche evolute e il fatto che il primo testo costituzionale venne emanato solo nel 1444 evidenziano la relativa precarietà tipica di quella congregazione eremitica.
Nel 1435 il Gambacorta si recò a Venezia, forse allo scopo di appianare le difficoltà sorte tra i suoi seguaci e il parroco di S. Raffaele, sul cui territorio gli eremiti volevano costruire una chiesa.
Il Gambacorta morì a Venezia il 17 giugno 1435.
La memoria del suo sepolcro venne presto perduta. Al Gambacorta fu per la prima volta attribuito incidentalmente il titolo di «santo» in un rescritto del cardinal penitenziere Leonardo Grossi, in data 9 ottobre 1519, diretto ai frati di Fano, chiamati «ordinis heremitarum congregationis sancti Petri de Pisis». Il titolo di beato gli fu riconosciuto dalla congregazione dei Riti con decreto del 5 dicembre 1693; la stessa congregazione il 19 gennaio 1715 concesse all’Ordine di S. Gerolamo di poterne celebrare il culto pubblico (per gli atti del processo di beatificazione cfr. Ferrara, 1981, coli. 962 s.).


Autore:
Silvano Giordano


Fonte:
www.treccani.it

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Aggiunto/modificato il 2021-06-16

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