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Sant' Egidio Maria di San Giuseppe (Francesco Pontillo) Religioso dei Frati Minori

7 febbraio

Taranto, 16 novembre 1729 - Napoli, 7 febbraio 1812

Al secolo Francesco Pontillo, questo umile frate professo si meritò il titolo di «consolatore di Napoli». Nato a Taranto nel 1729, a 24 anni, dopo alcune esperienze da artigiano, entrò nella famiglia francescana riformata degli Alcantarini. Cambiò nome prima in Egidio della Madre di Dio, poi in Egidio Maria di San Giuseppe. Nel 1759 fu destinato al convento napoletano di San Pasquale a Chiaia. Cuoco, portinaio e infine questuante, fece della raccolta di elemosine un modo per stare vicino alla gente, soprattutto sofferente. Dopo le visite andava a piangere presso la «Madonna del pozzo». Morì nel 1812. È santo dal 1996.

Patronato: Taranto

Martirologio Romano: A Napoli, sant’Egidio Maria di San Giuseppe (Francesco) Pontillo, religioso dell’Ordine dei Frati Minori, che ogni giorno per le vie della città mendicava con grande umiltà dal popolo l’elemosina, dando in cambio parole di consolazione.


Nasce nel 1729 a Taranto, in Puglia, da una famiglia poverissima. Nel Settecento la miseria in Italia era diffusissima. Si lavorava duramente la terra o ci si dedicava all’artigianato per riuscire a malapena a sfamarsi. Francesco Antonio Domenico Pasquale Pontillo non va a scuola e fa il cordaio come il padre che, purtroppo, presto muore. Francesco non può perdersi d’animo. Ha solo diciotto anni, ma deve pensare alla mamma e ai fratellini. Lavora tutto il giorno per portare a casa da mangiare e donare qualcosa ai poveri. Per se stesso non conserva nulla.
Francesco vorrebbe indossare il saio come San Francesco d’Assisi che ammira moltissimo. Quando la madre si risposa, Francesco può realizzare il suo sogno: diventa francescano a Taranto e fa voto di povertà, castità e ubbidienza, prendendo il nome di Egidio Maria di San Giuseppe. Devoto alla Madonna e a San Pasquale di Baylon, si trasferisce a Napoli nel Convento di San Pasquale a Chiaia, occupandosi della cucina. Fra Egidio è buono, umile, si fa volere bene. I superiori decidono di affidargli una mansione importante. Lo mettono in portineria ad accogliere bisognosi, poveri e pellegrini. Sanno che con il nuovo arrivato, in portineria, il convento acquisterà stima e buon nome. Così avviene. Egidio Maria di San Giuseppe ascolta e consola tutti, diventando famoso in tutta la città.
L’umile frate viene, poi, destinato ad altro incarico e inviato per le strade di Napoli a chiedere l’elemosina per il convento e per i poveri. Attività che Egidio svolge con dedizione per cinquant’anni. Il popolo lo ama e lo chiama “il consolatore di Napoli”. Lui con umiltà chiede l’elemosina (pane, verdura, uova, denaro) e in cambio offre conforto. Ascolta le sofferenze dei napoletani, prega per loro, si reca in convento e davanti all’effige della “Madonna del Pozzo” piange per gli ammalati, i disoccupati, gli affamati, gli oppressi. Prega anche per gli oppressori affinché si pentano e siano perdonati. E quanti miracoli fa il buon Egidio! Guarigioni, profezie, apparizioni di oggetti e cibo (pesci e frutta). Si narra che abbia fatto tornare in vita una vitellina del convento, chiamata Catarinella, rubata e abbattuta da un macellaio che intendeva rivenderla a pezzi. Il santo muore nel 1812, a Napoli, all’età di 83 anni.

Autore: Mariella Lentini
 



I primi anni
Nacque a Taranto in Puglia il 16 novembre 1729, da Cataldo e Grazia Procaccio, in un’umile casetta di uno dei tanti tortuosi vicoli della vecchia città medioevale. Il padre era un modesto artigiano, esperto nella lavorazione delle funi. Al Battesimo ebbe i nomi di Francesco, Antonio, Pasquale.
Crebbe aumentando ogni giorno di più il fervore a Gesù Sacramentato, tramite la Comunione frequente e le visite quotidiane. Di pari passo andava la devozione alla Madonna: era infatti iscritto alla Confraternita del SS. Rosario.

Giovanissimo artigiano
Probabilmente non conobbe mai la scuola, perché, ancora ragazzo, fu mandato in una bottega di felpaiolo a guadagnarsi il pane. Anche sul lavoro aveva un atteggiamento devoto: prima di entrare in bottega assisteva alla Messa. Inoltre, prima d’iniziare, faceva il segno della Croce. Il suo padrone di bottega diceva: «Da che tengo con me Francesco, la mia bottega è diventata un oratorio».
A 18 anni gli morì il padre. Superando il forte dolore, si trovò ad essere il sostegno della già povera famiglia, che comprendeva la madre e altri tre fratellini più piccoli. Lasciò dunque il mestiere di felpaiolo e si dedicò a quello un po’ più redditizio di funaiolo. Del suo guadagno una parte era anche destinata ai poveri, ma non conservava niente per sé.

Vocazione religiosa
In seguito la madre convolò a seconde nozze, fra il dispiacere di Francesco. Il patrigno, conquistato dalle sue virtù, lo liberò dal peso della famiglia, dandogli la disponibilità dei suoi guadagni. In tal modo, gli facilitò l’attuazione del suo sogno: farsi religioso. La vocazione era fiorita in lui sin dall’adolescenza, ma la repentina morte del padre aveva ritardato il compimento del suo proposito.
Il 27 febbraio 1754, a 24 anni, entrò come fratello laico tra i Frati Minori Alcantarini di Taranto, da poco presenti in città. Sembrava che quel volere di Dio fosse già scritto nei suoi nomi di Battesimo: seguendo la vita francescana nella declinazione riformata promossa da san Pietro d’Alcántara, si disponeva a imitare la povertà e la penitenza di san Francesco d’Assisi e a riprodurre i prodigi di sant’Antonio di Padova, insieme ai fervori eucaristici di san Pasquale Baylón, uno degli Alcantarini più famosi.

Tra i Frati Minori Alcantarini
A Galatone fece il suo noviziato, cambiando il nome in frate Egidio della Madre di Dio. In questo ambiente si trovò a suo agio, estasiato da tanta povertà, da tanto fervore e da tanta intima pace. Il suo comportamento suscitò ben presto l’ammirazione e l’affetto dei superiori e dei confratelli.
Nel convento di Santa Maria delle Grazie a Galatone, alla fine dell’anno di prova, il 28 febbraio 1755 fece la sua professione solenne, emettendo i tre voti di povertà, castità e obbedienza. In quell’occasione, il suo nome si modificò in frate Egidio Maria di San Giuseppe.

A Napoli
Dopo un certo periodo a Galatone, fu trasferito nella fraternità di Squinzano e, nel 1759, venne destinato al convento di San Pasquale a Chiaia, a Napoli. All’inizio ebbe l’incarico di cuoco, poi quello del lanificio conventuale e infine l’ufficio di portinaio. Secondo le regole degli Alcantarini (poi confluiti nell’Ordine dei Frati Minori), quel servizio veniva affidato al migliore dei fratelli laici: dal comportamento del portinaio, infatti, doveva derivare la stima ed il buon nome dei frati.
Ogni giorno, alla porta del convento, arrivavano numerosi poveri. Furono proprio questi a diffondere per tutta Napoli la buona fama di frate Egidio, grazie all’accoglienza, alla pazienza e alla carità che aveva verso di loro. Tutto ciò convinse i superiori ad affidargli l’incarico di questuante, che tenne per 50 anni.

Il “Consolatore di Napoli”
Frate Egidio passava gran parte della giornata girando per la questua, ma il suo gesto era più una visita di carità e di buon esempio, che un raccogliere elemosine per la sua bisaccia.
La sua presenza era desideratissima presso il letto degli ammalati e dei moribondi. Nessuno, scettico o credente, popolano o nobile, disdegnava di avvicinarlo, per chiedere consigli nelle difficoltà della vita e implorare da lui preghiere al Signore.
Tutti prendevano da lui una parte della sua intima pace, ma il “Consolatore di Napoli”, come fu soprannominato, rientrava in convento col cuore gonfio per le altrui pene. Di notte, dopo le preghiere del coro, andava quindi a piangere ai piedi della Madonna del Pozzo venerata nel convento. Implorava la salute per gli ammalati, la provvidenza alle famiglie povere, la pace agli sventurati, il pentimento o il perdono per gli oppressori del popolo.

Operatore di prodigi
Divenne anche famoso per i prodigi che gli venivano attribuiti e che spesso si verificavano quando adoperava una reliquia di san Pasquale. Negli atti della sua causa di beatificazione e canonizzazione sono descritti numerosi casi di profezie, predizioni, guarigioni improvvise, apparizioni di oggetti, frutti, pesci, risurrezioni, moltiplicazioni di cibi e altro ancora.
Durante l’occupazione francese, le autorità lo temevano per possibili insurrezioni, vista la gran folla che lo seguiva o si radunava al suo passaggio. Fu anche convocato alla corte di Giuseppe Bonaparte, diventato re di Napoli, al quale predisse che il suo dominio sarebbe finito di lì a breve.

Il miracolo della vitellina Catarinella
I frati di San Pasquale avevano una vitellina chiamata Catarinella. Tutti a Napoli la conoscevano, perché girava tranquillamente (in un’epoca assai lontana dal traffico di oggi) per le vie e la sera tornava da sola in convento. Anche se si fosse persa, portava al collo una targhetta di metallo, che la indicava come proprietà dei frati.
Una sera Catarinella non fu vista tornare come suo solito. I frati, addolorati, lo riferirono a frate Egidio. La mattina dopo, lui andò dritto da un macellaio della popolare zona della “Pignasecca” e, senza preamboli, gli ordinò: «Prendi la chiave e la lanterna e seguimi nella grotta. Catarinella dove l’hai messa?».
Il macellaio fu preso da tanta tremarella che non obiettò l’ordine. Accompagnò il frate nella grotta, che fungeva da deposito e da frigorifero: lì si trovava la vitella, squartata e scuoiata. Frate Egidio fece distendere la pelle con dentro tutti i pezzi, situati al loro posto naturale. Poi ricongiunse i lembi della pelle tra loro e tracciando un segno di croce esclamò: «In nome di Dio e di san Pasquale, alzati, Catarinella e... al convento!».
Seguì un grande muggito: la vitella balzò su viva e vegeta come prima. Lo scalpore fu enorme e la vitella fu accompagnata, quasi in processione, dalla Pignasecca al convento di San Pasquale a Chiaia.

La morte di frate Egidio
Già sofferente di una grave forma di sciatica, frate Egidio venne colpito da un’asma soffocante e poi da una idropisia di petto. Sopportò tutto con lucidità, rassegnazione e fiducia in Dio e raccomandandosi alla Madonna. Morì il 7 febbraio 1812, compianto dall’intera città di Napoli. Il suo corpo venne sepolto nella chiesa conventuale di San Pasquale a Chiaia.

La glorificazione
Fu iniziato subito il processo per la sua beatificazione. Pio IX il 24 febbraio 1868 lo dichiarò Venerabile, mentre Leone XIII, il 5 febbraio 1888, lo dichiarò beato. Il 29 giugno 1919 fu eletto compatrono della città di Taranto per averla difesa dai pericoli della prima guerra mondiale.
Come miracolo per ottenere la sua canonizzazione fu preso in esame il caso di Angela Mignogna, guarita da un coriocarcinoma uterino nel 1937. Il Papa san Giovanni Paolo II autorizzò, il 15 dicembre 1994, la promulgazione del decreto con cui il fatto era da ritenere un miracolo ottenuto per intercessione di frate Egidio Maria di San Giuseppe. Lo stesso Pontefice lo ha quindi canonizzato il 2 giugno 1996.


Autore:
Antonio Borrelli ed Emilia Flochini

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Aggiunto/modificato il 2023-03-06

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