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San Benedetto Manassari, detto il Moro Religioso dei Frati Minori

4 aprile

San Fratello, Messina, 1526 - Palermo, 4 aprile 1589

Copatrono - con santa Rosalia - della città di Palermo, Benedetto Manassari nacque a San Fratello (Messina) nel 1526 da genitori discendenti di schiavi africani. A 21 anni entrò in una comunità eremitica e visse sul Monte Pellegrino. Quando Pio IV sciolse la comunità, passò ai Frati minori. Visse 24 anni nel convento di Santa Maria di Gesù a Palermo come cuoco, superiore, maestro dei novizi, infine ancora cuoco. Morto nel 1589, è santo dal 1807.

Etimologia: Benedetto = che augura il bene, dal latino

Martirologio Romano: A Palermo, san Benedetto Manassari, detto il Moro per il colore della sua pelle, che fu dapprima eremita e, divenuto poi religioso nell’Ordine dei Frati Minori, si mostrò umile in tutto e sempre pieno di fede nella divina Provvidenza.


Il primo santo nero si chiama Benedetto (dal latino “colui che augura il bene”). Viene chiamato “il Moro” per il colore della sua pelle. Infatti i suoi genitori, cristiani, discendono da schiavi provenienti dall’Africa e deportati in Sicilia. Benedetto Manasseri (dal cognome del padrone) nasce nel 1526 a San Fratello (Messina). Egli, come il padre, accudisce le pecore ma, già da ragazzino, prega sempre. Le sue doti umane e caritatevoli verso i bisognosi gli valgono il soprannome di “Santo Moro”: il giovane lavora e fa molte economie per mantenersi e aiutare i poveri. Purtroppo, a causa del colore della sua pelle, spesso viene insultato e schernito.
Benedetto ha ventun anni quando un eremita francescano nota il suo comportamento paziente e mite di fronte alla provocazione di un aspro dileggio. Il francescano capisce che Benedetto è un uomo molto buono e gradito a Dio. Così gli propone di entrare in convento. Benedetto sente che questa è la sua strada. Vende i suoi preziosi buoi e dona il ricavato ai poveri. Nel Monastero di Monte Pellegrino (Palermo) i confratelli gli fanno fare il cuoco e, poi, nonostante sia analfabeta, lo nominano superiore. Benedetto si ciba solo di legumi e conduce una vita molto modesta.
Si trasferisce, poi, a Palermo, nel Convento di Santa Maria di Gesù, dove viene nominato ancora cuoco e, nonostante sia solo un fratello laico, anche guardiano, cioè guida del convento e dei novizi. Il frate compie tante guarigioni e moltiplica il pane per i poveri. Intanto cura i malati e svolge i lavori più umili. La sua fama si diffonde da Palermo fino ad Agrigento. Folle di fedeli si recano da lui per consultarlo: poveri e ricchi, maestri di teologia, potenti del clero e della politica.
Clamorosi alcuni suoi miracoli. A causa di una grande nevicata i frati non possono andare a chiedere l’elemosina. Il convento non ha più nulla da mangiare. Benedetto fa riempire alcune vasche d’acqua e confidando sulla “Divina Provvidenza” prega. Il mattino dopo le vasche sono colme di pesci guizzanti. Benedetto “il Moro” muore a Palermo nel 1589 e viene proclamato compatrono di Palermo assieme a Santa Rosalia. Dalla Sicilia la devozione per il “Santo Moro” si diffonde in Italia, Europa e America del Sud dove è ritenuto il protettore delle popolazioni nere.

Autore: Mariella Lentini
 


 

Nacque nel 1526 a San Fratello (Messina) da Diana Larcari e Cristoforo Manassari, cristiani, discendenti da schiavi negri portati dall'Africa. Adolescente, Benedetto custodì il gregge del suo padrone e fin da allora per le sue virtù fu chiamato il "santo moro". A ventun anno entrò nella comunità degli eremiti fondata nei pressi del suo paese natale da Girolamo Lanza, che viveva sotto la regola di s. Francesco. Quando g]i eremiti si trasferirono sul Monte Pellegrino per vivere in maggior solitudine, Benedetto li seguì e, alla morte del Lanza, fu dai confratelli eletto superiore. Nel 1562 Pio IV ritirò l'approvazione che Giulio II aveva dato a quell'istituto e invitò i religiosi ad entrare in un Ordine di loro scelta. Benedetto si aggregò ai Frati Minori, entrando nel convento di S. Maria di Gesù a Palermo, fondato dal beato Matteo di Agrigento. In un primo tempo fu mandato nel convento di S. Anna di Giuliana, dove rimase tre anni, ma poi venne richiamato a Palermo, dove visse ventiquattro anni.
Esercitò all'inizio l'umile ufficio di cuoco con tanto spirito di sacrificio e di soprannaturale carità che gli si attribuirono anche dei miracoli. Fu tanto stimato che nel 1578 egli, semplice laico, fu nominato superiore del convento e guidò per tre anni la sua comunità con saggezza, prudenza e grande carità. In occasione del capitolo provinciale si recò ad Agrigento dove, per la sua fama di santità rapidamente diffusasi, fu accolto con calorose manifestazioni di popolo. Nominato, in seguito, maestro dei novizi, attese al suo ufficio in modo da far ritenere che avesse il dono della scrutazione dei cuori; infine tornò alla primitiva mansione di cuoco. Un gran numero di devoti andava da lui per consultarlo, fra i quali anche sacerdoti e teologi e perfino il viceré di Sicilia; egli, sempre umile e devoto, raddoppiava le penitenze, digiunando e flagellandosi a sangue. I processi della sua canonizzazione riferiscono numerose guarigioni da lui operate. Morì il 4 aprile 1589.
Il suo culto si diffuse dalla Sicilia in tutta Italia, in Spagna, nel resto dell'Europa e anche nell'America del Sud, dove divenne il protettore delle popolazioni negre. Il senato di Palermo nel 1713 lo scelse come patrono della città. Benedetto XIV lo beatificò nel 1743 e Pio VII lo canonizzò il 24 maggio 1807. La sua festa si celebra il 4 aprile.


Autore:
Giuseppe Morabito


Fonte:
Bibliotheca Sanctorum

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Aggiunto/modificato il 2023-03-06

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