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San Turibio de Mogrovejo Vescovo

23 marzo - Memoria Facoltativa

Mayorga de Campos - León (Spagna), 16 novembre 1538 (1536?) - Saña (Perú), 23 marzo 1606

Turibio de Mogrovejo (1538-1606) fu chiamato all'episcopato da laico, mentre era giurista all'Università di Salamanca e alla corte di Filippo II di Spagna. Su richiesta di questi Gregorio XIII nel 1580 lo inviò a Lima, in Perù. Aveva 42 anni. Giunse alla sede l'anno dopo e iniziò subito un'intensa attività missionaria. Nei suoi 25 anni di episcopato organizzò la Chiesa peruviana in otto diocesi e indisse dieci sinodi diocesani e tre provinciali. Nel 1591 a Lima sorgeva per sua volontà il primo seminario del continente americano. Incentivò la cura parrocchiale anche da parte dei religiosi e fu molto severo con i sacerdoti proni ai conquistadores. Fu, infatti, strenuo difensore degli indios. Morì tra loro in una sperduta cappellina al nord del Paese. E' santo dal 1726.

Patronato: Vescovi Missionari

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: San Turibio di Mogrovejo, vescovo di Lima: laico originario della Spagna, esperto di diritto, eletto a questa sede andò in America; mosso da ardente zelo apostolico, visitò più volte, spesso a piedi, la sua vasta diocesi provvedendo assiduamente al gregge a lui affidato; debellò con dei sinodi gli abusi e gli scandali nel clero; catechizzò e convertì gli indigeni, finché a Sanna in Perù trovò l’estremo riposo.

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Turibio nacque da nobile famiglia a Maiorca (Spagna), nel 1538. Studiò Diritto nelle università di Coimbra e Salamanca. Aveva 40 anni ed era Presidente del Tribunale di Granada quando, su indicazione del Re Filippo II, il Papa Gregorio XIII lo nominò Arcivescovo di Lima.
Precipitosamente, quasi da un giorno all'altro, fu innalzato un semplice laico alla dignità di vescovo della Santa Chiesa. Sono così le vie della Provvidenza, quando ella decide di realizzare un'opera.  Si verificò col giurista Turibio lo stesso che, poco più di mille anni prima, si era verificato con lo statista Sant'Ambrogio: in quattro domeniche consecutive, Turibio ricevette gli ordini minori; poche settimane dopo fu ordinato presbitero e, infine, consacrato vescovo.

L'insigne giurista si fa catechista
San Turibio di Mogrovejo arrivò alla sua arcidiocesi nel maggio 1581. All'inizio dovette affrontare la decadenza spirituale degli spagnoli colonizzatori, i cui abusi i sacerdoti non osavano correggere. Il nuovo arcivescovo attaccò il male alla radice. Molti dei colpevoli di intollerabili vizi e scandali cercavano di giustificarsi:
- Facciamo quello che è costume essere fatto qui...
- Ma Cristo è verità, e non costume!- egli replicava.
Con energia e, soprattutto, col suo esempio personale, mise un freno agli abusi, moralizzò i costumi e promosse la riforma del clero.
In poco tempo, l'ex-giurista si trasformò in un esimio catechista che evangelizzava gli indigeni con parole semplici ma ardenti. Percorse tre volte in visita pastorale tutto l'immenso territorio della sua arcidiocesi, viaggiando instancabilmente per migliaia di chilometri. Entrava nelle capanne miserabili, cercava gli indigeni fuggitivi, sorrideva loro paternamente, parlava loro con bontà nei loro idiomi e li conquistava a Cristo.

Grandi attività, intensa vita di devozione
Le tre visite pastorali gli occuparono più di dieci dei suoi venticinque anni di episcopato!
Convocò e presiedette tredici sinodi regionali di vescovi. Regolamentò e perfezionò la catechesi degli indigeni e fece stampare per loro i primi libri pubblicati nell'America del Sud: il Catechismo in spagnolo, in quéchua e in aymara. Fondò cento nuove parrocchie nella sua arcidiocesi.
Tutto questo senza pregiudicare in nulla il punto fondamentale di ogni apostolo autentico: la sua propria vita spirituale. Richiamò l'attenzione di tutti coloro che avevano vissuto insieme a lui la sua intensa vita di devozione, alla quale dedicava quotidianamente molte ore di preghiera e meditazione.

Immensa gioia: "Andrai alla Casa del Signore!"

Ebbe l'inestimabile soddisfazione di convertire migliaia di indigeni e di cresimare tre santi: San Martino di Porres, San Francesco Solano e Santa Rosa di Lima.
La morte lo colse nel corso della sua ultima visita pastorale, in una povera cappella a quasi 500 chilometri da Lima. Sentendo approssimarsi l'ora estrema, recitò il Salmo 122: "Quale gioia, quando mi dissero: Andremo alla casa del Signore!". Spirò dolcemente alle 15,30 del 23 marzo 1606, un Giovedì Santo.
Benedetto XIII lo canonizzò nel 1726 e Giovanni Paolo II lo ha proclamato Patrono dell'Episcopato Latino- Americano nel 1983.

Fonte: Rivista Araldi del Vangelo, Marzo 2006

Tratti caratteristici della santità di San Turibio
San Turibio di Mogrovejo è stato perfettamente consapevole che il ministero pastorale ha un senso solamente se è vissuto in santità e se la promuove: è stata una evangelizzazione alla santità.
Contemplare la figura di San Turibio di Mogrovejo è contemplare la figura di un vescovo che si dedica con esuberante generosità al suo ministero, senza dare alcuna importanza alle difficoltà e agli inconvenienti che si possono eventualmente incontrare durante il cammino.
Può sorgere allora legittima la domanda: quale è stato il segreto della santità di San Turibio di Mogrovejo?
Il segreto della santità di San Turibio, come di qualsiasi santo, è stato il suo essere prossimo a Dio, la sua fedeltà alla preghiera, elemento fondamentale del suo ministero apostolico. È un dato di fatto che nella vita spirituale la persona progredisce nella misura in cui prega. (...)
L'amore verso i bisognosi è stato pure un tratto caratteristico della fisionomia spirituale dell'Apostolo del Perù. Questo amore per i poveri si manifestava negli innumerevoli gesti realizzati dal Santo, dal suo tratto affabile con gli indi e i bisognosi, passando per la consegna ai poveri dei beni che riusciva ad ottenere, giungendo persino alla donazione dei suoi stessi vestiti, mobili, e utensili domestici.
In San Turibio rafforziamo la nostra convinzione che il tempo consacrato a Dio è garanzia di una fedele dedizione al compimento dei propri doveri e al servizio dei fratelli.
Nella preghiera, San Turibio Alfonso di Mogrovejo comprese che "una delle caratteristiche fondamentali del pastore dev'essere amare gli uomini che gli sono stati affidati, allo stesso modo di come ama Cristo, di cui è al servizio". Egli ha compreso il ministero pastorale come lo concepisce il nostro caro Papa Benedetto XVI, che ha detto nella Messa di inaugurazione del suo Ministero Petrino: "Pascere vuol dire amare; e amare vuol dire anche essere disposto a soffrire. Amare significa dare alle pecore il vero bene, l'alimento della verità di Dio, l'alimento della sua presenza, che Egli soltanto ci dà nel Santissimo Sacramento".

Fonte: Omelia della Messa commemorativa del quarto centenario della morte del Santo, il Cardinale Juan Luis Cipriani Thorne, Arcivescovo di Lima

 


 

Ci vuole coraggio a scagliarsi contro l’ingiustizia per difendere i più deboli che soccombono. Si rischia di toccare gli interessi di ricchi e potenti che potrebbero farla pagare, a caro prezzo. San Turibio Alfonso, vescovo di Lima (Perù) non se ne cura. Per tutta la vita accusa anche quella parte di clero (di cui fa parte) che è asservita all’arroganza dei più forti.
Patrono del Perù e dell’America Latina, Turibio Alfonso nasce a Mayorga, in Spagna, nel 1538 circa. Discendente della nobile famiglia dei Mogrovejo, si laurea e insegna legge all’Università di Salamanca. Nel 1580 viene nominato vescovo di Lima (Perù), un territorio lontano, vastissimo e selvaggio, oppresso dalla tirannia dei conquistadores spagnoli. Il clero è assoggettato al potere dei coloni, gli indigeni analfabeti vengono battezzati con la violenza, anche se nella maggior parte dei casi non sanno cosa sia il Cristianesimo. Dappertutto dilagano miseria, denutrizione, malattie, assenza di qualsivoglia rispetto per la dignità umana, anche per gli schiavi dalla pelle nera che cominciano ad arrivare dall’Africa, dove sono stati prelevati con la forza dai loro villaggi e fatti prigionieri.
Giunto in Perù dopo un lungo viaggio, Turibio si dà subito da fare e non si perde d’animo. Visita tutta la sua diocesi e, per andare in ogni luogo, occorrono sette anni. Soprattutto impara le lingue locali e fa tradurre libri di preghiere e catechismi per diffonderli tra le popolazioni indigene. Aiuta con umiltà tutti e per tutti esige almeno un letto dove dormire e un tavolo dove poter consumare i pasti. I suoi rimproveri severissimi li destina contro chi sottomette gli indigeni e contro i religiosi stessi, assoggettati all’autorità dei conquistadores. Per questo motivo il vescovo, amato dal popolo, forma nuovi religiosi.
Turibio trascorre tutta la vita assieme agli ultimi. Cammina con loro rifiutando di farsi trasportare in portantina e diserta le solenni cerimonie di corte, tanto da essere inviso allo stesso viceré spagnolo. Turibio Alfonso muore a Saña, nel Nord del Perù, nel 1606, durante una visita pastorale, tra le braccia dei suoi indios.

Autore: Mariella Lentini
 


 

Aveva studiato diritto canonico, ma era rimasto laico. Così, quando papa Gregorio XIII lo ha voluto vescovo, gli hanno dovuto conferire in un colpo solo tutti gli ordini fino al sacerdozio. Dopodiché, nell’agosto 1580 ha ricevuto la consacrazione episcopale e nella primavera del 1581 ha raggiunto la sua sede: Ciudad de Los Reyes, chiamata poi Lima, oggi capitale del Perú. Allora vi risiedeva un viceré spagnolo con autorità su un territorio vastissimo, ben oltre gli attuali confini peruviani.
Turibio viene dalla nobile famiglia dei Mogrovejo, ed è noto per la rettitudine e il senso del dovere: re Filippo II di Spagna lo stima molto, è lieto di averlo a Lima come vescovo; ma non è lieto lui per quello che trova in quell’America meridionale, da meno di cinquant’anni sotto dominio spagnolo. Qui Filippo II, nella persona del suo viceré, comanda ben poco: sono i conquistadores a comandare veramente. Fanno quello che vogliono. E naturalmente si proclamano cristiani: anzi, propagatori della fede: e infatti ci sono moltissimi indios e meticci già battezzati, e anche i primi schiavi neri portati dall’Africa. Ma sono stati cristianizzati con la violenza, usando pure i precetti religiosi per tenerli sottomessi e poveri.
Turibio aveva accettato con poco entusiasmo la dignità vescovile. Ma la scoperta di questa situazione gli dà la carica e la passione per una battaglia che durerà fino alla morte. I suoi 25 anni di episcopato sono occupati da successive visite pastorali, da concili locali e sinodi diocesani per migliorare innanzitutto la qualità del clero. È severissimo con i preti succubi dei conquistadores, e sul proprio esempio va formando un clero nuovo. Ha imparato la lingua locale per parlare direttamente con questa gente denutrita e umiliata, e la “rievangelizza” partendo dal rispetto della sua dignità, anche nelle forme: per ordine suo, i sacerdoti devono esortare e aiutare gli indios a mangiare sedendo a tavola, a dormire in un letto, a vivere da persone libere.
Tutto questo gli procura l’avversione dei conquistadores; e persino il viceré ce l’ha con lui, perché è sempre in visita pastorale e non lo si vede mai alle cerimonie di corte. Ma gli indios amano questo vescovo che rifiuta di viaggiare in portantina e cammina con loro. Fa pubblicare catechismi e libri di preghiere nelle lingue locali, fonda il primo seminario delle Americhe a Lima, intraprende la terza visita pastorale e si ammala nel Nord del Perú. Non vuole interrompere il viaggio e muore a Saña, ascoltando il canto dei salmi il Giovedì santo. Benedetto XIII lo canonizzerà nel 1726.


Autore:
Domenico Agasso


Fonte:
Famiglia Cristiana

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Aggiunto/modificato il 2023-02-13

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